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God Eater Burst

Namco sfida Monster Hunter.

Diciamoci la verità, l'unico motivo per cui gran parte dei giapponesi continua a giocare con la PSP ha un solo nome: Monster Hunter. In tutti gli altri paesi del mondo il successo della console portatile Sony ha rallentato la sua corsa da tempo, ma in Giappone no! Nel paese del sushi, del sumo e dei giochi hentai, la PlayStation Portable è stata addirittura la console più venduta del 2010.

Ora vi faccio una domanda: se voi foste a capo di una compagnia come Namco, non provereste a cavalcare l'onda del successo realizzando qualcosa che "assomigli" a quel gioco? L'etica probabilmente direbbe di no, ma l'industria dei videogiochi ormai assomiglia a una guerra fredda, con tanto di spionaggio industriale e colpi bassi.

Lungi quindi dal voler criticare fin dall'inizio questo God Eater Burst, arrivato con un ritardo di circa 5 mesi sui lidi europei, ma fin dai primi istanti è lampante quanto questo gioco sia una spudorata copia di quello di Capcom.

All'inizio della campagna single player potete personalizzare il vostro God Eater nell'apposito editor.

L'aver sostituito mostri giurassici e draghi con creature demoniache che hanno invaso la terra non è bastato per coprire l'opera di "copia e incolla" fatta dal team di sviluppo. Al posto dei ben noti cacciatori troviamo appunto i God Eater che danno il titolo al gioco, un gruppo di guerrieri che tenta con tutte le forze di respingere gli attacchi dei minacciosi (e giganteschi, mi viene da dire) alieni.

Per contrastarli avranno, e avremo, a disposizione una serie di armi chiamate Shinki, la cui forma e potenza di fuoco può essere personalizzata nel corso del gioco... e anche questa mi sembra di averla già sentita.

L'atmosfera che si respira è però diversa rispetto a quella proposta dal titolo Capcom. Dove in Monster Hunter si aveva la sensazione di vivere ai tempi delle caverne, con ossa e pelli offerte come merce di scambio e pietre utilizzate come potenziamenti, in God Eater Burst il tutto è più attuale, moderno.

La versione europea contiene bonus assenti in quella giapponese: nuove armi, nemici e un epilogo giocabile inedito.

Questa differenza si nota praticamente in tutte le caratteristiche del gioco, dalle armi ai vestiti, alle ambientazioni. Poco spazio a giungle, vegetazioni lussureggianti, spiagge e così via quindi. Nella gran parte dei casi queste sono state sostituite da location industriali al limite della decadenza, ma non mancano le eccezioni rappresentate da zone desertiche e quant'altro.

Una cosa che ho apprezzato decisamente in questo titolo è la decisione da parte dei programmatori di rendere i luoghi da esplorare, e in cui combattere, meno ampi rispetto al rivale Monster Hunter. Ciò che mi aveva tenuto piuttosto lontano dal gioco di Capcom era la dispersività dei livelli. In God Eater Burst, invece, tutto dà una maggiore idea di compattezza e quasi mai ho sofferto del mio storico problema che spesso e volentieri in passato mi ha costretto a ripercorrere uno stesso livello più volte a causa della mia bussola (interna) ormai andata da tempo.

Questo aspetto del gioco purtroppo offre un rovescio della medaglia che potrebbe risultare abbastanza indigesto agli appassionati del genere. Gli scontri con i mostri, noti come Aragani, avvengono infatti in luoghi piuttosto limitati in quanto a spazio. Niente a che vedere con l'epicità di alcuni combattimenti proposti da MH, qui siamo più vicini ad un classico gioco d'azione che a un simulatore di caccia aperta.

Il trailer di lancio di God Eater Burst.

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.

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