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NBA Live 14 - review

Non è un bel modo di tornare.

Nel lontano 2009 avevamo lasciato la serie NBA Live in discreta salute: il gioco di Electronic Arts, pur non riuscendo ad avvicinarsi alla qualità del concorrente firmato da 2K, offriva comunque una divertente interpretazione dello show cestistico a stelle e strisce, grazie alla solita formula utilizzata da EA Sports per raggiungere il successo in ogni disciplina sportiva. Una formula che prevede d'investire molte risorse non solo nel gameplay ma anche nell'acquisizione di un numero enorme di licenze, attraverso cui ricreare un'esperienza televisiva con musiche, grafiche e volti noti.

Questo però non è bastato a un'etichetta ambiziosa come EA Sports che, osservando quello che era stata in grado di fare con FIFA, ha voluto far suo il lucrativo cestistico. Sfortunatamente NBA Elite, questo il nome che avrebbe dovuto avere la rifondazione del marchio, non ha mai visto la luce, lasciando però un'eredità gravata da diversi anni di sviluppo mai giunti a compimento che è stata ora raccolta dal redivivo NBA Live 14.

L'obiettivo è chiaro: sfruttare il lancio di una nuova generazione di console e il nuovo motore grafico Ignite per tirare una linea sul passato e ripartire con la classica serializzazione del colosso americano. Il modus operandi è infatti quello canonico: una giovane stella dal volto rude e accattivante come Kyle Irving sbattuta in copertina, la licenza non solo dell'NBA ma anche dell'ESPN per poter contare sulle loro grafiche e sul commento di Mike Breen e Jeff Van Gundy e la solita pletora di modalità e opzioni online e offline, partendo dal classico campionato fino ad arrivare all'ormai immancabile Ultimate Team e alla Carriera.

Chi ha avuto modo di giocare a FIFA 14 riconoscerà immediatamente la nuova impostazione dei menu di gioco, molto chiara e funzionale, attraverso la quale navigare comodamente da una modalità all'altra. Come dicevamo il cuore di NBA Live 14 è rappresentato dalla Carriera, dove dovremo seguire le gesta di un giovane atleta che tenta la scalata tra le gerarchie della lega, partendo dalla vetrina per le matricole fino alla Hall of Fame. Questa modalità ricorderà molto da vicino la versione current-gen della celebre My Player di NBA 2K14, fatto salvo che mancherà tutta la parte social e di crescita al di fuori del campo da gioco, concentrandosi solo sugli aspetti tecnici e atletici che un cestista si trova ad affrontare.

Gli scenari sono forse la cosa più riuscita di tutto il pacchetto.

Togliere la necessità di ingraziarsi l'allenatore o i compagni per ottenere palloni giocabili e un buon minutaggio nella rotazione, smorza un po' la profondità di questa esperienza, facendola sembrare un po' troppo scarna rispetto a quelli che ormai sono diventati degli standard. Senza considerare che le valutazioni date sul parquet sono calcolate in maniera decisamente più grezza e non premieranno per esempio un buon tiro preso, anche se sbagliato, o una serie di blocchi fondamentali per liberare il portatore di palla dalla marcatura. Questo vi forzerà a cercare costantemente le giocate più remunerative e di accentrare su di voi il gioco, in modo da poter strappare qualche punticino in più.

"Chi ha avuto modo di giocare a FIFA 14 riconoscerà immediatamente la nuova impostazione dei menu di gioco"

Oltretutto verrete immediatamente sbattuti sul parquet senza dover superare alcun tipo di gavetta, il che vuol dire che verrete subito messi di fronte a Durant, Harden o James, e vi garantiamo sarà davvero dura provare a battere le loro statistiche con la vostra matricola alle prime armi, ricevendo valutazioni talmente negative da rovinare la godibilità di questi confronti.

Piuttosto interessante, invece, la sezione dedicata agli scenari, ovvero una serie di compiti da portare a termine basati sugli avvenimenti accaduti realmente durante la stagione NBA. Vi sarà chiesto di replicare la generosità di Paul alla regia, la precisione da fuori di Curry, o un folle tiro all'ultimo secondo, dando un sapore piuttosto nuovo e interessante alle diverse prove.

Anche la versione NBA Live 14 di Ultimate Team non riesce a reggere il confronto con quelle altamente apprezzate di Madden e FIFA, ma questa volta più per limitazioni dello sport in sé che per demeriti dello sviluppatore. Le 30 franchigie NBA e i soli 5 posti a disposizione sul parquet non garantiscono infatti la necessaria varietà per ideare un qualche sistema di alchimia tra gli atleti in campo.

Ultimate Team è sempre divertente, ma forse il basket non si presta bene come il calcio al gameplay ideato da EA.

Questo riduce sensibilmente il ventaglio di opzioni possibile e tutti cercheranno semplicemente di ottenere i migliori giocatori per ogni ruolo, a prescindere dalle loro inclinazioni o da acclamate incompatibilità (Kobe e Howard potrebbero ancora giocare assieme, tanto per intenderci). Si tratta comunque del solito divertente connubio tra gioco manageriale, gioco di carte collezionabili e simulazione sportiva, nel quale spendere i crediti virtuali acquisiti sul campo per comprare nuovi "pacchetti" all'interno dei quali trovare delle figurine dalla rarità variabile (oro, argento e bronzo) per creare la propria rotazione di atleti e personalizzare le maglie, il simbolo e il palazzetto della franchigia.

"Anche l'Ultimate Team non riesce a reggere il confronto con le versioni altamente apprezzate di Madden e FIFA"

In questo caso il limite più grande è caratterizzato dalla totale assenza di avversari online, che rende inutile la metà delle opzioni presenti sia in Ultimate Team, sia nel resto del gioco. Le opzioni previste da EA Sports sono anche in questo caso ricche ed articolate, come le classiche partite veloci o le stagioni online, dove avrete a disposizione 10 match per ottenere l'accesso alla categoria superiore: peccato che sia praticamente impossibile trovare un avversario con il quale mettere alla prova la vostra abilità.

Tutti questi aspetti potrebbero essere comunque considerati di contorno e facilmente risolvibili semplicemente dando agli sviluppatori maggior tempo per sviluppare il gioco con i nuovi devkit se non fosse che il vero problema del gioco è rappresentato proprio dal gameplay di NBA Live 14. Fanno piacere le dichiarazioni di Andrew Wilson, il boss di EA che promette netti miglioramenti in futuro, ma al momento la situazione è al limite del giocabile e ci pare difficile che una semplice patch possa sistemare tutte le problematiche riscontrate.

Partiamo dal fatto che, nonostante il marchio storico e il numero 14 in copertina, NBA Live 14 è un prodotto completamente nuovo e quindi è assurdo non trovare un tutorial che introduca gradualmente tutte le novità di gioco, i controlli, le opzioni e le modalità di gioco. Viene dato tutto per scontato, come se fossimo abituati da anni a questo prodotto.

NBA Live 14 torna in campo con questo trailer.

Una volta scesi in campo poi non è possibile non rimanere di sasso di fronte al lavoro svolto dai tecnici di EA Sports. Non si riesce a vedere un singolo elemento che giustifichi la presenza del gioco su Xbox One e PlayStation 4 anziché sulle console current-gen. E i più cattivi forse direbbero anche PlayStation 2.

"I modelli poligonali sono grezzi, tutte le animazioni sono scriptate e mal legate tra di loro"

I modelli poligonali sono grezzi e circondati da uno strano alone luminoso, ma quel che è peggio è che tutte le animazioni sono scriptate e mal legate tra di loro, non vi è una reale interazione fisica tra i corpi e i contatti o verranno ignorati o legheranno inevitabilmente i due atleti tra di loro. La conseguenza comica è che durante una penetrazione a canestro un cestista potrebbe di colpo fermarsi contro il centro avversario, senza la possibilità di aggirarlo se non abbattendolo.

Provando a fare le cose più con calma si noterà che anche i movimenti in post sono molto limitati e limitanti, anni luce distanti per come varietà e precisione da quelli offerti dai Visual Concepts. Chi infatti è abituato alla serie di 2K Games noterà come la principale differenza tra i due giochi, a parte gli evidenti problemi tecnologici, sia data dalla differente sensazione di controllo dell'atleta e del pallone in un gioco rispetto che nell'altro. È vero che in NBA 2K è piuttosto ostico apprendere tutti i controlli ma con un po' di dedizione sarà possibile replicare praticamente ogni canestro visto in televisione, tentare un taglio backdoor o usare il piede perno come i Gasol.

In NBA Live 14 a volte le cose capiteranno e basta e non ci sarà modo di evitarle o di capire perché sia successa quella cosa. Per esempio ci è capitato di vedere il cestista fare un arresto e tiro al posto di tentare un terzo tempo o di non poter recuperare un pallone subito dopo aver subìto una stoppata perché, secondo il gioco, la sfera doveva essere presa dal difensore.

Un'immagine vale più di mille parole.

A parte l'incredibile compenetrazione poligonale del braccio che ha attraversato il corpo del nostro cestista per raggiungere la palla, non abbiamo capito come sia possibile che NBA Live 14 e una raffinata simulazione fisica come FIFA 14, pur coi suoi difetti, condividano lo stesso motore. Soprattutto considerando che ormai sono anni che EA Sports ha superato il concetto di gioco scriptato anche in produzioni molto più simili ad NBA per budget e numero di contatti fisici, come per esempio NHL.

"Alcune idee di gameplay sono comunque interessanti, come la possibilità di scegliere se appoggiare la palla al tabellone o far rimbalzare un passaggio a terra"

Uno dei maggiori difetti del prodotto di EA Sports, a nostro avviso, è proprio l'incapacità di Live di rendere esplicite determinate situazioni di gioco e di dar modo all'utente di capire dove abbia sbagliato e, da quell'errore, imparare come si controlla la squadra in campo e migliorare partita dopo partita. L'esempio lampante sono i tiri: non c'è un indicatore che aiuti a capire il motivo per cui non si è fatto canestro, nonostante le variabili siano tante, come per esempio un equilibrio precario, il rilascio sbagliato o semplicemente l'abilità del cestista. Quindi a volte vi capiterà di segnare canestri in corsa nel traffico ed altre di sbagliare jumper da due metri, e non capirete mai se sia una cosa legata alla fortuna o a qualche vostro errore.

Alcune idee di gameplay sono comunque interessanti, come la possibilità di scegliere se appoggiare la palla al tabellone o far rimbalzare un passaggio a terra, ma queste si perdono in una serie di decisioni opinabili, come una mappatura dei comandi piuttosto ridondante con, per esempio, due tipi di passaggio in cui nessuno dei due era davvero efficace, o la necessità di tenere premuto il dorsale destro per fare un passaggio direttamente ad un compagno.

Anche la palla non è gestita in maniera indipendente ma è completamente scriptata. Questo si traduce in determinate animazioni che saltano per poter agganciare il vostro atleta ad un passaggio leggermente fuori asse o nelle già accennate compenetrazioni poligonali se un avversario si frappone tra voi e la sfera.

La creazione del proprio alter ego è ben fatta, ma pecca un po' di originalità.

A questi problemi si aggiunge anche un'intelligenza artificiale davvero risibile, incapace di imbastire qualsiasi azione degna di nota. Senza i nostri input l'attacco sarà statico, non ci saranno tentativi di taglio, raddoppi o blocchi. I compagni si limiteranno a palleggiare e poi scaricare sotto canestro per un tentativo d'appoggio, spesso nemmeno quello. Stesso discorso per l'attacco, il che rende tutto il gameplay estremamente monotono e ripetitivo. Ciò vi spingerà a cercare di sfruttare allo sfinimento tutte le lacune delle difese avversarie solo per portare a casa il risultato, a discapito della varietà e del divertimento. Dimenticatevi oltretutto di vedere il gioco armonioso degli Spurs o la fisicità di Menphis: qui tutti si comportano nello stesso modo, ovvero piuttosto male.

"La versione Xbox One da noi provata ha evidenziato alcuni problemi di frame-rate piuttosto evidenti"

Come se tutto questo non bastasse, la versione Xbox One da noi provata ha evidenziato alcuni problemi di frame-rate piuttosto evidenti. principalmente durante la modalità Carriera. Considerando che NBA Live 14 non è annoverato tra i giochi più impressionanti di questo inizio di generazione, è tutto dire. Anche la caratterizzazione dei diversi atleti è lacunosa e difficilmente riuscirete a distinguere un Anthony o Wade solamente dalle movenze o dalle fattezze.

Perlomeno negli elementi produttivi il tocco di EA Sports è visibile, con belle grafiche, campionamenti delle voci prese direttamente dal campo e due commentatori piuttosto noti come Mike Breen e Jeff Van Gundy. Chi è abituato a seguire l'NBA in televisione li riconoscerà subito, nonostante al momento la loro telecronaca sia meno varia e puntuale di quella della concorrenza.

Dopo anni di rinvii e rimandi, il rischio di creare una sorta di Duke Nukem sportivo era elevato. EA Sports ha dunque deciso di porre una fine al loop nel quale il suo team di sviluppo si era cacciato e di mettere sul mercato un prodotto profondamente lacunoso e opinabile da dare in pasto alla critica ma dal quale poter partire per riorganizzare la serie, partendo dai tanti feedback raccolti e riscrivendo il gameplay da capo. Nella speranza che già dalle prossime settimane la situazioni migliori pesantemente grazie alle patch promesse da Wilson, e che la serie non paghi un dazio troppo elevato per via di un inizio sconcertante da parte di un colosso come EA.

4 / 10