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F.3.A.R.

L’Alma del giorno dopo.

Scherzi a parte, questi ed altri poteri a disposizione di Fettel rendono il gioco decisamente più “pepato” e regalano a F.3.A.R. quella marcia in più di cui ha tanto bisogno nel caotico panorama degli sparatutto attuali. Un discorso simile si può fare anche per il particolare sistema di punteggio adottato dal gioco.

In ogni missione del gioco esistono degli obiettivi secondari (uccidi “n” nemici con l’arma “x” e così via) che rappresentano una sorta di sfida nella sfida. Questi sono divisi in categorie specifiche e regalano punti a seconda delle azioni intraprese nel corso del gioco.

I punteggi ottenuti assomigliano molto agli XP dei giochi i ruolo e permettono di potenziare il proprio personaggio, o meglio, le sue abilità, che vanno dal semplice incremento della salute alla durata del rallentatore durante gli scontri a fuoco.

Tale caratteristica, che ho parecchio apprezzato, diventa ancora più originale nella co-op visto che alla fine di ogni livello il protagonista con il punteggio più alto viene nominato “figlio prediletto”. Al termine del gioco, il finale dipenderà da quale dei due personaggi si è comportato meglio.

In alcuni momenti il gioco risulta prevedibile, ma qualche genuino spavento è garantito... in fondo la trama è firmata Carpenter.

Questo continuo senso di “dualità” è presente anche nel multiplayer, che scinde in due parti ancora più nette l’anima del gioco. Da una parte troviamo le modalità cooperative, una delle quali altro non è che l’ennesimo clone dell’Orda di Gears of War. Decente ma non indimenticabile soprattutto a causa di un’intelligenza artificiale tutt’altro che memorabile, cosa che mi ha davvero stupito visto che nel single-player l’I.A. se la cava decisamente bene.

Decisamente più originale e divertente è invece la Fucking Run, ovvero una corsa per la sopravvivenza nella quale non si devono solo eliminare i nemici, ma soprattutto cercare di non farsi raggiungere dal cosiddetto “Muro della Morte”, una misteriosa nebbia che sembra uscita direttamente da un libro di Stephen King. Se anche uno solo dei partecipanti viene preso, la partita finisce, il che garantisce un grosso incentivo alla collaborazione.

Le modalità competitive fanno maggiore uso dei poteri psichici visti nel single player. L’opzione Soul King, ad esempio, mette il giocatore nei panni di uno spettro in grado di possedere gli umani e di utilizzarne le armi. A che scopo? Ucciderne altri e assorbirne le anime. Chi ne possiede di più diventa però maggiormente vulnerabile e in caso di morte perde circa metà delle anime. Come avrete già capito, alla fine vince chi avrà collezionato più “prede” entro il tempo stabilito. Una simpatica variante del classico Deathmatch, anche se bisogna dire la possibilità giocare solo con altri tre partecipanti lascia un po' l'amaro in bocca.

Alla luce di tutto questo, in un mercato degli FPS che definire saturo è ormai riduttivo, che speranze ha un gioco come F.3.A.R di avere il successo che realmente merita? Personalmente mi auguro molte, anche se dubito che il pubblico in fremente attesa dei prossimi Call of Duty e Battlefield possa avere voglia di giocare qualcosa di così diverso. Chi è ormai assuefatto alle meccaniche degli sparatutto classici difficilmente riuscirà ad apprezzare le piacevoli sfumature di gameplay che questo titolo offre e dubito che i server che ne accolgono il multiplayer avranno mai problemi di sovraffollamento.

Il mio consiglio è di dargli comunque una possibilità, anche se preferite le atmosfere più realistiche e non amate troppo il genere horror. Di carne al fuoco ce n’è tanta (sanguinolenta, ovviamente) e sono sicuro che molti di voi difficilmente riusciranno a staccarsi dal pad prima di aver fatto l’ennesimo salto sulla sedia.

8 / 10