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Il salto più lungo - articolo

Quale passaggio generazionale è stato il più significativo nella storia dei videogiochi?

Qualche tempo fa chiacchieravo di videogiochi con un amico che ha più o meno la mia stessa età (vicinissimo ai 40) e formazione ludica (anche lui ha iniziato con un Mattel Intellivision). Di solito siamo quasi perfettamente allineati per quanto concerne l'andazzo dell'industria e abbiamo gli stessi gusti in fatto di tipologie ludiche ma su un tema ci scorniamo sempre. È un dettaglio, certo, ma ce lo portiamo avanti da un pezzo: quale sia stata la generazione più importante nella storia dei videogiochi.

È uno di quei temi di discussione che se saltano fuori verso le 22 in un pub davanti ad un paio di birre, finiscono inevitabilmente per (non) terminare alle 3 con almeno sette/otto pinte vuote sul tavolo. Per farla breve, per me la generazione più significativa è quella che, Wikipedia alla mano, viene considerata la quarta, quella dei 16 bit, quella di Amiga in ambito computer e Super Famicom, Megadrive, Neo-Geo e, volendo, Pc Engine in ambito console. Lui è invece un fermo sostenitore del poligono come elemento rivoluzionario dello scenario ludico e dell'importanza dei brand e della "massificazione" del gaming imputabili all'avvento di PlayStation, nella quinta generazione, di cui fanno parte anche lo sfortunato Saturn e il Nintendo 64.

Amiga 500: giochi e molto altro...

A supporto della mia tesi sono solito porre tre argomentazioni piuttosto solide, almeno dal mio punto di vista. La prima è relativa alla qualità dei giochi: a mio parere il quinquennio 1988-1993 è stato il più florido in assoluto nella storia dei videogiochi.

Amiga ha rappresentato un salto pazzesco rispetto alle miriadi di computer a 8 bit che lo hanno preceduto (e non solo sotto il profilo ludico, penso alla multimedialità, concetto prima di allora sconosciuto, all'autoconfigurazione delle periferiche e altre robe nerd); Super Nintendo è stato l'hardware di Nintendo che ha ricevuto il miglior supporto possibile (le grandi saghe della casa madre, i migliori titoli giapponesi dell'epoca, alcuni tra i migliori giochi occidentali).

"Amiga ha rappresentato un salto pazzesco rispetto alle miriadi di computer a 8 bit che lo hanno preceduto"

Il Megadrive ha portato a casa di molti utenti ottime conversioni dei cabinati Sega, al tempo leader assoluta del mercato arcade e ideatrice di capolavori a getto continuo, mentre Neo-Geo e Pc Engine hanno rappresentato due facce diverse dell'intrattenimento nipponico, fatto non solo di giochi ma anche di attenzione al design, approccio coraggioso al mercato, ludoteche ricchissime ma al contempo anche capaci di soddisfare le nicchie più esigenti.

In secondo luogo, i titoli realizzati durante il periodo a 16 bit sono invecchiati molto meglio delle controparti poligonali: un bel gioco con grafica 2D è godibile ancora oggi, mentre parecchi tra i primi titoli 3D fanno oggettivamente ribrezzo e non parlo solo di mera grafica ma anche di meccaniche ludiche. Ricordo quanto fossero "oliate" e perfette quelle a 16 bit (si pensi alla soave perfezione platformica di un Super Mario World, classe 1991) e a quanta acqua è dovuta passare sotto i ponti per poter godere di una pari raffinatezza in ambito 3D (Super Mario Galaxy 2, classe 2010).

Super Mario World è, a più di vent'anni dalla sua release, il miglior platform 2D mai realizzato. Siete d'accordo?

Infine, è stato in quel periodo che i giocatori hanno potuto godere dell'originalità nipponica al suo culmine e, per quanto mi riguarda, il peso specifico che quel Paese ha avuto sul mondo dei videogame sarà sempre più importante rispetto a quello avuto dagli States (con buona pace di Atari e Microsoft).

Nonostante il mercato indie abbia infuso in essi nuova vita, generi come le avventure grafiche, gli shoot'em up e i platform, hanno raggiunto la (quasi) perfezione proprio durante il periodo a 16-bit, regalando (si fa per dire, visto che spesso per avere un gioco nella sua migliore versione possibile bisognava andare di import e mollare al negoziante di turno cifre che oggi sarebbero insostenibili) vere e proprie pietre miliari nei rispettivi ambiti di appartenenza.

Certo, riconosco che Playstation è stata la "prima console" per moltissimi utenti attivi anche oggi, che ha allargato il mercato a nuove utenze, che ha rappresentato il punto di arrivo di un'evoluzione embrionale nata con hardware giunti forse troppo precocemente sul mercato (3DO) e che il suo arrivo sul mercato ha funto da spartiacque tra un'epoca pioneristica e una in cui i videogiochi si sono realmente organizzati come industry con pregi (innegabili) e difetti (altrettanto evidenti). Tuttavia, resto convinto che l'era dei 16 bit sia stata quella più importante e significativa.

"Generi come le avventure grafiche, gli shoot'em up e i platform, hanno raggiunto la (quasi) perfezione proprio durante il periodo a 16-bit"

D'altra parte qualcuno potrebbe obbiettare, giustamente, che ogni generazione ha dato del suo: la prima, quella del Magnavox Odyssey (un hardware nato prima di me!) in quanto fondativa; la seconda, del terzetto consolaro Atari/Coleco/Inty e dei primi home computer, in quanto inconsapevole killer dell'intero mercato (ma solo dopo averne fatto capire le potenzialità); la terza, quella della rinascita sotto il segno del NES e del Commodore 64, in quanto evangelista e portatrice sana di idee e divertimento.

Si può essere più innovativi di così?

O forse il mercato è cambiato per sempre quando gli americani hanno de facto spodestato i giapponesi con l'ariete Xbox prima, la corazzata 360 poi e il relativo sbilanciamento delle produzioni AAA più vendute oltre oceano? Considerandone l'orgoglio e lo sfacciato nazionalismo, credo aspettassero questo momento dal 1983, quando furono loro a commettere seppuku e consegnare le chiavi del mercato al Paese del Sol Levante, che se le è tenute ben strette per oltre quattro lustri.

Infine sono in molti a ritenere che le maggiori novità che hanno stravolto il mondo dei game siano state introdotte durante quest'ultima, apparentemente interminabile, "gen", e non c'è bisogno che le elenchi, visto che sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia assieme a indubbie positività, l'ultimo decennio ha portato anche tante, ehm, sorprese, che proprio non mi sono piaciute, e a dirla tutta faccio molta fatica a considerarla come la più innovativa in senso assoluto.

Il piatto della bilancia è in perfetto equilibrio e attendo con le dita incrociate l'arrivo della prossima tappa di questo interminabile viaggio. Voi che ne pensate?

Andrea Chirichelli è co-founder ed editor di Players Magazine, un progetto editoriale che mira a discutere di intrattenimento in maniera matura e indipendente, coinvolgendo un pubblico smaliziato e vagamente geek.

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A proposito dell'autore
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Andrea Chirichelli

Contributor

Nasce circa 40 anni fa in una domenica buia e tempestosa. Negli ultimi anni ha offerto il suo discutibile talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic. Odia apparire in foto.
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