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Ronin, bastano moto e katana per vendicarsi - recensione

Una lunga notte di omicidi tra fasi esplorative in tempo reale e combattimenti a turni.

Ronin e la letale Beatrix Kiddo di Kill Bill hanno in comune ben di più che un'affilata katana con cui sterminare i nemici, una moto parcheggiata in posizioni strategiche, un casco a coprirne il volto e una tutina attillata per esaltare la silhouette e rendere omaggio a Bruce Lee. Ad accomunarle c'è l'inestinguibile desiderio di vendetta.

Se il Black Mamba aveva le sue motivazioni, la protagonista del gioco sviluppato dal polacco Tomasz Waclawek ha nel mirino una lunga lista di vecchi colleghi del defunto padre, ucciso vigliaccamente dai suoi avidi e viscidi soci in affari che non vedevano di buon occhio la sua propensione alla filantropia.

I meschini traditori, conoscendo la passione di Ronin per le spade e l'inclinazione a non farla passare liscia a chiunque gli riservi brutti tiri, si sono trincerati sulla cima dei loro palazzi, difesi da manipoli di guardie armate pronte a spegnere sul nascere la furia distruttrice dell'agile ragazza.

Premesse narrative degne di un qualsiasi film di Steven Segal, che tradiscono una certa mancanza di originalità riscontrabile anche sul fronte dell'art design e del gameplay. Le movenze della giustiziera, la scala cromatica dominata dai grigi, la netta divisione tra zone d'ombra e quelle illuminate, riportano alla mente il bellissimo Mark of the Ninja.

Ad incrementare a dismisura il fascino del gioco e delle sue ambientazioni, troviamo una colonna sonora davvero ispiratissima.

Il sistema di salti e la gestione delle arrampicate strizzano l'occhio a Gunpoint. Suggestioni concettualmente distanti, se vogliamo, ma che hanno dato vita a un interessante mix piuttosto riuscito, non fosse per una certa ripetitività di fondo e un level design mai particolarmente sorprendente.

Ronin si muove in ambientazioni bidimensionali che può liberamente esplorare per individuare computer da cui rubare informazioni sensibili o target da abbattere. L'ideale sarebbe uccidere tutte le guardie armate, risparmiare i civili, non far scattare l'allarme: rispettando queste tre condizioni verrete premiati con un punto da sacrificare nel modesto skill tree che amplificheranno le proprietà offensive e difensive della protagonista.

Le cose tuttavia non vanno come ci si aspetterebbe. Se l'ambientazione, l'armamentario e le spiccate doti ginniche della nostra lasciano presupporre che dovremo agire forzatamente con cautela, nascondendoci costantemente alla vista dei nemici, all'atto pratico si scopre un'avventura decisamente più votata all'azione e all'ingaggio diretto.

Il fulcro di tutto è la divisione del gameplay tra fasi in tempo reale e altre in cui ci si muove rispettando i turni. Ronin scivola sinuosamente nello scenario fintantoché tiene i piedi ben piantati sul terreno. Agendo sul mouse, al contrario, il tempo si stoppa, sia per darci la possibilità di sbirciare con tutta calma i dintorni e pianificare le future mosse, sia per spiccare il volo calcolando con precisione, grazie alla traiettoria sempre ben visibile, il punto d'atterraggio.

Basta un solo colpo per mandare al tappeto Ronin: spesso dovrete rinunciare a qualche facile uccisione per mettervi in salvo.

Va da sé che potendo arrampicarsi sui muri e compiendo rocambolesche irruzioni dalle finestre, l'effetto sorpresa e l'eliminazione silenziosa resti la scelta preferibile, ma anche quando verrete individuati, niente paura. Puntati dai mirini laser delle guardie si attiverà automaticamente la fase a turni e il vostro compito sarà quello di avvicinarvi agli oppositori, così da poter sguainare la katana, evitando al contempo di intersecare le traiettorie dei proiettili.

Un gioco da ragazzi, quando si affronta una spaurita coppia di vigilanti, un po' più complesso quando il numero di oppositori aumenta, lo spazio di manovra si restringe e bisogna impedire che venga attivato l'allarme concludendo la propria mattanza entro un limitato quantitativo di mosse.

L'alternanza tra i due momenti in cui si divide il gameplay spezza costantemente l'azione ma sorprendentemente l'adrenalina non scema mai sotto il livello di guardia. Anche quando il tempo si sospende, grazie all'incalzante accompagnamento musicale e alla telecamera dinamica, si avverte comunque l'urgenza di muoversi velocemente, decidendo con poca titubanza il da farsi.

Naturalmente chi si aspettava un clone di Mark of the Ninja troverà frustrante un combat system che abbandona drasticamente qualsiasi velleità action ma a conti fatti l'ibridazione del gameplay funziona alla grande e dona a Ronin un gusto particolare che attrarrà chi è sempre alla ricerca di qualcosa di inedito.

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Purtroppo non ci sono solo gioie. Come già accennato, alla lunga le idee si esauriscono: il level design si appiattisce, lo skill tree non aggiunge abilità realmente utili a inspessire l'esperienza, l'interazione con lo scenario resta piuttosto limitata. La longevità contenuta, siamo intorno alle sei ore, evita che lo spettro della noia distrugga quanto di buono fin lì fruito.

Certo, la trovata del rampino, utilizzabile durante i salti, moltiplica i sentieri percorribili, aumentando a dismisura il replay value, soprattutto per i perfezionisti che cercheranno ogni modo possibile per completare le missioni senza farsi (quasi) mai beccare, ma è comunque poco per invogliare la maggior parte dei videogiocatori ad accettare la sfida del New Game +.

In definitiva, Ronin è un godibilissimo gioco che trae ispirazione da numerose fonti, inventandosi un gameplay che, tra fasi in tempo reale e altre a turni, appassionerà con moderazione i fan di Kill Bill e tutti coloro che hanno speso diverse ore della propria vita con giochi come Mark of the Ninja e Gunpoint.

Manca il colpo di genio, l'introduzione costante di nuove incognite a rendere progressivamente più ostica e appassionante la propria carneficina. Resta un titolo da provare: non fosse altro per godersi le sue atmosfere così maledettamente "retro-splatter".

7 / 10

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Ronin

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Lorenzo Fazio

Contributor

Lorenzo Fazio non ha mai smesso di giocare sin dai tempi del Master System. Ha così cercato di unire l’utile al dilettevole, inventandosi giornalista videoludico. Qualcuno ci è cascato: scrive per importanti testate del settore da quasi una decina di anni.
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