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Blizzard sta cambiando e i dirigenti scappano - editoriale

Sempre più figure chiave, creative e manageriali, lasciano Blizzard. Cosa sta succedendo?

Qualcosa sta cambiando. Al di là dell'addio di Bungie Studios (e di Destiny) da Activision, anche Blizzard ha il suo bel da fare dovendo gestire diatribe interne che, spesso, risultano tangibili anche dall'esterno. La fuga di membri chiave del suo assetto dirigenziale, infatti, è stata costante nel corso dell'ultimo anno ed è difficile prenderli come casi sporadici.

Non è strano che qualche figura nota se ne vada da una grossa azienda. Per Blizzard, per esempio, è significato vedere andare via nel 2014 Rob Pardo, che ha lavorato su Diablo, Warcraft e StarCraft; Josh Mosqueira, lead game director di Diablo 3, due anni più tardi; infine, Chris Metzen, il principale scrittore di Blizzard, nel 2016, sebbene quest'ultimo per ragioni personali.

La regolarità delle recenti dimissioni, però, lascia interdetti. E se la vociferata pressione che Activision sta mettendo su Blizzard per spingerla a produrre videogiochi che possano generare un significativo ritorno economico (e a ridimensionare gli investimenti dove tale guadagno non è presente - Heroes of the Storm) è frutto di speculazioni e indiscrezioni, allora analizziamo i fatti.

Ad aprile 2018, Ben Brode, la mente dietro il gioco di carte Hearthstone, ha lasciato Blizzard dopo 15 anni di onorata carriera. Il suo addio fu presto seguito, pochi giorni dopo, dal produttore esecutivo di Hearthstone, Hamilton Chu. Soprattutto la separazione tra Brode e Blizzard ha colpito duramente lo sviluppo delle successive espansioni di Hearthstone, rivelatesi di scarso impatto rispetto a quanto venuto prima.

Ben Brode è stata la mente di Hearthstone e l'artefice del successo del gioco. Da aprile ha lasciato Blizzard e le espansioni pubblicate successivamente sono state accolte tiepidamente dagli utenti.

Sia Brode sia Chu hanno poi fondato Second Dinner, casa di sviluppo che successivamente ha ricevuto 30 milioni di dollari dalla cinese NetEase. Il suo primo prodotto, è stato annunciato, sarà realizzato su licenza di Marvel.

Rimanendo in tema Hearthstone, è più recente un altro addio, quello di Che Chou, che si è spostato verso Ubisoft. La figura di Chou, però, era più legata alla gestione del panorama esportivo attorno a Hearthstone e quindi meno significativa da un punto di vista creativo e qualitativo dei contenuti stessi del gioco.

Ora facciamo un veloce salto in avanti fino a ottobre 2018. Siamo alla BlizzCon e Michael Morhaime, co-fondatore di Blizzard, comunica al pubblico il suo addio da amministratore delegato e passa lo scettro a J. Allen Brack (produttore esecutivo di World of Warcraft). Sembrava dovesse restare in azienda a titolo onorario ma pochi giorni fa Morhaime ha annunciato che resterà fino al 7 aprile, e che poi lascerà definitivamente l'azienda che ha contribuito a rendere il colosso che conosciamo oggi.

Le ragioni dietro alla scelta di Morhaime, com'è frequente in questi casi, non sono mai state discusse. La separazione tra Blizzard e uno dei suoi padri, però, è un segnale molto forte che - lasciando da parte le speculazioni - qualcosa stia cambiando. Ossia che la Blizzard che Morhaime ha fondato nel 1991 è sia più la stessa società che abbiamo di fronte oggi. Morhaime non è più la figura necessaria a guidarla oppure la Blizzard odierna non è più l'azienda che Morhaime voleva guidare. Qualsiasi sia la ragione delle dimissioni dell'ultimo periodo, la scelta di Morhaime è senza ombra di dubbio la più rilevante.

Ahuja ha supervisionato un'operazione di taglio dei costi in Blizzard, che ha coinvolto soprattutto Heroes of the Storm: cancellata la Global Championship e investimenti sui contenuti ridimensionati.

Pochi giorni fa, poi, anche il direttore finanziario Amrita Ahuja ha abbandonato Blizzard per unirsi ai ranghi di Square, società che si occupa della gestione di pagamenti. Ahuja è anche colei che, negli ultimi tempi, ha organizzato la riduzione dei costi che ha investito in Heroes of the Storm, la cui scena esportiva è stata cancellata e i cui investimenti saranno gradualmente ridotti nel tempo, sebbene il gioco continuerà a essere supportato da Blizzard.

Tale taglio dei costi (giusto per dare un'ulteriore idea di cosa stia accadendo all'interno degli uffici di Blizzard) avrebbe significato, stando a quanto riferito, anche proporre ai dipendenti un anno di stipendio anticipato a patto che se ne andassero. Per ora, circa 100 persone avrebbero già accettato tale proposta, finalizzata a ridurre lo staff non necessario nei reparti IT e di controllo qualità.

Curiosamente negli stessi giorni anche il responsabile finanziario dell'intera Activision Blizzard, Spencer Neumann, se ne è andato per raggiungere Netflix. A ciò si è aggiunta una decisa riorganizzazione dei vertici del colosso di Santa Monica: Rob Kostich, vice presidente esecutivo e general manager di Call of Duty, è diventato presidente di Activision; Humam Sakhnini, già direttore finanziario di King, ne è diventato presidente; Dennis Durkin, direttore finanziario di Activision Blizzard, è stato nominato anche presidente degli affari emergenti della società.

Qualcosa sta cambiando. L'addio di figure chiave, specialmente creative, è generalmente associabile a un cambio di strategia. Motivo per il quale è difficile non credere alle indiscrezioni secondo la quale Activision stia cercando di plasmare Blizzard a sua immagine e somiglianza. Il gioco mobile Diablo: Immortal - accolto malamente dalla comunità, ma la cui reazione negativa è stata, forse, più frutto di una pessima tempistica dell'annuncio - potrebbe essere stato il primo prodotto della nuova strategia.

Il co-fondatore di Blizzard Michael Morhaime ha lasciato il ruolo di amministratore delegato a ottobre. Lascerà completamente l'azienda ad aprile.

Il 2019 sarà, insomma, un anno molto importante per Blizzard: sarà pubblicato il suo primo gioco mobile; Heroes of the Storm verrà tenuto a distanza; bisognerà ritrovare la scintilla di Hearthstone e "proteggere" Overwatch, a oggi la proprietà intellettuale più vivace dell'azienda, dalla flessione.

Il tutto gestendo anche, da un punto di vista finanziario, la pressione di massimizzare il profitto e tagliare i costi non necessari per diventare, prima ancora che un'ottima società di videogiochi, un'azienda capace di soddisfare gli azionisti.

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Massimiliano Di Marco

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Aspetta la pensione per recuperare la libreria di giochi di Steam. Critica qualsiasi cosa si muova, soprattutto se videoludica, e gode alla vista di Super Mario e Batman.

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