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20 anni di Baldur's Gate, un reame indimenticabile - articolo

Una pietra miliare nella storia dei CRPG.

C'è un po' di mistero intorno a questa data, ma oggi ricorre il compleanno di Baldur's Gate. L'occasione è ghiotta per parlare dei Reami Dimenticati, della mai troppo battuta Costa della Spada, di Dungeons & Dragons e dei passi da gigante compiuti dai Computer-Rpg.

Sono anni d'oro per i giochi di ruolo cartacei. Dall'uscita della Quinta Edizione di D&D, nel non troppo lontano 2014, Wizards of the Coast ha vissuto una crescita innegabile, un boom di acquisti e nuove - chiamiamole - leve che non si vedeva dal 1997, anno dell'acquisizione di TSR Hobbies.

Il 2017 è stato interessante in questo senso e alcuni stravolgimenti, i giocatori veterani, li han visti in atto già da un po'. Nel bene (un profluvio di podcast) e nel male. Nuove fasce di giocatori corrispondono a nuovi problemi, richieste e soprattutto cambiamenti necessari... con conseguente resistenza alle novità.

Sia per l'aiuto dato dagli altri media - come non nominare il primo episodio di Stranger Things - sia per un'apertura maggiore dei giocatori, DnD non è più questa stranezza di nicchia, da esorcizzare sotto lo scantinato. Persino sul fronte commerciale giungono certe pressioni: non a caso Ravnica (ambientazione di Magic) ha oggi una Guida legata al mondo di Gygax e Amerson.

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Le sessioni di Adventurers League, una serie di piccole avventure regolamentate proprio da Dnd Wizard, pur con qualche problema di meta-gioco e bilanciamento, hanno una certa affluenza in tutta Italia. Inutile dire che questa crescita di interesse è andata di pari passo con quella, tutta lovecraftiana, di altri sistemi storici come Call of Cthulhu. Il successo dei due grandissimi pilastri si è esteso ad altri titoli, più tecnici e specialistici; oppure, sul fronte diametralmente opposto, universali e interpretativi (come Fate). È diventato più facile, un po' per tutti, trovare Master e giocatori.

Dungeons & Dragons è - è sempre stato - la facciata di un mondo infinito: è la mano raggrinzita di un mentore magico che chiama all'avventura. Può essere la metafora dell'amico di fiducia, che avendo già letto il Manuale del Master e lontano dal mondo dei videogiochi, propone una campagna al suo giro d'amici. Ma può anche essere un Gandalf tutto digitale, e allora ecco il Gorion di Baldur's Gate. O un maestro Jedi, e allora ecco il bellissimo Kotor. Due capolavori di casa Bioware che si basano rispettivamente su Advance Dungeons & Dragons l'uno, D&D 3 l'altro. Ovviamente con qualche modifica, ma anche con incredibile fedeltà al D20.

Per i videogiochi del genere la situazione è stata simile, appunto. Skyrim, con la sua imponenza, Fallout e Mass Effect, con la loro vicinanza agli sparatutto, hanno attratto un pubblico lontano dalle avventure isometriche dei Crpg anni 90. Il paragone immediato, tra Fallout 2 e Fallout: New Vegas, giochi vicini e lontanissimi, può dare idea del movimento qui inteso. Molti han visto la serie crescere, ma molti altri l'hanno vissuta a ritroso.

L'interfaccia intuitiva, lo scenario ricco e i dialoghi estesi del Baldur's Gate originale, sono ancora oggi validi. Certo, di fronte ai fuochi delle locande di Candlekeep, la nostalgia si fa sentire.

C'è un interscambio tra format differenti non trascurabile, spesso si arriva alla creazione di vero e proprio merchandise. L'intermedialità di cui parliamo ha portato alla nascita di tabletop a sfondo videoludico o ruolistico, che spesso hanno giusto l'aura dei loro padri e non sono neanche più giochi di ruolo a tutti gli effetti (ma che, a scanso di equivoci, possono essere ottimi dal punto di vista ludico). Il pubblico si sposta da un mezzo all'altro, e questo è un bene, garantisce diffusione e il passaggio generazionale.

Baldur's Gate, in tutto questo, è stato uno dei primi videogiochi a fare le cose per bene. Sarebbe presuntuoso fare un podio per capire chi, tra Elder Scrolls, Ultima, Fallout e altri giochi di Interplay/Sierra/Bethesda e altri Grandi Antichi, abbia influito maggiormente sul gdr occidentale. Piace pensare che sia una staffetta, una lunga marcia in cui ognuno continua a mettere del suo, e che questo processo sia cominciato già dalla fine degli anni 80.

Oggi, ma è lecito non essere d'accordo, BG ha fatto il suo tempo. E questo nonostante il blasonato seguito e l'Enhanced Edition provino a snellirne la macchinosità. In ogni caso, provando a metterlo di fronte a chi - prima di lui - ha tentato di trasporre i Forgotten Realms su Pc, ne esce vittorioso. Eye of the Beholder, la saga di Pool of Radiance, il primo Blood & Magic, non potevano ancora dare l'idea di grandezza, libertà e world building che da Baldur's Gate.

Armi, oggetti rapidi, equipaggiamento, statistiche, denaro e peso trasportabile. Può apparire confusionario ma tutto è dove deve essere.

Mai nessuno prima d'allora era riuscito a fondare una base così solida per l'esplorazione di uno dei setting High-Fantasy più noti di sempre, complice anche l'Infinity Engine e la molteplicità grafica che poteva garantire. Val la pena nominare a tal proposito il successivo Odyssey Engine (Kotor), seguito dall'Aurora/Electron (Neverwinter Nights, ma è stato anche la base di The Witcher).

Pur potendolo giudicare legnoso, perché le pause strategiche non equivarranno mai al controllo mediato da un'interfaccia responsiva (in questo Icewind Dale, spesso bistrattato ingiustamente, è più maturo), è cecità non ripensare a come, in pochi anni, proprio da Baldur's Gate sia nato un patrimonio narrativo eccezionale. BG e BG II propongono un'ottima Quest e ottimi villain, certo molto classici ma anche ben approfonditi. Da queste basi è nato il seguito; è nato Planescape: Torment, vero e proprio culto; e in questa tradizione si ascrivono l'amatissimo Dragon Age, Neverwinter e l'originale sintesi Steampunk/Fantasy di Troika Games: Arcanum.

Oggi sappiamo che adattare al cento per cento un sistema cartaceo in un mondo di bit crea le sue falle, specialmente quando si parla di manuali old school e punitivi come AD&D, nel quale essere accerchiati portava facilmente alla morte del proprio party. Lo sappiamo grazie agli sforzi di questi antesignani del genere, che dal timido e forse troppo ambizioso tentativo di rappresentare mondi in continuo movimento, con battaglie real-time, hanno gradualmente riproposto sempre più fedelmente sensazioni, situazioni e atmosfere tipiche del gioco su tavolo.

Ogni oggetto vanta di lunghe descrizioni. Non mancano lettere, libri e pergamene consultabili, per non dimenticare il diario dell'avventura.

Spesso il pen&paper ha una natura combat-driven e molto tattica, non solo interpretativa. Non si può trasporre di netto in alcun modo, tra l'altro affidandosi alla matematica di un Ruleset pensato per funzionare col lancio dei dadi e con la capacità - tutta umana - di leggere le situazioni, adattandosi di momento in momento per garantire la soddisfazione dei propri giocatori. Non sempre "mouse e tastiera" possono tutto, ma un passo alla volta i risultati si sono visti. Oggi le priorità sono più chiare e definite, quel che accade meno sibillino e incontrollabile.

L'rpg che punta al dungeon crawling in linea di massima sa già su cosa concentrarsi, stesso dicasi per quello che punta alla trama innovativa, al gioco politico oppure a un combattimento coinvolgente. Pillars of Eternity - per dirne uno - è ancora vicinissimo alla lezione di Baldur's Gate, ma le evoluzioni tecniche pesano in positivo sull'esperienza complessiva.

Chi bazzica i crpg, si sa, ha la sua personale scala di valori, preferenze e approccio al gioco. Qualcuno li trasforma in hack'n'slash, qualcuno cerca di viverli come esperienze sandbox; qualcuno ama sterminare villaggi, qualcun altro è un paladino ligio al dovere (e al plot).

L'Enhanced Edition dà un ritocco di grafica e risoluzione (resta qualche problema legato allo zoom), aggiunge opzioni in fase di creazione PG e corregge molti bug.

Per chi non avesse giocato mai Baldur's Gate, e per chiudere in tono celebrativo, val la pena ricordare alcune qualità che reggono la sfida degli anni, a prescindere se siano innovative o riproposizioni di elementi già collaudati (e soprattutto, a prescindere dai gusti). Perché, va pur bene problematizzare, ma la torta di Bioware ha davvero tanti strati, e conviene ringraziare chi ci ha offerto per anni un piatto così gustoso.

Innanzitutto sulla scrittura. Nel corso degli anni, per analogia, è diventata sempre più evidente la limitatezza di approcci alle situazioni permesse da BG: raramente si può risolvere sul Carisma. Questo non significa carenza di script. Più cresce il mercato più assistiamo a un ritorno invasivo alle missioni procedurali, che spesso appiattiscono le quest e di conseguenza il mondo di gioco, causando inutile - e più fastidioso che convincente - backtracking. Basti pensare a Fallout 4.

Le procedurali nascevano, soprattutto, per sostenere i ritmi (anche economici) dei primi Mmorpg; erano un mezzo per garantire longevità al mondo rappresentato. In Baldur's Gate persino le missioni secondarie sono scritte - per quanto spesso con esiti prevedibili - di prima mano. Ed è un pregio da tenere a mente, perché un'attenta scrittura garantisce più libertà d'approccio e immersione rispetto a una lista di fetch quest random. Non che siano da bandire: da limitare pesantemente, quello sì.

Visuale isometrica, foreste colorate, suoni ambientali e un party armato fino ai denti. Cosa volere di più?

Tra la fortezza di Candlekeep, il villaggio di Nashkel e i cancelli di Baldur, luoghi della trama principale, ci sono tantissime zone secondarie ricche di eventi, incontri, personaggi reclutabili e PNG interessanti. Un po' troppi in fuga da minacce assurdamente vicine, a dire il vero, ma come dimenticare lo scultore Prism, folle ladro di smeraldi, ricercato dallo spietato Greywolf? La temibile lama 'Cuore di Golem', capace di causare incubi rivelatori? L'incontro con Drizzt, personaggio nato dalla penna di Robert A. Salvatore? Volothamp, nato dalla penna di Ed Greenwood, del quale la 5e di D&D ci regala un manuale dei mostri? Insomma: densità è la parola che viene in mente pensando alla Costa occidentale rappresentata dal capolavoro di Bioware.

L'elenco di magie, sbilanciato per potenza eccessiva (ma alzi la mano chi non ha mai fatto largo uso di Sonno e Charme durante una campagna), è anche sbilanciato per ricchezza. È incredibile, soprattutto per l'anno d'uscita, la quantità di incanti a disposizione, come è incredibile la libertà di Razze e Classi selezionabili. Creare l'alterego è un piacere, a prescindere dalla nostra dimestichezza con la struttura tecnica sottesa agli scenari. E parlando di varietà, ogni foresta e montagna ha il suo tocco: la sensazione d'esplorare un regno pieno di - ehm - segrete e draghi, è palpabile.

Persino lo spettro della reputazione è solido, così solido che assoldando un Drow dalla buona morale, per via del suo aspetto e del suo retaggio, saremo visti con diffidenza. E il ritmo di gioco, una volta che "cresce dentro", ha ancora il suo fascino senza tempo.

Una cutscene dell'Enhanced Edition. Pensare al gioco di ruolo è pensare a una storia raccontata davanti a un fuoco da campo.

Per quanto riguarda la colonna sonora, il tema principale è... Il tema principale. Ha la stessa potenza dell'intro di Morrowind, al primo ascolto catapulta nel mondo di gioco, imposta la vibrazione epica. Il resto dell'OST trasmette un senso di urgenza, mistero e pericolo che ben si amalgama ai suoni dell'ambiente.

I lettori perdoneranno la mia ambivalenza su questo titolo, ma per gli amanti del genere è qualcosa che capita inevitabilmente. Si può criticare Planescape perché story-driven, con tanto di protagonista già determinato? Si può criticare Baldur's Gate per via delle dinamiche connesse ad AD&D? Alla fine, comunque sia, ogni campagna ha il suo master, il suo giullare, l'oste baffuto che lava i bicchieri. Qualcosa va bene, qualcosa un po' meno: nulla nega l'importanza della storia vissuta. E dopo le cappe, le spade e le bevute in locanda, come direbbe Gaiman, alla fine qualcuno deve pur chiudere, raccogliere le sedie e spegnere la luce. Ops, le candele.

Avatar di Antonino Fiore
Antonino Fiore: Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.
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