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Albedo: Eyes from Outer Space - recensione

Il gioco di Fabrizio Zagaglia arriva su ID@XBOX con qualche problema di troppo.

"Peccato": questa è la prima parola che c'è venuta in mente una volta portato a termine Albedo, il primo lavoro nato dalle mani di Fabrizio Zagaglia nel suo studio di Bologna. Peccato perché questa avventura in prima persona è costruita su un concept interessante, che però non riesce a trovare la sua massima espressione a causa di diversi problemi, piccoli e grandi.

In Albedo: Eyes from Outer Space vestiamo i panni del rozzo John T. Longy, un guardiano notturno che dopo un incidente avvenuto all'interno nel centro di ricerca Jupiter, finisce col precipitare ubriaco nello scantinato. Dopo qualche barcollamento realizza di essere circondato da strane creature come bulbi oculari che camminano, pesci che fluttuano e altri amenità del genere, segno di ricerche segrete nei laboratori della compagnia.

Una volta preso il controllo di Longy (che è anche il nome originale del progetto), è come fare un tuffo in uno di quei classici b-movie degli anni '60 a sfondo fantascientifico, conditi da battute terrificanti e scontate, e situazioni al limite dell'improbabile. Dopo pochi istanti però ci si rende conto che qualcosa durante lo sviluppo è andato storto. Il gioco prevede di risolvere una serie di puzzle inseriti in stanze di piccole e medie dimensioni ma nonostante sia possibile muoversi tra una e l'altra, gli indizi che portano alla soluzione degli enigmi sono sempre collocati nelle vicinanze.

L'interfaccia è forse il punto debole del gioco creato da Fabrizio Zagaglia, senza contare un sistema di collisioni che spesso e volentieri non fa il suo lavoro.

Si raccolgono oggetti, li si esaminano e se la logica non ci è d'aiuto, allora si procede per tentativi, come nel più classico dei punta e clicca. Ci sono però dei difetti che penalizzano il gameplay, primo tra tutti un'interfaccia poco chiara e macchinosa. Le combinazioni di tasti per richiamare i menu e quindi l'inventario dovrebbero essere la cosa più naturale in un prodotto del genere, ma sfortunatamente non lo sono.

Impossibile poi chiudere un occhio sulle collisioni che spesso non fanno il loro lavoro. Se per caso lasciate un oggetto vicino a un altro elemento interattivo, c'è la possibilità che uno dei due sparisca o che diventi maledettamente difficile da recuperare.

Non pensate però che Albedo sia un disastro, perché nonostante i problemi appena citati, il lavoro di Zagaglia si lascia comunque giocare. La difficoltà è bilanciata verso l'alto ma basta l'uso di un po' di materia grigia per passare allo step successivo e scoprire cosa si cela dietro l'incidente nel centro di ricerca. Se però proprio non riuscite a superare un determinato enigma, potete sempre rendere il gioco più accessibile con un sistema di aiuti che rende le cose un pochino più facili.

Graficamente Albedo: Eyes from Outer Space se la cava decentemente, ma alcuni cali di frame rate e modelli poligonali non sono all'altezza della console su cui girano.

Proseguendo con l'avventura Longy si ritroverà anche faccia a faccia con le creature che infestano i laboratori dello Jupiter, e per l'occasione Albedo si trasformerà in un FPS davvero basilare, dove i nemici sono dotati di una IA a dir poco raccapricciante. Restano comunque dei piccoli momenti di svago che aiutano a liberare la testa dopo aver speso parecchie energie con l'ennesimo puzzle.

Guardando il lato tecnico della produzione, la presenza di una sola persona dietro lo sviluppo di Albedo si vede e il risultato è quello che vedete nelle immagini a corredo dell'articolo. Se già su PC il gioco aveva punti deboli sia nel frame-rate che nella qualità delle texture, su Xbox One il buon Fabrizio ha dovuto per forza di cose adattare il motore grafico alle capacità della console Microsoft, che seppur potente non può reggere il confronto con un personal computer di ultima generazione.

Abbiamo però trovato molto azzeccati gli effetti d'illuminazione, il design degli ambienti e soprattutto le scelte cromatiche, sporcate al punto giusto e capaci di trasmettere quell'atmosfera fantascientifica low-budget che solo le produzioni del genere anni '50/'60 sanno regalare. Buono anche il comparto sonoro, forse uno degli elementi più riusciti nel gioco.

Alcuni puzzle sono davvero ben riusciti e necessitano di un po' di materia grigia per essere completati.

Oltre alle musiche che ci accompagnano per l'avventura, è il doppiaggio ad averci impressionato in positivo. Non sappiamo se sia stata una scelta personale o una forzatura per la scarsità di attrezzature a disposizione, ma sentire le parole di Longy che ogni tanto vengono 'mozzate' dalla traccia audio, è un tocco di classe non indifferente se apprezzate il genere sci-fi di vecchia data.

In definitiva il lavoro svolto da Fabrizio Zagaglia mette in tavola un concept interessante, minato però da meccaniche spesso frustranti e da un comparto tecnico singhiozzante. Albedo: Eyes from Outer Space non è però un gioco da scartare a priori: se amate le avventure in prima persona e vi piacciono i punta e clicca, provate a dargli comunque un'occhiata.

6 / 10

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Manuel Stanislao

Contributor

Manuel muove i primi passi nel mondo videoludico all’età di 8 anni, dopo essere rimasto stregato dal NES del vicino di casa. Nel 2010 entra a far parte di JAVS, per poi approdare ad Eurogamer nel tardo 2011 grazie a un'ignota congiunzione astrale.

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