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Grow Up - recensione

La fiaba del robottino e della pianta magica si ripete, più bella di prima

C'è un motivo ben preciso se adoriamo crogiolarci, tanto da bambini quanto da adulti, nell'ascolto e nella fruizione di storie che già conosciamo, di cui, alla peggio, sappiamo facilmente prevederne svolgimento e conclusione. La ripetizione fa parte del nostro modo di imparare, catalogare, dare un senso e un ordine al mondo che ci circonda. Ripetere è fondamentale per la sopravvivenza della nostra specie e lo facciamo di continuo, anche quando non ce ne accorgiamo. Accade con il nostro gruppo di amici, ancorati agli stessi rituali che caratterizzava ogni uscita durante l'adolescenza; con alcune barzellette, spassosissime oggi come ieri; con certi film, di cui ormai sappiamo a memoria le battute; con moltissimi libri, utili, a cadenza regolare, a tracciare un bilancio della propria vita.

Capita la stessa cosa, ovviamente, con i videogiochi, tra saghe fedeli a loro stesse sino all'immobilismo e iterazioni il cui unico discriminante consiste nella presenza di un paio di feature inedite. Ubisoft ha fatto lo stesso con Grow Up, sequel, per non dire remake all'ennesima potenza, di Grew Home. Pessimismo e fastidio per un more of the same che, sulle primissime, sa tanto di patch riparatoria per un platform che aveva stupito, ma non convinto del tutto? Assolutamente no.

Appena atterrati sul pianeta in cui è ambientata l'avventura è difficile non farsi tornare in mente i tanti mondi esplorati in Super Mario Galaxy.

Esattamente come bambini sotto le coperte, siamo rimasti estasiati dai nuovi dettagli e sotto-trame che il secondo ascolto di questa meravigliosa fiaba ha sorprendentemente palesato. Leggete tra le righe, ovviamente, perché da un punto di vista strettamente narrativo, le cose non sono cambiate di una virgola. Il piccolo e molleggiato B.U.D. (Botanical Utility Droid) è nuovamente accompagnato da M.O.M., amorevole e premurosa I.A. che guida la navicella spaziale sui cui è a bordo, alla ricerca di nuovi pianeti le cui specie vegetali e animali vanno minuziosamente catalogate. L'esplorazione a fini scientifici subisce un drammatico arresto, quando un asteroide distrugge la stazione spaziale, catapultando il povero robottino sulla superficie di un mondo alieno con l'ulteriore compito di rimettere insieme i pezzi del vascello.

Ciò che è veramente nuovo e insieme assolutamente familiare è l'approccio, il ritmo, l'atteggiamento con cui ci si pone nei confronti dell'inevitabile scalata che ci condurrà sino al satellite del pianeta, lì oltre ogni isoletta fluttuante nel vuoto, in cui si cela l'ultimo, agognatissimo, meccanismo utile per riattivare M.O.M. in tutta la sua magnificente efficienza.

Il panorama, i colori, il tratto con cui è stato (ri)disegnato l'habitat in cui dovrete muovervi, è immutato rispetto a Grow Home. Anche il sistema di controllo, il feedback con cui si gestisce l'insicura e sincopata corsa del robottino non ha subito alcuna modifica, segno che sin dal principio ci fosse una precisa scelta di design in un incedere che non desse mai troppa tranquillità al videogiocatore.

Cover image for YouTube videoGROW UP - Trailer di annuncio E3 2016

La familiarità dei primi momenti è quasi disarmante. Si attivano i checkpoint, ci si arrampica sulle prime alture, sempre con un pizzico di fatica, si spiccano impacciatissimi salti. Esplorando i dintorni si trova infine il germoglio da cui far crescere la vera protagonista di questa storia: la Star Plant, gigantesco rampicante che con le sue fronde rende possibile la conquista dei cieli, il raggiungimento, tappa dopo tappa, delle molteplici isole che si confondono tra le nuvole e si stagliano anche oltre l'orizzonte.

Già, l'orizzonte, il primo cambiamento di questo Grow Up rispetto al predecessore. Là dove una volta c'era una minuscola distesa di terra circondata da un oceano sconfinato, questa volta avremo a che fare con un planetoide dalle discrete dimensioni. Il level design si sviluppa anche in orizzontale, con un buon numero di anfratti, catene montuose e distese di sabbia tutte da esplorare, in cerca dei soliti cristalli che donano progressivamente bonus sempre più utili alla causa.

C'è dunque una certa eterogeneità di ambientazioni, tra pendii innevati e colline grulle e avare di vegetazione, a cui corrisponde una rinnovata varietà di attività a cui dedicarsi, totalmente facoltative ai fini dell'assemblaggio della navicella spaziale.

Il ritrovamento dei già citati cristalli costituisce un passatempo a sé stante e vi costringerà a ficcare il naso in qualsiasi insenatura, grotta e depressione del terreno. Sparse per l'ambientazione, d'altro canto, troverete una serie di prove d'abilità in cui comprovare la capacità di controllare il prode B.U.D. Si tratta, per lo più, di attraversare una manciata di checkpoint entro un tempo limite, arrampicandovi, saltando, sfruttando il jetpack e sormontando ogni ostacolo naturale. Infine, naturalmente, non dovrete dimenticarvi di reperire tutte le piante catalogabili.

La colonna sonora è praticamente la stessa di Grow Home. Da questo punto di vista ci avrebbe certamente fatto piacere un maggior impegno.

Completare ognuna di queste attività renderà progressivamente la scalata verso la cima più semplice, visto l'alto quantitativo di bonus elargito. Dal radar che vi indicherà l'ubicazione dei cristalli, a generose scorte energetiche per il jetpack, basta davvero poco per rendere il robottino efficiente e più a suo agio nel saltare da una piattaforma all'altra.

Proprio a proposito si percepisce una netta differenza rispetto a Grow Home. Dove il predecessore proponeva una progressione lenta e costante, anche per alleviare la scarsa longevità, Grow Up offre piuttosto in fretta tutti gli strumenti necessari per solcare i cieli con una certa tranquillità. Questo cambio di rotta ha il grande pregio di innalzare il ritmo, di rendere l'esplorazione piacevole sin dalle prime fasi, di mettere in secondo piano alcune magagne, immutate anch'esse, del sistema di controllo, che ogni tanto si perde per strada qualche input, e della telecamera, poco reattiva in certe situazioni.

Grazie al paracadute, in dotazione praticamente da subito, persino l'eventualità in cui si perda la presa durante una lunghissima scalata, diventa un pericolo a cui si può comunque porre rimedio. Inoltre, analizzando le piante, otterrete la possibilità di piantarle ovunque vogliate, potendole così sfruttare per raggiungere piattaforme sopraelevate sia arrampicandovi, sia venendo sbalzati rimbalzandoci sopra.

Grow Up è una storia che conoscevate già, che propone un'esperienza estremamente simile al prequel. Simile, ma non uguale, fortunatamente. Gli sviluppatori hanno deciso di mantenere intatto l'apprezzatissimo art design e di riproporre lo strano incedere del protagonista. Anche l'obiettivo finale del gioco, a grandi linee, è lo stesso. A cambiare è il feeling, l'impostazione dell'avventura votata, sin dall'inizio, molto più all'azione grazie ad un campionario di mosse e abilità ben più ampio e variegato.

Il gioco trasmette miriadi di emozioni. B.U.D. è un personaggio simpaticissimo e si resta spesso ammaliati di fronte agli splendidi tramonti che si susseguono di continuo su questo piccolo mondo.

Ad ogni modo, la creatura di Ubisoft va presa per quella che è: una meravigliosa e poetica fiaba adatta ad un ampio pubblico, pur con qualche difetto anche a livello tecnico, come testimoniano i numerosi rallentamenti che di tanto in tanto spezzano la magia. I meno avvezzi si limiteranno a ricomporre l'astronave madre, godendosi gli splendidi panorami offerti da questo planetoide vergine. Gli esperti avranno di che ingegnarsi per raggiungere tutte le isole sospese nel vuoto per completare sfide, raccogliere cristalli, catalogare tutta la flora di questo affascinante mondo.

Migliore praticamente in ogni ambito rispetto a Grow Home, questo seguito saprà farsi apprezzare da tutti gli amanti dei platform e da chi cerca un'avventura rilassante da alternare ad oziose giornate al mare.

8 / 10

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Grow Up

PS4, Xbox One, PC

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Lorenzo Fazio

Contributor

Lorenzo Fazio non ha mai smesso di giocare sin dai tempi del Master System. Ha così cercato di unire l’utile al dilettevole, inventandosi giornalista videoludico. Qualcuno ci è cascato: scrive per importanti testate del settore da quasi una decina di anni.

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