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Hard Reset

Il ritorno al futuro degli FPS.

Man mano che proseguirete nei livelli verrete poi aggiornati sugli obiettivi da seguire dai vostri fidi uomini tramite comunicazioni sull'HUD di gioco, così che il vostro incedere non perda quella rapidità richiesta per godersi appieno l'avventura, al cui interno trovano spazio anche alcune (poche) fasi platform e qualche semplice enigma.

La difficoltà generale, com'era logico attendersi, è piuttosto elevata, sebbene sia possibile scegliere fra quattro diverse calibrature, più una che viene sbloccata portando a termine il gioco. Questo, unito ai vari achievement, porta la longevità a un buon livello, sebbene essa sia purtroppo assestata sui poveri standard moderni.

Anche il sistema di salvataggio concede poco o nulla al giocatore, basandosi su un sistema di checkpoint automatici, spesso però mortalmente lontani gli uni dagli altri, tanto che non di rado vi troverete a dover riaffrontare una sfida particolarmente impegnativa che speravate oramai di aver messo alle vostre spalle.

Niente che a conti fatti possa però definirsi frustrante, e questo grazie a due grossi punti a favore di Hard Reset: da una parte troviamo l'intelligenza artificiale dei vostri nemici, che difficilmente vi farà vivere due scontri identici grazie ai diversi approcci e ai pattern che i programmatori hanno cordialmente pensato al fine di farvi la pelle. Dall'altra troviamo la struttura dei livelli e la loro varietà, che mantengono sempre vivo l'interesse del giocatore, concentrato a trovare strade e appigli per uscire vincitore dalle difficili situazioni in cui viene coinvolto.

Giusto per terminare in bellezza con l'effetto amarcord, alla fine di ogni livello vedrete una schermata riassuntiva con il numero dei nemici uccisi, quello dei segreti trovati e via di questo passo, per terminare col punteggio dato alle vostre imprese: esattamente quella serie di statistiche perfettamente inutili ai fini del gioco ma capaci di dare parecchia soddisfazione al killer di turno.

Anche volendo azzerare quanto di buono detto finora, nel momento in cui ci si trova ad analizzare il lato tecnico non si può evitare di porsi un'ulteriore domanda, la cui risposta è potenzialmente rischiosa: sono i ragazzi di Flying Wild Hog ad essere dei fenomeni oppure dobbiamo prendere atto che spesso chi programma si adagia sugli allori?

Basato su un motore proprietario, Hard Reset riesce infatti a dar vita ad un prodotto di livello eccellente, con effetti grafici, ombre, modelli poligonali, scenari interattivi e altre n-mila caratteristiche con una fluidità a tratti disarmante.

Cosa ancora più eccezionale è che durante ogni partita e ogni livello, nonostante la copiosità dei dettagli, la gestione degli ambienti e delle dinamiche di gioco non mostra il minimo tentennamento neanche nella situazioni più concitate, e questo quasi a prescindere dalla vostra macchina. Questo anche in virtù della dimensione dei livelli, che sono gestiti in maniera molto furba, sembrando più grandi di quanto effettivamente non siano.

Un video di gameplay di Hard Reset.

Quando allora si arriva alla fine di un gioco come Hard Reset, sviluppato da un team indipendente e offerto a un prezzo che possiamo considerare budget (27,99 euro), la domanda che viene naturale porsi è se abbia ancora senso seguire la scia dell'hype oppure se sia meglio passare il proprio tempo a spulciare il catalogo di uno Steam qualunque.

Tolta la mancanza del multiplayer che a qualcuno farà storcere il naso, Hard Reset rappresenta infatti in questo momento il più degno esponente di una scuola FPS che oramai i più consideravano morta e sepolta.

Il voto che vedete sotto riportato è una logica conseguenza di quanto detto nella recensione: sta a voi scegliere se tornare gloriosamente al passato oppure voltare per sempre la pagina dei tempi che furono.

8 / 10

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A proposito dell'autore
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Roberto Bertoni

Contributor

Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.

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