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Battleborn - recensione

Molto più di un semplice MOBA!

Ripercorrere la storia di Gearbox Software, in particolare quella più recente, equivale a mettersi comodi su di una montagna russa, una di quelle in cui dopo aver percorso una rilassante e lenta salita si viene sorpresi da una spaventosa discesa in picchiata. Quando ci si siede di fronte al computer, pronti a mettere mano per la prima volta su un nuovo gioco dello sviluppatore texano, bisogna quindi essere pronti a tutto, anche al peggio. Potendoci aspettare qualsiasi cosa da Battleborn, abbiamo avuto l'innegabile privilegio di recensirlo scevri di qualunque pregiudizio e di rimanerne piacevolmente sorpresi.

Già dal primo impatto con il menù principale, Battleborn rivela un prodotto che offre tantissimi contenuti, ma organizzati in modo così chiaro che basteranno poche ore per avere un quadro definito dei meccanismi di gioco. La nuova proprietà intellettuale che ci troviamo tra le mani è stata chiaramente progettata avendo in mente la struttura tipica dei free-to-play. Ogni contenuto all'interno del titolo è infatti da sbloccare giocando o da acquistare con i crediti accumulabili. Persino i retroscena sulla storia dei personaggi vengono svelati solo dopo aver portato a termine determinate sfide.

Gearbox ha però deciso che la formula migliore per commercializzare la propria creatura fosse quella di far pagare al giocatore solo l'acquisto del gioco, escludendo ovviamente da questo ragionamento i futuri cinque DLC che andranno ad ampliare ulteriormente l'offerta di contenuti. Se da una parte il prezzo pieno a cui viene venduto il titolo potrebbe scoraggiare una fetta di pubblico, dall'altra l'assenza di microtransazioni rappresenta senza ombra di dubbio un valore aggiunto all'esperienza.

Ogni squadra è composta da cinque giocatori e avere tra le proprie fila un tank, ma soprattutto un healer può fare la differenza.

Il cuore pulsante di Battleborn è ovviamente la componente multigiocatore, che si estende ben al di là del semplice concetto di MOBA. D'altronde, gli sviluppatori hanno dichiarato fin dall'annuncio di desiderare che il proprio prodotto non venisse classificato all'interno della categoria videoludica a cui appartengono i famosi League of Legends e Dota 2. Non è però certo facile evitare di vedersi affibbiata un'etichetta se la modalità principale che si promuove è proprio quella che s'ispira maggiormente al genere con cui non si vuole avere nulla a che fare.

La modalità in questione si chiama Incursione, e per progettarla gli sviluppatori hanno chiaramente preso spunto da un MOBA in particolare, Heroes of the Storm. Le caratteristiche in comune con il titolo di casa Blizzard sono diverse, a partire dai mostri della "giungla", qui chiamati mercenari Thrall, che possono essere reclutati dalle squadre una volta sconfitti, fino ai sistemi di livellamento, sia in partita che dei personaggi. Nel primo caso si chiede al giocatore di scegliere a ogni livello quale abilità potenziare o come farlo, aumentando non di poco il ventaglio di opportunità strategiche, mentre nel secondo caso più si sfrutta in battaglia un personaggio e più questo salirà di livello, sbloccando così nuove abilità, skin o taunt da usare contro l'avversario appena ucciso.

Definire però la modalità Incursione un vero e proprio MOBA non sarebbe del tutto corretto. Da un gioco di questo genere ci si aspetterebbe infatti una componente strategica marcata, che manca quasi del tutto nello sparatutto firmato Gearbox. D'altronde, le due mappe al momento disponibili sono costituite da un'unica linea, protetta da due enormi e minacciose sentinelle per ogni squadra. Questo non significa che ci si trova a combattere all'interno di lunghi canaloni in cui massacrarsi, grazie agli anfratti e ai brevi corridoi che si estendono ai lati della mappa, da sfruttare a proprio beneficio per colpire il nemico alle spalle, attaccare da una posizione di vantaggio o in cui arruolare i mercenari.

E adesso chi cura il support? Fortuna che il fungo antropomorfo può autorigenerarsi.

In Battleborn le team fight, ovvero i momenti in cui in un MOBA i componenti delle due squadre si scontrano tutti gli uni contro gli altri, iniziano fin dai primi secondi della partita. Eliminare i minion avversari è sicuramente un buon modo per accumulare esperienza, ma farmare significa prima di tutto uccidere gli avversari. Gli scontri sono davvero molto frenetici e diretti, assicurando una bella dose di divertimento anche ai giocatore meno esperti. Difficilmente all'interno di un titolo improntato così tanto all'azione immediata potrà venire a crearsi un metagaming nel vero senso della parola, ovvero un'insieme di strategie condivise e riconosciute come più efficaci di altre per portare a casa la vittoria. Forse proprio per questo motivo sarà improbabile vedere Battleborn svettare nelle classifiche degli esport più acclamati.

Certo, avere una squadra equilibrata, in particolare con un support healer in partita, rappresenta un vantaggio non indifferente, visto che permette ai membri del team di curarsi senza tornare in base. Proprio da questo punto di vista bisogna tessere le lodi degli sviluppatori che, probabilmente anche grazie alla beta, sono riusciti a lanciare un titolo che offre ben venticinque personaggi vari e apparentemente ben bilanciati. Rispetto alla precedente prova, i personaggi melee non ci sono sembrati molto più difficili da gestire se confrontati con quelli dotati di armi da fuoco, e la forza delle diverse abilità è sufficientemente controbilanciata dalla difficoltà specifica nel padroneggiarle.

Ad aggiungere comunque un pizzico di strategia ci pensano le strutture da costruire sulla mappa e gli equipaggiamenti dei giocatori. Entrambi sono acquistabili in partita spendendo le cosiddette schegge, sparse principalmente sul campo di battaglia. Torrette, acceleratori di movimento e stazioni curative offrono indubbiamente un vantaggio tattico alla squadra, ma nell'economia totale di gioco il peso maggiore è rivestito proprio dagli equipaggiamenti. Ogni giocatore può portarne in partita al massimo tre, selezionabili esclusivamente prima dei match. Questi sono, se vogliamo, la prima reminiscenza del tanto amato Borderlands, indubbiamente la proprietà intellettuale più riuscita di Gearbox.

Gli equipaggiamenti sono suddivisi in categorie, ognuna delle quali offre bonus e malus differenti, anche in base alla specifica rarità dell'oggetto, distinta dalla tipica scala cromatica che va dal viola al bianco. Certo, non stiamo parlando di armi e non ci troviamo di fronte alla varietà rappresentativa di Borderlands, ma il richiamo degli sviluppatori alla propria opera è evidente. Per trovare gli equipaggiamenti, i giocatori hanno tantissime possibilità: completare le partite in multiplayer, sconfiggere i boss della campagna, salire di livello con i personaggi o con il proprio account, completare le sfide o acquistare dei pacchetti che li contengono. Quest'ultimo metodo non può che ricordare ancora una volta un sistema da free-to-play, ma in questo caso i crediti con cui comprare i pacchetti possono essere accumulati solo giocando.

Il comparto multigiocatore di Battleborn non si conclude però qui e offre altre due modalità aggiuntive, indubbiamente di minor importanza sotto il profilo dell'innovazione. La prima si chiama Fusione e in essa, come già visto nella beta, le squadre hanno il compito di scortare i minion verso il suicidio, accumulando così punti vittoria. La seconda modalità, chiamata Cattura, abbandona ancora di più le dinamiche da MOBA, abbracciando quelle tipiche degli sparatutto: un classicissimo capture the point senza ombra alcuna di un minion, che più banale di così non avrebbe potuto essere.

Azzardando una metafora culinaria, la campagna di Battleborn è la classica ciliegina sulla torta: una delizia non essenziale, ma di cui si sarebbe sentita sicuramente la mancanza. Nella modalità storia, che si può definire come un Borderlands in miniatura, gli sviluppatori di Gearbox hanno intelligentemente deciso di sfruttare alcuni canoni da loro ben collaudati. In particolare ci riferiamo al contesto fantascientifico costellato da ambientazioni fantasy coloratissime e realizzate magistralmente, ai boss giganti accompagnati da orde di scagnozzi da macello e all'ironia che trasuda da ogni dialogo. Indubbiamente l'umorismo esagerato all'ennesima potenza potrebbe non piacere a tutti, ma sono innegabili i sorrisi che alcune battute ci hanno strappato, in particolare se proferite dalle intelligenze artificiali che, come da tradizione, riescono ad essere le più divertenti.

Gli eroi melee sono bilanciati da attacchi più forti, difese più coriacee o grande agilità.

L'intera campagna può essere affrontata da cinque giocatori, anche ricercati casualmente online, benché il sistema a votazione con cui scegliere il livello da giocare ci abbia lasciati un po' con l'amaro in bocca. Su console è disponibile anche la modalità split screen, a cui i giocatori PC dovranno come di consueto rinunciare, sebbene i controller siano perfettamente supportati. Un'idea stilistica che ci ha particolarmente colpiti è quella di confezionare le otto missioni disponibili e il tutorial come se fossero puntate di una serie animata, con tanto di sigla iniziale per presentare i giocatori o in questo caso i protagonisti del cartone.

Nella sostanza si tratta di otto dungeon, caratterizzati in generale da ambientazioni curate e costituite da corridoi intervallati ad arene di medie dimensioni. Gli obiettivi affidati alla squadra o al singolo consistono nel farsi strada tra i nemici, proteggere un alleato in movimento, resistere a ondate di cattivi e sconfiggere i boss intermedi e di fine livello. Sotto questo aspetto non ci troviamo sicuramente davanti a un'innovazione del level design, ma il risultato finale è comunque soddisfacente e alle difficoltà più alte impegnerà non poco i giocatori.

Battleborn è piacevole da giocare e da guardare, tanto nella campagna quanto nel multiplayer, grazie allo stile grafico adottato. Benché il cel shading di Borderlands si sarebbe potuto adattare benissimo al concetto di serie animata, gli sviluppatori di Gearbox hanno probabilmente deciso di non emulare eccessivamente la propria opera, proponendo ambientazioni e personaggi che assomigliano a dei playset di giocattoli. In particolare gli eroi, seppur non spiccando tutti per originalità di design, sono realizzati magistralmente, con tantissime animazioni uniche e belle da vedere.

Le ambientazioni alla Borderlands si trovano ad ogni angolo nella campagna.

Considerando il livello tecnico di Battleborn e i suoi requisiti di sistema, ci saremmo aspettati prestazioni un pelo superiori sui nostri hardware. Abbiamo provato il gioco con i driver aggiornati all'ultima versione su due macchine, la prima dotata di scheda grafica GeForce GTX 970, processore Intel Core i5-4690 e 8 GB di memoria RAM, e la seconda con scheda grafica R9 280X, processore AMD FX-8350 e 16 GB di memoria RAM. Su entrambi i PC Battleborn ha girato fluidamente a 60fps per la maggior parte dell'esperienza, con una risoluzione di 1080p e dettagli impostati al massimo.

Ci hanno fatto storcere un po' il naso i repentini cali di frame-rate che si sono verificati in modo sporadico e senza apparenti motivazioni, ma che non hanno inficiato in alcun modo la giocabilità. Rimanendo sul fronte tecnico dobbiamo notare che le hitbox di personaggi ed elementi scenici sono eccessivamente voluminose, e troppo spesso ci siamo trovati a restare bloccati ingiustificatamente da barriere invisibili, una situazione abbastanza frustrante.

Battleborn, in sintesi, è un prodotto semplice da approcciare, ma in grado di offrire tanti contenuti, anche a lungo termine. L'hero shooter sviluppato da Gearbox riesce a fondere la spensierata frenesia di uno sparatutto à la Team Fortress 2 con la variabilità e la quantità di contenuti di un MOBA free-to-play. Il prodotto nell'insieme ha quindi tutte le carte in regola per intrattenere a lungo tanto i giocatori meno competitivi quanto chi ricerca una mezz'oretta di veloce divertimento adrenalinico, condito da quell'umorismo alla Borderlands che non fa mai male.

8 / 10