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Heavy Rain

Il momento delle risposte.

L’approfondimento sul carattere e sulla personalità di ogni protagonista nella sua quotidianità, oltre a essere fondamentale per una totale comprensione della loro evoluzione psicologica nelle ore successive, è infatti molto importante per apprezzare, in ogni sua più piccola sfaccettatura, la storia che ci si trova a vivere.

L’avventura tratta infatti tematiche molto forti, tematiche che, proprio come nella realtà, necessitano di tempo per essere “metabolizzate” nella loro interezza. In questo senso Quantic Dream non ha fortunatamente lasciato davvero nulla al caso, trattando ogni frangente con grande profondità narrativa, oltre che con una cura per i dettagli davvero maniacale. Il risultato? Una realtà di gioco viva e pulsante, e soprattutto credibile.

L’aspetto più affascinante del prodotto riguarda però la libertà decisionale che si riflette tanto sull’interazione con gli altri personaggi, quanto sull’approccio da adottare nelle varie situazioni proposte. Come detto vi sono però diverse limitazioni imposte dagli sviluppatori, ma paradossalmente, a fronte dell’ottima realizzazione, faticherete nel rendervene conto.

In poche parole si tratta quindi di una linearità di fondo “mascherata” dalla possibilità di affrontare specifici frangenti con un diverso approccio, che permette di influenzare non solo lo svolgimento del capitolo affrontato, ma anche gli eventi successivi. Le varianti sono davvero molteplici e portano a conseguenze non sempre prevedibili.

Relazionarsi con quest'uomo potrebbe non essere facile neanche per i giocatori più ''diplomatici''.

Impersonando Norman, ad esempio, potrete gestire liberamente il rapporto con un suo “collega”, appoggiando il particolare modus operandi di quest’ultimo, o magari schierandovi contro di lui, inasprendo inevitabilmente il rapporto. Purtroppo fornirvi informazioni più dettagliate sulle possibilità d’interazione porterebbe a inevitabili spoiler, perciò vi basti sapere che, nella maggior parte dei casi, i personaggi potranno riflettere le vostre naturali attitudini per ciò che concerne l’interazione interpersonale.

Tutto questo fa dunque sì che la caccia all’Assassino dell’Origami diventi un viaggio personale e unico per ogni giocatore, il quale potrà sviluppare il proprio percorso nella maniera che riterrà più opportuna. In fondo non è forse questo che la maggior parte di noi cerca da un videogame?

Sul fronte del gameplay, il particolare sistema di controllo proposto dagli sviluppatori, fatto prevalentemente di QTE (ogni azione contestuale o movimento è legata a uno o più tasti, al movimento dello stick analogico destro, o all’inclinazione del SixAxis) si dimostra di buona fattura, pur risultando innegabilmente macchinoso e “scomodo” nella gestione diretta dei personaggi (ovvero quando ci si trova a farli camminare da un punto all’altro).

Superate comunque le “difficoltà motorie” dei quattro protagonisti, è importante sottolineare come la presenza di un così alto numero di QTE non sia affatto un limite, bensì un pregio per il gameplay, in quanto favorisce un naturale processo d’immedesimazione, atto a trasmettere ai giocatori le sensazioni provate dal proprio alter ego nel corso dell’avventura.