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20 anni di Super Smash Bros. - articolo

I primi passi del grande picchiaduro di casa Nintendo!

Masahiro Sakurai, il padre di Kirby, nel 1996 propose timidamente il suo picchiaduro, al quale lavorò con maggiore intensità dal 1998.

Oggi, alla maniera degli Ice Climbers, ha ormai scalato le tempestose cime del mercato, con sequel tra i titoli più amati in circolazione. Smash è il fior fiore dei party game, e grazie alla recente introduzione degli Stage Omega, è maturato enormemente anche sul fronte competitivo.

Certo, si può rivangare la frenesia di Melee, o l'intero Project M, ma l'ultimo titolo all-inclusive, piuttosto che d'una «Final Destination», ha tutto l'aspetto di un nuovo inizio.

Su Ultimate vi rimandiamo alla nostra recensione e all'analisi tecnica, sia mai siate ancora indecisi!

Questa giornata è però dedicata al capostipite, a quel primo capitolo che nell'intenzione originale doveva chiamarsi Dragon King, nome un po' anonimo tratto dal luogo natale dell'HAL Laboratory, la cittadina di Ryūō.

La schermata iniziale originale, con tanto di fiamme in movimento, era presentata dal primo Announcer (e voce di Master Hand): Jeff Manning.

In cerca di un selling point vincente venne trasformato in un crossover e uscì su N64, con meccaniche innovative e oggi imitatissime. Miyamoto accettò, contro ogni aspettativa, di dare il permesso di utilizzare Mario in fase di testing, pur con qualche riserva. Iwata, a riprova del suo acume editoriale, era già il «capitano della nave», secondo le parole dello stesso Sakurai.

C'era il rischio concreto di dare alla luce un prodotto poco adatto al mercato casalingo, un flop che non sarebbe stato ben recepito. Gli eventi, come ben sappiamo, presero tutt'altra piega.

Partiamo dai seguaci, per poi concederci, per gioia esplorativa, un raffronto tra quel che è stato e quel che è. Vengono subito in mente Rivals of Aether, Brawlout e Brawlhalla. Qualcuno ricorderà Battle Stadium D.O.N e - giacché si parla di arene - Playstation All-Stars Battle Royale.

Ognuno di questi sfidanti (o pupilli) prova a dire la sua, ad aggiungere il suo roster fatto di glorie olimpiche e celebrità videoludiche alla battaglia; volendo includere anche altri progetti - più o meno amatoriali - la lista aumenterebbe a dismisura.

Cos'aveva di innovativo, Smash Bros, tanto da creare una variante del fighting game? La risposta ovvia è la nota meccanica di ring-out, la risposta seria è la profondità strategica dietro l'accessibilità, una qualità che spesso si scopre soltanto accedendo al vasto ambiente fatto di tornei, Tier List e (Wombo) Combo contest.

Tra Smash 64 e Melee passano soltanto due anni, sufficienti ad apportare cambiamenti epocali. Chi si unisce alla lotta per la prima volta, magari dà per scontate alcune funzioni: lo Smash Finale, gli attacchi speciali laterali, la possibilità di caricare i colpi Smash.

La descrizione dei trofei di Melee è scritta niente poco di meno che da Shigesato Itoi, la mente dietro Mother.

La saga è diventata sinonimo di una certa ricchezza di scenari, modalità e personaggi, e vien da sorridere pensando agli albori. A maggior ragione che quasi tutte le arene e le colonne sonore originali adesso fanno parte di Ultimate, incluso il tanto atteso - e bellissimo - tema dello scontro con Master Hand.

Nel 1999, quando Super Smash Bros. venne presentato al pubblico, potevamo scegliere ben dodici personaggi, di cui quattro segreti, e spiccavano Captain Falcon e Ness, che per la prima volta avevano un modello 3D. Non mancavano gli amati protagonisti delle serie più note: da Pikachu (nella sua forma grassoccia) a Link (adulto, da Ocarina of Time).

Pur sfoggiando un pesantissimo Donkey Kong, mancavano villain storici come Ganon. Bowser e King Dedede erano stati progettati, ma per via di una certa fretta - il gioco doveva uscire nel periodo natalizio - vennero messi da parte o ridotti a cameo.

La gestione degli item poteva essere sbloccata soltanto dopo aver concluso 100 battaglie in Versus Mode, una ricompensa particolare figlia del suo tempo. Al martello da DK oggi è affiancata la versione dorata di Wrecking Crew. Facevano la loro prima e permanente comparsa la mazza Home-Run, il respingente e la bomba di prossimità.

Persino il ventaglio, che molti giocatori di Brawl ricorderanno con fastidio, se non astio, nasce per Smash 64. Si poteva giocare in base al punteggio o in base alle vite, non era stata ancora implementata la modalità Stamina (anche se Master Hand aveva i suoi HP) ma erano già presenti sfide atipiche, contro avversari giganti o d'acciaio.

Le Poké Ball facevano già il buono e il cattivo tempo ma nascondevano soltanto 13 Pokémon contro i 55 attuali (senza contare gli Assist Trophy, altri 59 alleati!). I più interessanti, e mai riapparsi se non come Spiriti o dati d'archivio, erano Beedrill, Onix e Hitmonlee, con i loro attacchi punitivi.

Da Melee in poi, Starmie subirà un "downgrade" nella pre-evoluzione Staryu, mentre Koffing diventerà il pericoloso Weezing. A prescindere dalla fredda gara numerica, nella loro casualità erano e restano una trovata ingegnosa, che carica d'attesa l'utilizzo di uno strumento altrimenti semplice.

Ricordate il Polygon Team? È il predecessore dei Wire Frames (Melee) e degli Alloy (Brawl). Oggi, al loro posto, troviamo i Mii!

Oggi è la norma sfidarsi in otto nel caos della "Grande Offensiva Speleologica", con tanto di controller wireless. All'epoca dei Multitap, N64 fu la prima a permettere quattro porte per i controller, senza che fosse necessaria alcuna periferica aggiuntiva. L'esperienza, al nocciolo, non era poi tanto diversa da quella odierna; quel che funzionava in passato, nei salotti dei primi duemila, si ripete ancora oggi. Secondo le parole dei creatori, era un «game-like game», di quelli che non si vedono spesso, e non possiamo che essere d'accordo.

Le arene a disposizione per lo scontro libero erano nove, includendo Mushroom Kingdom (unica segreta). Sono state trasposte tutte in Ultimate, persino Sector Z (da Starfox) e Planet Zebes (da Metroid), che in realtà hanno subito soltanto un piccolo ritocco nelle eredi spirituali: Corneria e Brinstar. Battlefield e Final Destination erano limitate al Single Player, con un unicum mai più riapparso: Meta Crystal, l'area rocciosa in cui si incontra Metal Mario.

Per quanto riguarda le modalità alternative, non è che il gioco fosse povero di contenuti. Durante l'Arcade (chiamato semplicemente 1P Game), ci si imbatteva in tre sfide particolari: Target, Platform e Race. La prima la si è vista nei seguiti, in cui bisogna colpire dei bersagli entro la fine del tempo.

La seconda è una variante simile ma che consiste nel dover raggiungere punti particolari dello stage senza cadere nel baratro sottostante. L'ultima si è tramutata nelle varie modalità avventurose che contraddistinguono quasi ogni Smash. Infatti, era una corsa a tempo in un'area fitta di trappole e nemici pronti ad assaltarci.

La fluidità dei movimenti, il rispetto per i personaggi dei franchise coinvolti, l'high-concept tecnico dietro un picchiaduro che riusciva a presentare, in un istante, un cast riconoscibile, hanno fatto la fortuna di quello che oggi, al contrario, è un titolo che con i suoi numeri può mettere soggezione, specialmente chi gioca titoli di stampo classico o i neofiti del genere.

Per esempio i giocatori di oggi non sempre hanno vissuto l'esperienza offerta da Earthbound (ma potrebbero arrivarci grazie ad Undertale), e persino volti notissimi come Cloud li si conosce più per osmosi che per gameplay di prima mano. Senza dimenticare che Nintendo è cresciuta enormemente, tanto che oggi Smash è sviluppato da Bandai Namco e Sora Ltd. Ma al cuore, anzi, essendo in tema, al Master Core, Ultimate è sempre il solito - semplice, libero e colorato - Super Smash Bros.

Fa sempre bene ricordare che, un piede dietro l'altro, parafrasando un bellissimo film con Heath Ledger, si trova ciò che ha portato alla fortuna delle grandi IP del momento. Non tutte sono giunte dove sono per grazia divina. A volte è necessario cambiare, alle volte, se la qualità c'è, rifinire e migliorare.

Quest'anno, se non sarà l'anno di Smash Ultimate, sarà comunque l'anno in cui l'ambiente competitivo si assesterà. Ci aspettano nuovi personaggi e tanti, brucianti, Smash meteora!

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Antonino Fiore

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Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.

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