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Book of Demons - recensione

Contro un Arcidemone? Dardi, magie e… carte!

Non c'è nessun posto come casa, o almeno questo è l'adagio. Eppure, alle volte le cose cambiano: al ritorno da un lungo viaggio - per esempio - si può scoprire che il vescovo del nostro amato villaggio ha combinato qualche guaio. Adesso le mucche sputano fuoco, la nostra amica d'infanzia ha imparato l'alchimia, il sacerdote di fiducia è un po' più schivo che in passato. Qualcosa non quadra, e tutti quei corvi che bazzicano tra le carcasse delle mandrie ne sono la prova.

Tramite alcuni rituali "indicibili", i demoni sono stati liberati dall'Inferno. Guidati dall'Arcidemone in persona si aggirano nelle profondità della cattedrale del villaggio (un tributo-parodia al monastero di Diablo). A noi il compito di discendere nel cuore della terra e stanarli, svelando, pian piano, alcuni piccoli retroscena di trama.

Book of Demons, si capirà già, non punta all'originalità della storia, ma sprizza ingegno - o meglio, sperimentalismo - da tutte le sue... pagine. Ebbene sì, il mondo in cui ci muoviamo è fatto di carta, di libri e di mostri che sembrano un po' origami, un po' papercraft. La cura grafica e artistica è tale che un mondo bidimensionale, grazie all'accortezza degli sviluppatori, più volte dona l'impressione di girare grazie a un motore 3D. Ma ciò che colpisce maggiormente è il modo in cui questa scelta viene spiegata in termini di atmosfera e fidelizzazione col giocatore.

Cover image for YouTube videoBook of Demons Final Release Trailer

Per capire ciò di cui parlo bisogna introdurre il progetto "Return 2 Games". Aprendo il gioco vi troverete di fronte ad alcuni leggii, facenti parte dell'Archive of Awesome. In tutto sono sette, e al momento soltanto uno è occupato, proprio dal Libro dei Demoni. L'idea è carina e ben presentata: portare in questo contenitore - dalla forma d'archivio - ben 7 giochi differenti.

C'è ovviamente un filo conduttore, anzi, più d'uno: fanno tutti parte del Paperverse e - pur avendo ambientazioni diverse - basano la propria meccanica principale sul deckbuilding e sull'utilizzo di carte. Troviamo già titoli che titillano l'immaginazione, come "Book of Aliens", ma ovviamente non sono ancora disponibili. In secondo luogo: ognuno farà da omaggio a un genere fiorente negli anni '90.

Si comincia dunque con l'Hack'n'Slash isometrico, fuso con risultati soddisfacenti al gioco di carte. Il modello cardine è Diablo, ma Thing Trunk (un promettente e piccolissimo team polacco) non è cieco agli sviluppi dei roguelike dungeon-crawler, né ai mutamenti del pubblico odierno, diverso rispetto a quello di un ventennio fa. Concorderete con noi che un fattore decisivo, tale da allontanare molti giocatori da alcuni titoli "infiniti", è proprio il tempo: la lunghezza di una run è spesso un deterrente, specialmente per chi oggi lavora.

Book of Demons riesce a evitare questa potenziale zappa sui piedi. Infatti, si può decidere preventivamente la durata delle spedizioni. Questo non danneggerà l'esperienza: il gioco è calibrato per procedere gradualmente, e proceduralmente sia chiaro, verso determinati punti di interesse: le tre Quest principali con i corrispettivi Boss di trama. Sarà possibile selezionare cinque gradi di lunghezza, che in linea di massima spaziano dai cinque ai quaranta minuti.

Ogni aspetto di Book of Demons, a cominciare dalla selezione della difficoltà, è in grado di rivolgersi a ogni tipologia di giocatore, dal mid-core al più temerario.

Diciamo "in linea di massima" perché il sistema è in grado di calibrare le sue stime a seconda del nostro ritmo. In più, saremo avvisati preventivamente della percentuale di completamento e della quantità di tesori che potremo incontrare lungo la tratta così impostata. Nel post-game è invece possibile alzare l'asticella della difficoltà, così che anche chi ama le sfide possa chiudersi, come Sebastian della Storia Infinita, nelle terre offerte dal tomo.

I dungeon sono parcellizzati, ed è possibile interromperli tra un checkpoint e l'altro senza perdere i risultati. Si può anche lasciare un'area in fretta, senza alcun backtracking fine a sé stesso e senza che la difficoltà venga alterata da questa shortcut. Gli oggetti su schermo e gli effetti incantati coesistono senza rallentamenti. Che dire, un game design che merita lode.

Prima di entrare nel dettaglio delle meccaniche, poiché c'è molto da dire su come funziona il card-system, una nota sulla colonna sonora: è stata composta da Paweł Błaszczak (The Witcher), e si sente. Il Main Theme è fantastico, e in parte orchestrale, mentre durante il gioco ci sono dei momenti canori divertentissimi e di grande effetto. Il gioco è doppiato in inglese e la traduzione italiana è fatta con intelligenza, non traducendo ciò che perderebbe d'impatto, ma tentando comunque di adattare le rime cantate.

Il gioco in sé funziona nel seguente modo: ogni dungeon ci propone una serie di tesori, mostri e mid-boss di valore e difficoltà variabile a seconda della profondità in cui ci troviamo. Percorrendo delle rotaie preimpostate (con tastiera o mouse) avremo modo di clickare e colpire gli avversari nel raggio visivo del personaggio, raccogliere oggetti e interagire con lo scenario, raccogliendo monete, aprendo scrigni e attivando trappole. Qualcosa che funzionerebbe molto bene su mobile. Trovando le scale, o alcune chiavi, si procede. Semplice e intuitivo.

Grazie al Flessiscopio è possibile prevedere la durata del dungeon selezionato, quanto in profondità saremo in grado di spingerci e la quantità complessiva di incontri e ricchezze in cui ci imbatteremo.

Si possono selezionare tre classi. Il Guerriero punta al puro hack'n'slash, l'Arciere può colpire oltre il proprio raggio visivo (e le frecce hanno una fisica molto pulita), il Mago utilizza proiettili a ricerca. Ognuno ha le sue debolezze: un guerriero rompe più facilmente le barriere fisiche, un mago più facilmente le barriere magiche. Un arciere può colpire i nemici con largo anticipo, ma se accerchiato può avere qualche difficoltà. Sono perfettamente bilanciati, ed è possibile selezionare il personaggio più vicino al proprio stile di gioco senza temere contraccolpi particolarmente gravi.

Ci sono carte di tre tipi: Oggetto, Artefatto, Skill. Le carte oggetto hanno degli usi ricaricabili, le Skill consumano Mana, gli Artefatti (veri e propri equipaggiamenti) "lockano" una data quantità di Mana, rendendola inutilizzabile dalle Skill. Le carte dunque rappresentano un modo di "itemizzare" e personalizzare il proprio arsenale, e l'idea funziona. È un sistema che regge, divertente e vario. Il difetto è che, mancando un'opzione di Shuffle/Draw dal proprio inventario, più che carte vere e proprie sono "un altro modo di chiamare uno skill-set". Osare di più sarebbe stato un rischio ovviamente, considerando che l'esperienza attuale è tanto rifinita quanto soddisfacente. Magari nei prossimi Book.

C'è un Hub, in cui è possibile consultare un bestiario, parlare con gli npc (soltanto quattro), potenziare le carte, identificare quelle sconosciute e rigenerarsi. Il Calderone permette una crescita equilibrata del personaggio: con il Level Up si può scegliere di investire in Mana o Energia, mentre ciò che non acquistiamo finisce in pentola. Spendendo denaro, è possibile rilevare i bonus nell'intuglio (nel quale possono finire tante altre cose!). Morendo, si perde il contenuto e bisogna ricominciare la raccolta.

È possibile personalizzare le penalità in caso di morte. Normalmente si perdono le proprie carte equipaggiate, da recuperate dalla propria lapide rimasta all'interno del dungeon. Non è possibile smarrirle, in quanto gli oggetti si spostano da una lapide all'altra, fino all'ultimo death point. L'ennesimo elemento che dimostra l'attenzione al giocatore con poco tempo.

Espandendo i propri Slot di carte potremo vantare di uno Skill Set invidiabile. Il mago è il più indicato per tentare AOE e danni elementali, mentre il Guerriero gestisce al meglio le Carte Artefatto.

In "Casual" non si perde nulla. Selezionando la difficoltà "Roguelike", invece, in mancanza di denaro non si potrà resuscitare, e bisognerà ricominciare il tutto con un nuovo personaggio. In ogni caso, sono disponibili tre Slot salvataggio per Classe, e tentare la modalità col permadeath non esclude una run più classica e semplice.

La rigiocabilità è elevata. Un ricchissimo comparto di Achievement (più di 200) è sostenuto anche da una Leaderboard aggiornata settimanalmente, tanto più interessante considerando gli sviluppi che avrà il progetto Return 2 Games.

La colpa che grava dopo qualche ora è un po' di ripetitività di fondo: i dungeon non hanno niente che spicca per interazione, anche se ciò non significa che manchi differenziazione. I nemici hanno tanti di quei gimmick che l'elemento hack'n'slash ne esce rinforzato dal bisogno di gestire strategicamente il proprio armamentario. Ci sono avversari con scudi fisici, da distruggere prima di poter fare danno; altri che possono essere sconfitti soltanto da vicino, o con magie elementali e status alterati; alcuni che ottengono immunità temporanea, ripristinano le proprie energie, assorbono Mana e tanto altro.

Le carte stesse offrono un buon range di possibilità, ma ai livelli alti diventano un po' troppo familiari. In tutto sono quaranta, se escludiamo i cambiamenti dati dai potenziamenti. Narrativamente parlando, quel che c'è è bello da leggere e sentire, ma - paradossalmente, perché certamente non è lo scopo del gioco - ancora più testo e uno sviluppo dell'Hub sarebbero stati graditi, e proprio perché di buona fattura.

Hub simpatica, evocativa e funzionale. A dirla tutta un po' piccola…

Insomma, un bel titolo Indie, che merita di essere provato (specialmente da chi ama il genere), e che ha un prezzo accettabilissimo. Se siete indecisi, è disponibile una Demo in cui potrete tentare la via del Guerriero. Il gioco è stato in Early Access per molto, ma i risultati si vedono: squadre come questa hanno tanto da insegnare e meritano di crescere.

8 / 10

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Book of Demons

PS4, Xbox One, PC, Nintendo Switch

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A proposito dell'autore
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Antonino Fiore

Contributor

Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.

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