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Quello che i Club Dogo non dicono - articolo

Alcuni giochi attentano alla democraticità del divertimento. Altro che i ricchi, anche i videogiocatori piangono.

C'è chi va rappando da questa estate che dopo aver fumato un po', giocare a Pro Evolution Soccer costituisca l'apice del rilassamento digitale d'oggidì, una forma di rinnovato elogio all'ozio nell'era dello stadio in pixel (l'unico ancora pieno, peraltro). Fra la “weeda” e una Moretti, le dita coi tacchetti e via di deliri in rima…

Alla faccia delle sirene, i cyber atleti più attenti dovrebbero invece porre molta attenzione al lato oscuro del loro passatempo prediletto. Un'ombra riemersa dalle ceneri dei peggiori social game, un figlio bastardo di mille RPG, una scaturigine distorta talvolta chiamata freemium. Insomma, una figura minacciosa tipo il Nosferatu di Murnau. Come quello, lenta ma inesorabile.

Di più; considerando il videogioco -come fa chi scrive- uno degli interpreti migliori della contemporaneità, pare sempre più difficile rilassarsi con intorno la curva della PlayStation. Di mio, suggerirei di guardarsi le spalle con una certa frequenza. E senza illusioni: la situazione non è più sicura se ci sono in campo Nintendo vecchia scuola, EA, Microsoft e via di presenze titaniche.

Quel che qui si intende insinuare -perché in fondo la nostra è un'insinuazione- è che il futuro del videogiocatore, anzi, già la sua essenza più presente e monetizzabile, sia vittima di un attacco a più punte. Più che un contropiede, un'invasione di campo degli avversari. Panchinari e dirigenti compresi. Fuor di metafora, è con le migliori simulazioni sportive dell'anno che l'offensiva si palesa in tutta la sua filtrante potenza. Non solo, ma soprattutto lì, è in corso un'azione in cui si può perdere facilmente il conto dei gol di rapina.

Ma si vada con ordine prima di emettere la sentenza...

I Club Dogo combattono lo stress con PES: e voi?

INDIZIO 1 - Poche settimane fa, nell'ambito di un intervento dei boss di Electronic Arts, quello in cui con il record annuale di eufemismo è stato confermato che il mercato dei social game ha “rallentato” e che gli incassi del primo trimestre dell'anno hanno registrato “un lieve ritocco verso il basso” (attestandosi a 1,08 miliardi di dollari per il colosso fondato da Trip Hawkins), ebbene, a inizio novembre il presidente di EA Sports, EA Games, Maxis e BioWare, Frank Gibeau, si è abbandonato a un certo entusiasmo al momento di commentare i risultati ottenuti dai capitoli più recenti di FIFA e Madden NFL.

"I cyber atleti più attenti dovrebbero porre molta attenzione al lato oscuro del loro passatempo prediletto"

“FIFA 13 è stato il titolo di EA di maggior successo quest'anno, con oltre 7,4 milioni di copie vendute nel primo mese. Il gioco ha ricevuto un punteggio Metacritic di 90 ed è diventato rapidamente il titolo più venduto in oltre 40 paesi. Madden NFL 13 sembra poter diventare l'episodio più venduto di sempre della serie, e questi risultati sono stati ottenuti nel settimo anno di vita dell'attuale generazione di console”.

INDIZIO 2 - Nell'ambito del medesimo intervento, il capo dei capi di Electronic Arts, John Riccitiello, aveva altresì no-minato en passant la crescita esponenziale del free to play, fenomeno socio-ludico che “sta attirando milioni di nuovi utenti”.

INDIZIO 3 - Analizzando le classifiche di vendita italiane da settembre 2012 a oggi (fonte AESVI), nei primi quattro posti siedono imperturbabili le simulazioni calcistiche di EA e Konami (sì, il 'clubdoghiano' Pro Evolution Soccer 2013). Solo la pubblicazione recente dei blockbuster mangiatutto (Halo 4, Assassin's Creed III e Call of Duty: Black Ops II) pare aver impensierito i pallonari, comunque sempre stabili in top ten. Insomma, non c'è Guild Wars 2 o canone di World of Warcraft che tenga. Anzi, ecco far capolino fra i meravigliosi dieci un altro asso cyber atletico, NBA 2K13 (di 2K Games), perla ludica cui prestare molta attenzione. E per motivi diversi.

A colloquio col General Manager: se spenderete soldi gli piacerete di più

INDIZIO 4 - Invece di cedere a interpretazioni sociologiche rispetto all'ossessione calcistica del Belpaese anche in versione elettronica, mi sia consentito un breve ma indicativo excursus autobiografico (tranquilli, il calcio e i Club Dogo torneranno poche righe più in là).

"Oltre al tempo comincio a impiegare denaro vero affinché Michael Jordan e Bill Russell mi dispensino consigli su gioco in post alto e schiacciate"

Senza troppi dubbi e alla faccia dei rapper della Madonnina, per qualità, innovazione e accuratezza, i migliori sportivi dell'anno sono, in ordine: NBA 2K13, Madden NFL 13, FIFA 13 e PES 2013. Mosso da cotanta convinzione, mi trovo presto a investire un discreto numero di ore nel tentativo di portare Blake Griffin avanti nei playoff, o i miei amati Cincinnati Bengals almeno alla wild card (per la cronaca, obbiettivi centrati).

C'è di più: con maggiore partecipazione soggettiva e un coinvolgimento fino a un paio d'anni fa inedito, capace davvero di farmi sentire immerso in una competizione sportiva alla mia mercé, oltre al tempo comincio a impiegare denaro vero affinché Michael Jordan e Bill Russell mi dispensino consigli su gioco in post alto e schiacciate. Do libero sfogo alla mia carta di credito per incrementare le abilità sotto canestro e la tenacia difensiva lungo l'arco dei tre punti.

D'un tratto pago addirittura una cena alla squadra per rinsaldare lo spogliatoio (nel titolo 2K, in modalità "MyCareer") e attingo al mio conto corrente - si badi bene, sempre quello vero - per prolungare i contratti alle controparti elettroniche di A.J. Green e Tony Gonzales, sì da poterle schierare per altre 16 partite online nel mio "Ultimate Team" (nel football secondo Madden).

Immagino un'orda di allenatori da cameretta affrontare le medesime spese - vere - per accaparrarsi (o tenersi stretti) i finti Ibrahimovic, Cavani o Messi. Vuoi mettere schierarli tutti e tre nella stessa formazione? Eccolo, il punto chiave della faccenda.

Un pacchetto All Pro può cambiarvi la stagione in Madden NFL 13

SENTENZA - Il fenomeno delle gold farms, laddove schiavi asiatici accumulano tonnellate di ore lavoro per anabolizzare gli ego elettronici di pigri riccastri occidentali, è noto da un po'. Ormai gli si dedicano pure dei documentari.

"Per prevalere non occorre talento. Meglio essere ricchi"

In pochi anni i social game hanno estremizzato tale dinamica, tanto da aver addirittura generato un'industria di beni virtuali socializzanti, orpelli digitali senza alcuna funzione ludica ma con scopi estetici o affettivi. Parrà fantascienza, ma nel 2010 una speciale collezione di doni virtuali dedicati a San Valentino ha innescato un giro di 220 milioni di regali e 152 milioni di cartoline di auguri in Farmville (fonte: Gamification, di Fabio Viola, edito da Arduino Viola nel 2011).

C'è purtroppo di più: erede di dinamiche parassitarie mutuate dai social più aggressivi (come già spiegato qui), oggi l'atteggiamento di chi migliora le proprie prestazioni virtuali a suon di microinvestimenti veri è premiato dal gameplay dei titoli più blasonati. Per essere vincenti a FIFA o NBA 2K si possono trascorrere giornate intere facendosi il paiolo alla console; o, più comodamente, spendere soldi reali, imporsi lo stesso (se non di più) e andare a letto senza salutare l'alba.

Se nella mia immaginazione videoludica sono il Jerry Reinsdorf dello sport digitale, con squadre temibili in più di una disciplina, nella realtà sto solo sperperando quattrini per accaparrarmi beni senza costo alcuno per chi li produce.

Tokyo Jungle... si paga anche per questo.

Per la cronaca, prima che investissi in un pacchetto "all-pro" di Madden (circa 12 euro, ma volendo si possono spendere altre cifre) il mio record online era di 6 vittorie e 9 sconfitte. Oggi il mio curriculum sportivo sfoggia un sintetico 15-11: un parziale di 9 trionfi (uno per 42 a 0, poveri Redskins) e 2 disfatte senza avere cambiato di una virgola il mio modo di giocare. È bastato metter mano al portafoglio.

Detto altrimenti, per prevalere non occorre talento. Meglio essere ricchi. Suona famigliare? Bene, oggi vale anche nei vostri videogiochi preferiti. Le migliori simulazioni dell'anno dimostrano che l'industria ha già fatto propria cotanta rivoluzione etica e sta assaporandone i proficui benefici. Se non fosse che anche titoli dal piglio eversivo come Tokyo Jungle (di Japan Studio), uno degli oggetti ludici più intelligenti visti in giro da un po', rivelino i medesimi prodromi, staremmo più tranquilli.

Invece, evocando gli inarrivabili versi dei gangsta rapper del panettone, par più appropriato un ribaltamento: se gioco a PES, mi fumo il cash. Sto lontano dallo stress?

Emilio Cozzi è vicedirettore di Zero, dal 1996 la guida agli eventi di intrattenimento e cultura nelle principali città italiane. Dalla carta all'online e sempre gratis, il network risponde alle più antiche questioni dell'Umanità: chi siamo? Dove andiamo? Quanto costa?.

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Emilio Cozzi

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Nasce 45 anni fa durante una partita della Nazionale, che distrae i medici. Da allora non ama particolarmente il calcio, ma si occupa di cultura, intrattenimento e scienza. Scrive di videogiochi e cultura videoludica su Il Sole 24 Ore, Wired e Il Corriere della Sera. Dirige la sezione space economy di Forbes Italia e Cosmo. Lo trovate ancora lontano dai campi di calcio. O su Twitter come @Addioegrazieper

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