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Samurai Shodown Sen

Una katana senza filo né anima.

Tanti anni fa, quando Capcom e SNK erano in piena lotta a suon di picchiaduro per il dominio delle sale giochi, la saga di Samurai Showdown seppe affascinare un gran numero di utenti grazie al design accattivante, al gameplay più strategico rispetto ai diretti concorrenti e, soprattutto, al fatto di essere il primo picchiaduro 2d a inserire delle armi nelle dinamiche dei combattimenti.

Aggiungendo un elemento extra ai classici combattimenti a mani nude, SNK riuscì a creare un gameplay lento ed equilibrato, dove un unico attacco ben assestato poteva causare seri danni al diretto rivale.

Nel corso degli anni il successo ottenuto dal primo Samurai Showdown spinse i programmatori a realizzare molti altri capitoli, alcuni più riusciti, altri meno, fino al triste debutto nel mondo delle tre dimensioni. Dopo migliaia di duelli combattuti sul campo di Street Fighter e soci, le nuove prospettive del ring di Virtua Fighter, Soul Calibur e tanti altri picchiaduro 3d, si rivelarono poco adatte alle dinamiche care alla serie di cappa e spada della SNK, che non riuscì a imporsi sull'agguerrita concorrenza.

La legnosità delle animazioni si può percepire perfino dalle immagini.

Nonostante questo, tuttavia, il masochismo di SNK spinse la casa nipponica a realizzare altri episodi secondo questa misteriosa strategia, e Samurai Showdown Sen è solo l'ultimo di una serie di picchiaduro brutti da giocare e, nella maggior parte dei casi, ancora peggiori da vedere.

Quello che lascia di sasso di questo titolo è la povertà generale, sia sul fronte visivo che su quello del gameplay vero e proprio. Sarà per il fatto che il progetto era inizialmente stato pensato per il Live Arcade, sarà per il poco impegno dei programmatori, sarà per mille altri motivi, ma Sen è uno dei picchiaduro graficamente meno curati che mi sia capitato di vedere nell'attuale generazione. Sotto alcuni versi ci sono giochi visivamente superiori a questa prova di SNK Playmore perfino nella passata generazione di console.

Dopo aver inserito il disco e aver assistito alla presentazione, si viene accolti da un menu piuttosto curato, che mette in bella mostra le meravigliose illustrazioni dei personaggi della rosa del gioco.

Gli animali che da sempre accompagnano alcuni personaggi non sono mai presenti su schermo, e appaiono solo quando chiamati per eseguire alcuni attacchi.

L'ottimismo continua anche una volta avviata la prima partita alla modalità storia, quando ci si trova di fronte a una schermata di selezione ricca, variegata e impreziosita dalle eccezionali illustrazioni di cui sopra. Qualche secondo di caricamento e il disappunto colpisce inesorabile. Bastano davvero pochi secondi per rendersi conto di trovarsi di fronte a un gioco povero e pieno di difetti.

Pur ritraendo le solite ispiratissime ambientazioni del Giappone feudale, le arene appaiono scarne e prive di dettagli, al punto da poter essere quasi paragonate a quelle della versione HD di Soul Calibur, uscito qualche mese fa su Live Arcade.

A questo si aggiungono dei modelli poligonali goffi, grezzi e scarsamente animati, che durante i combattimenti sembrano quasi imbarazzati di portare questa o quella tecnica, consci del fatto di essere vittime di una realizzazione non felice. Per gli appassionati del genere, che nei capitoli 2d della serie hanno apprezzato il design ispirato, i colori e le animazioni dei vari lottatori, trovarsi di fronte a un simile prodotto è quasi doloroso.

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Filippo Facchetti

Contributor

Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.
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