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Dragon Age: Origins

Baldur's Gate ha finalmente trovato il suo erede.

Come avrete capito, una volta di più, se non fosse bastata la review di Halo 3: ODST, sono un grandissimo amante delle premesse. Necessarie per capire l’approccio iniziale al gioco nonostante, ovviamente, per una buona analisi occorra svestire i panni del fanboy e fare i conti con la realtà.

Tagliamo subito la testa al toro comunque: se vi siete rivisti in ciò che avete letto finora, smettete di leggere anche adesso e andate a comprare tranquillamente Dragon Age, in qualsiasi versione vi consenta di giocare.

Vi fregherete bellamente di un comparto tecnico “solamente” quasi buono, specialmente su 360, che “sbatte” terribilmente con una produzione titanica nella sua interezza, in grado di regalare tranquillamente 100 e passa ore di gioco di altissimo livello: una goduria totale, tranne che per gli occhi.

Si perché l’Eclipse Engine, al debutto dopo i bei tempi andati dell’Aurora, a lungo andare evidenzia tutti i suoi limiti con occasionali cali di framerate nelle situazioni più concitate (non su PC, con una configurazione adeguata) e problemini vari a livello di gestione degli elementi a schermo.

La vasta mappa di gioco vi porterà a visitare location meravigliosamente definite e caratterizzate in maniera impeccabile, costruite da BioWare con anni di preproduzione dedicata unicamente al setting.

I modelli dei personaggi sono decisamente inferiori a livello di qualità rispetto a quelli di Mass Effect, che visto girare da vicino sembra di fatto il lavoro di un altro team (in realtà poi è proprio così ma ci si aspetterebbe qualche punto di contatto in più tra i due cuginetti…).

Questi forse gli unici appunti negativi di un certo rilievo, che comunque scompaiono seppelliti da un’offerta talmente colossale e curata da non poter costituire in alcun modo un problema per chi fosse in cerca di un’esperienza ludica da ricordare a lungo.

Da questo punto di vista infatti, Dragon Age: Origins è la summa perfetta di tutto ciò che un appassionato potesse sperare: profondissimo, bilanciato alla perfezione nonostante la natura multipiattaforma, appassionante, artisticamente eoni avanti qualsiasi altra cosa, coinvolgente.

A differenza del passato, BioWare propone un mondo inedito, corrotto dal male, con un’architettura dark e tematiche adulte: menzogne,tradimenti, tragedie assortite e sangue a fiumi, sono alla base della ricetta proposta da Muzyka e soci, in questo setting scritto da zero (in quasi 3 anni), che attinge a piene mani dall’opera tolkeniana ma che, come da pronostico, brilla di luce propria tanto da assicurare un roseo futuro cross mediale fatto di romanzi (già disponibili), giochi da tavolo e, ci auguriamo, pellicole. Diciamo che Dragon Age da questo punto di vista sta a Il Signore degli Anelli, come Mass Effect sta a Guerre Stellari.

Il tema musicale, semplicemente epico, contribuisce a immergersi in una favola interattiva fatta di effetti sonori eccezionali e dialoghi perfetti resi al meglio da un doppiaggio magnifico (con sottotitoli in italiano), sullo sfondo di location pulsanti di vita (con qualche invisibile barriera di troppo a limitare l’esplorazione), in cui fare dozzine di incontri interessanti, con personaggi caratterizzati magistralmente e tantissime cose da scoprire, racchiuse in un database unico.

Un database che ricalca il Codec dello stesso Mass Effect: una sorta di enciclopedia in continuo aggiornamento che risulta molto di più che un accessorio rivelandosi uno strumento fondamentale per calarsi nell’ambientazione in pieno, seguendo la via delle “origini” per l’appunto, che danno il titolo al gioco.