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The Vanishing of Ethan Carter PS4: I want to believe! - recensione

Da PC a PS4 si cambia motore.

All'epoca dell'uscita PC rimasi folgorato dai primi 20 minuti di questo gioco. Le atmosfere particolari che accompagnarono i miei primi passi alla ricerca di Ethan Carter mi ricordarono quelle dei primi episodi di Twin Peaks visti in TV, leggermente "spruzzati" con un sentore di X-Files. Per motivi che ora non ricordo, accantonai temporaneamente il gioco con la promessa di tornarci subito dopo per arrivare fino alla sua conclusione.

Non fu così. Il gorgo di impegni redazionali e personali risucchiò The Vanishing of Ethan Carter nell'oblio dei giochi da recuperare, quelli che "appena ho un attimo lo ricomincio dall'inizio e non mi stacco fino alla fine". È passato quasi un anno, nel frattempo il team The Astrounauts ha annunciato la versione PS4 e per l'esordio su console ha deciso di pompare un bel po' la sua creatura passando dall'Unreal Engine 3 all'UE4.

Il salto non è da poco ed è ben visibile fin dai primi minuti. L'edizione PlayStation 4 può vantare non solo un comparto grafico in grado di rivaleggiare con la controparte PC, ma anche effetti d'illuminazione completamente inediti, una vegetazione al limite del fotorealismo e una qualità delle texture eccellente.

Il passaggio all'Unreal Engine 4, insieme alla fotogrammetria e ad un software chiamato Photoscan, ha permesso agli sviluppatori di raggiungere un livello grafico davvero notevole.

Fatta eccezione per alcune "scalettature" non troppo piacevoli, ma fortunatamente non eccessivamente visibili, ci si trova di fronte a un titolo visivamente impressionante, che grazie anche a tecniche particolari come la fotogrammetria regala al giocatore un immersione pressoché totale nelle atmosfere che lo condurranno a scoprire i misteri che avvolgono Red Creek Valley. Altrettanto eccellente la colonna sonora, composta da pochi pezzi orchestrali che sottolineano però alla perfezione i diversi momenti del gioco.

Tale iniezione di beltà ha purtroppo un prezzo da pagare, rappresentato da un frame-rate non esattamente stabile, che oscilla spesso tra i canonici 30 e gli agognati 60 fps. Niente di particolarmente grave, soprattutto per un gioco che fa dell'esplorazione e non dell'azione sfrenata il punto cardine del suo gameplay.

Come detto a più riprese dagli sviluppatori, The Vanishing of Ethan Carter non è uno di quei giochi "che ti conduce per mano". Fin dall'inizio non si ha alcun indizio su cosa fare e come farlo, su cosa sia successo o su come si debba procedere per andare avanti. Una voce narrante fornisce di volta in volta qualche dettaglio in più sulla storia, ma è solo andando in giro ed esplorando che si può trovare il bandolo della matassa.

Gli oggetti con cui interagire sono inizialmente pochi e apparentemente nessuno di loro è collegato all'altro se non da un sottile filo rosso sangue. Una valle pressoché abbandonata, un cadavere con le gambe falciate, un omicidio apparentemente inspiegabile, strani oggetti e documenti con frasi incomprensibili, una casa con porte che sembrano non condurre da nessuna parte... Red Creek Valley non ha molto da invidiare a Silent Hill in termini di mistero.

L'audio del gioco è rimasto totalmente in inglese, ma la traduzione in italiano dei sottotitoli è ottima e consente di non perdere troppi dettagli dei dialoghi e degli indizi.

A differenza della collina silenziosa però qui tutto è ben illuminato, non c'è traccia di nebbia e la vegetazione è rigogliosa. Eppure. Eppure si avverte un senso di pesantezza nell'aria, qualcosa di indefinito che di tanto in tanto sfocia in lampi, brevi flashback che con il passare del tempo vanno a formare pezzi di un puzzle piuttosto contorto.

Per qualche minuto il gioco da l'impressione di concedere anche una buona libertà di movimento. Così non è, The Vanishing of Ethan Carter non prende per mano il giocatore ma gli mette comunque intorno un bel po' di muri invisibili. La mia natura di completista mi ha costretto ad esplorare ogni singolo centimetro degli scenari di gioco, in cerca di chissà quale segreto e con la paura di perdermi qualcosa di importante. Il risultato è stato il classico pugno di mosche. A parte qualche bel panorama, procedendo per la strada maestra non mi sarei perso assolutamente nulla.

Estrema linearità a parte, il gioco ha come suo difetto più evidente la quasi totale mancanza di momenti da brivido o sobbalzo. La sensazione di pesantezza che si avverte nella prima ora di gioco è destinata a rimanere insoddisfatta e quando la fine giunge (dopo una mezza dozzina di ore), questa lascia il posto ad un po' di amaro in bocca. Avete presente quei film nei quali si aspetta da un momento all'altro il decollo e questo non arriva mai?

Fortunatamente agli utenti PS4 è stata almeno risparmiata la frustrazione da sistema di salvataggio che a suo tempo colse i giocatori PC. Gli sviluppatori hanno infatti inserito un sistema di checkpoint invisibili che rende il tutto molto più fluido e meno frustrante. Sono inoltre rimaste intatte un paio di opzioni che raramente si vedono su console: la possibilità di regolare il Field of View e la reattività della telecamera.

The Vanishing of Ethan Carter su PS4 può contare su ben 14 Trofei, tutti segreti e quasi tutti legati a particolari momenti della trama o alla risoluzione di enigmi.

Le luci di cui brilla questa nuova edizione di The Vanishing of Ethan Carter sono quindi dovute all'ottimo lavoro fatto dai The Astronauts nel passaggio da un'engine all'altro, le ombre invece sono le stesse che avevamo sottolineato nella recensione PC e che non permettono al gioco di elevarsi troppo oltre la sufficienza.

Un gameplay fin troppo guidato e una longevità media piuttosto scarsa potrebbero tenere lontana la maggior parte dei giocatori che preferiscono esperienze più "open" e titoli che li tengano impegnati per settimane. L'esperienza di gioco comunque è piacevole, con una grande atmosfera e un comparto tecnico che ha poco da invidiare a produzioni ben più blasonate.

7 / 10

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The Vanishing of Ethan Carter

PS4, Xbox One, PC

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.
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