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Braid

Perduto è tutto il tempo che in amor non si spende.

Vediamo un po'... dove eravamo rimasti? Ah sì, alle pagine e pagine di sperticate lodi spese più di un annetto fa per il debutto su Xbox 360 della raffinata e cervellotica fatica di Jonathan Blow: un videogame assolutamente unico e geniale (nel senso più intimo del termine!), capace di lasciare il segno quanto pochi altri prodotti nella storia.

Perché Braid ti entra dentro, stregandoti con il suo essere cerebralmente barocco e con la sua anima machiavellicamente bastarda. L'idea di fondo è semplice ma non per questo scontata o banale, visto e considerato anche e soprattutto l'award in "Innovation and Game Design" vinto all'Independent Games Festival del 2006 addirittura ancor prima che il gioco venisse sviluppato nella sua interezza: dar vita a un platform 2D all'apparenza classicheggiante in cui elementi puzzle tutt'altro che accessori consentano all'utente di sperimentare e pasticciare con la nozione di tempo.

Peccato soltanto (anzi, per fortuna!) che la stessa apparenza classicheggiante nasconda un cuore che proprio tanto ordinario non è, tra acuti omaggi e rivisitazioni metalinguistiche (il livello ispirato al primissimo, immortale Donkey Kong è roba da non dormire la notte per la meraviglia) e assurdi virtuosismi temporali destinati a far sembrare i viaggi nel tempo delle ultime stagioni di Lost ridicoli capricci partoriti da un bambino di 8 anni o dal peggior Ron Hubbard.

Ognuno dei 6 splendidi mondi che compongono Braid è infatti legato a un particolare effetto di distorsione cronologica, col risultato di mantenere inalterato per tutto il corso dell'esperienza il senso di sorpresa e imprevedibilità dell'insieme. Dinnanzi a enigmi apparentemente impossibili sbatterete la testa più e più volte, vi arrovellerete per ore (anche a console rigorosamente spenta, visto l'ampio respiro e la natura spesso puramente "teorica" delle sfide proposte), per poi giungere a una soluzione che puntualmente si svelerà lasciandovi a bocca aperta per la sua innata e sconvolgente ingegnosità.

I mesi di attesa saranno stati lunghi e dolorosi ma vi consolerete con un sconto di 5 Euro rispetto al prezzo originale.

Braid saprà insomma coinvolgervi, stuzzicarvi ed estasiarvi senza soluzione di continuità, in un empatico susseguirsi di stimoli e di emozioni assolutamente fuori dal comune: col passare degli stage l'enigmatica storia del problematico Tim finirà per smettere di essere un mero pretesto platformico per divenire una sfaccettata metafora con svariate chiavi di lettura, all'insegna di una complessità purtroppo ancora atipica per il medium videogioco.

A prescindere dal gameplay ammaliante, parte del lirismo della fatica di Blow deriva anche dalla superba direzione artistica del progetto: il talento di David Hellman è stato impiegato per delineare un universo malinconico e straniante in cui clessidre rotte e oggetti arrugginiti convivono, non senza contrasti, con paesaggi sospesi nel tempo. Senza contare i colori a olio con cui sono tratteggiate le suggestive location e l'evocativa soundtrack orchestrale, elementi che aggiungono ulteriore pathos e atmosfera a una produzione già strepitosamente passionale e comunicativa.

Braid era e continua a rimanere un paradigmatico capolavoro: un'opera complessa, viscerale, mentalmente arzigogolata che di certo non potrà lasciarvi indifferenti. Se siete possessori di una PS3 non avete più scuse: fate a tutti i costi vostro uno dei videogame più straordinari degli ultimi anni, con soli 9.99 Euro il vostro bagaglio ludico si arricchirà di una gemma che ricorderete davvero per sempre.

10 / 10