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Karateka - review

Scontri mortali a ritmo di musica!

Ci sono pochi preamboli da fare per Karateka: chi conosce e ha giocato il titolo originale, pur nell'attacco di nostalgia più acuto non potrà che convenire che quelle meccaniche, trasposte pedissequamente, non avrebbero potuto reggere l'impatto con i giorni nostri. Nel lontano 1984 poter scegliere tra una manciata di mosse diverse e duelli ragionati erano l'eldorado della giocabilità e la realizzazione tecnica doveva per forza di cose sottostare a limiti molto ristretti, ma al giorno d'oggi serve qualcosa di diverso. Jordan Mechner deve aver pensato la stessa cosa quando si è messo all'opera sul nuovo Karateka, ma sembra aver dimenticato qualcosa di fondamentale lungo il percorso.

In occasione della fresca uscita dell'edizione PC (le versioni console sono uscite invece qualche tempo fa), abbiamo deciso di dare un'occhiata a questo remake, che si appoggia sulla stessa storia del suo progenitore: il malvagio signore della guerra Akuma ha rapito la bella principessa Mariko, che come tutte le principesse imprigionate non attende che di essere salvata dal suo eroe.

Saremo noi a impersonare l'eroe in questione, o meglio gli eroi: invece delle classiche "vite", Karateka introduce infatti un nuovo personaggio quando quello precedente viene sconfitto. Il primo protagonista è un impavido combattente e vero amore della principessa, il secondo un devoto monaco e il terzo un rozzo ma fedele bruto. Passando di personaggio in personaggio si ha a disposizione una quantità maggiore di punti ferita e, di conseguenza, il livello di difficoltà si abbassa indirettamente. Aspetto e animazioni cambiano, ma per il resto controlli e meccaniche restano identici da un personaggio all'altro.

Le poche sequenze d'intermezzo narrano la stessa storia dell'originale, con la principessa che viene a sapere dell'arrivo e dei progressi del suo eroe.

Il gioco è lineare che più non si può: tra l'eroe e il malvagio Akuma si parano una serie di guardie da affrontare in duelli solitari, un po' come nei cartoni giapponesi in cui le legioni di mostri vanno a farsi massacrare uno per volta dall'unico robot a difesa della Terra, tanto per intenderci. Anche nelle rare occasioni in cui si incontrano più guardie, nessuno si azzarda mai a interferire e i combattimenti seguono le stesse meccaniche dall'inizio alla fine. Avvicinandosi a un nemico lo si ingaggia in combattimento e a quel punto non è possibile disimpegnarsi in alcun modo fino al termine del duello.

"I controlli sono semplici ma è curioso che lo siano ancora di più che nell'originale"

I controlli sono semplici ma è curioso che lo siano ancora di più che nell'originale. Anche stavolta i nemici attaccano con una serie di sequenze predeterminate, che però vengono anticipate da alcune note musicali che spiccano nell'accompagnamento sonoro. Un singolo colpo di tamburo equivale quindi a un semplice attacco, mentre una cascata di note anticipa una combo molto più articolata. Una volta parato l'attacco si può passare all'offensiva con una combo di pugni e calci, dopodiché il nemico riprende l'iniziativa in una sorta di curioso rhythm game a turni.

Tentare di sorprendere una guardia con un colpo di anticipo o qualsiasi altra tecnica raffinata che possa venire in mente, non è una meccanica che appartiene a Karateka. Il sistema è sì semplice da padroneggiare ma altrettanto superficiale, e la tempistica con cui effettuare le parate è l'unica azione importante ai fini del risultato dello scontro, visto che dopo una parata conclusa con successo, i nemici si prestano a subire in pieno la combo di turno. Una sorta di Bust a Groove con un contorno di arti marziali, ma meno divertente e impegnativo. Azzeccare il tempo giusto non è molto difficile neanche durante gli attacchi più elaborati, e a volte si sconfina involontariamente nella pressione ripetuta del tasto di parata senza fare tanto caso al ritmo... la cosa strana è che le parate riescono comunque.

In caso di sconfitta con il primo personaggio prenderemo automaticamente il controllo del monaco.

Alcuni nemici avanzati sono leggermente più difficili da battere mentre la vera nemesi dell'originale Karateka, il rapace di Akuma, è poco più che una distrazione di cui ci si sbarazza in un lampo. Parando i colpi nemici e mettendo a segno i nostri, si riempie poi un indicatore che una volta al massimo permette di utilizzare un attacco spirituale (niente più che un volgare gancio) con cui stordire il nemico di turno, per potergli poi infliggere una serie di colpi più lunga del solito. Tra un nemico e l'altro è possibile recuperare l'energia perduta trovando i fiori lasciati dalla principessa Mariko, che il nostro eroe annusa poeticamente recuperando come per magia le forze e la voglia di prendersi altre scariche di colpi nelle gengive.

"Generalmente la resa grafica è gradevole ma fa un po' troppo economia di dettagli"

Generalmente la resa grafica è gradevole, con un aspetto fumettoso che si addice bene al tono generale della narrazione e di un'avventura senza troppe pretese. La scelta di Mechner è adeguata ma il gioco fa un po' troppo economia di dettagli e si appoggia sulla natura evocativa dello scenario, senza provare a spingersi oltre. Considerando che il gioco si svolge su binari precisi e che non ci sono bivi di sorta (almeno non imboccabili), un maggiore impegno nella cura dell'ambientazione non avrebbe guastato.

Anche i nemici si somigliano un po' troppo, a parte qualche guardia che entra in scena in maniera particolare facendo presagire qualche sorpresa che poi non arriva. Ne sono esempi un boss ubriaco da cui ci si aspetta qualche tecnica in tema, o un nemico incontrato poco oltre che si basa sui contrattacchi: alla fine non si scoprono grosse differenze e il tutto si svolge come ogni altro combattimento.

I combattimenti riescono a essere discretamente spettacolari nonostante le meccaniche ripetitive.

Tutto qua. Fine di Karateka. Se non vi aspettavate una fine così brusca, sappiate che questo è proprio il tipo di impatto che vi attende al termine del gioco. La ricompensa per avere sconfitto Akuma e le sue legioni consiste in una scenetta trascurabile e un po' di testo. L'unico incentivo a rigiocare dopo essere arrivati in fondo (molto probabilmente al primo tentativo, anche se forse non con il personaggio iniziale) è l'eventuale voglia di completare il gioco con il protagonista iniziale (il Vero Amore della principessa) per vedere il finale migliore, e nient'altro.

"Mechner ha trasposto bene lo spirito dell'originale ma ha semplificato il tutto in maniera eccessiva"

Quali che siano i motivi, Mechner ha trasposto bene lo spirito dell'originale ma ha semplificato il tutto in maniera eccessiva e gettato alle ortiche una miriade di spunti. A conti fatti il gioco si riduce a premere il tasto di difesa al momento giusto e neanche in maniera troppo precisa, e il resto è diventato un accessorio riposto in un cassetto. Non pretendevamo un'operazione a base di nostalgia che sarebbe stata probabilmente anche deleteria, ma c'era modo di sviluppare maggiormente il gioco in quanto a estensione, meccaniche e varietà, e senza neanche troppo sforzo.

Così com'è stato realizzato, Karateka è immediato, divertente e gradevole da vedere, ma inizia a ripetere se stesso praticamente da subito e non si produce in picchi o sorprese di alcun genere. Il remake di Mechner ha in pratica il sapore di un mini-gioco che ha provato a crescere senza riuscirci (e non sarebbe neanche malvagio), solo che non offre altro oltre quel poco che si vede fin dall'inizio, e termina quando si comincia a prenderci gusto.

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Una quarantina di minuti per 9,99 euro di spesa: Karateka si può riassumere così, come l'antipasto di una portata principale che non c'è. Quando si inizia a pensare di aver passato con successo una sorta di introduzione si scopre che i giochi sono finiti e si resta sospesi nel mezzo di qualcosa appena accennato, un inizio di frase che non si conclude o che comunque lo fa in maniera inaspettata.

5 / 10

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Karateka

iOS, PS3, Xbox 360, PC

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Emiliano Baglioni

Contributor

Emiliano si affaccia al mondo dei videogiochi all’epoca del Vic 20. Vive la sua storia di giocatore pensando che prima o poi crescerà e mollerà il joypad, ma non abbandona mai la sua passione, che riesce in qualche modo misterioso a conciliare con tutto il resto.

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