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Alessandro Nardini, da Hollywood a Call of Duty - intervista

Cinema e videogiochi, due mondi a confronto.

Quella di Alessandro Nardini è una bella storia italiana. Partito otto anni fa da Forte dei Marmi, ha iniziato lavorando agli effetti visuali di piccole produzioni nostrane fino ad arrivare a Poseidon, il suo primo progetto europeo. Una successione di eventi, da lui stesso definiti inaspettati, lo ha poi portato a Sidney per lavorare ad Happy Feet, film d'animazione che ha poi vinto l'Oscar per le animazioni. Questo riconoscimento gli ha permesso di ottenere un visto per gli USA, nei quali ha trovato subito impiego presso Dreamworks.

Da lì è stato un crescendo che gli ha dischiuso le porte di produzioni quali Tron 2.0, La Vita di Pi, Rest in Peace Department e 2012. E sono state proprio la distruzioni del film di Roland Emmerich ad attrarre l'attenzione di Infinity Ward, che l'ha contattato per la sua bravura nel ricostruire esplosioni e devastazioni. L'intenzione, ce lo spiega lo stesso Nardini, è di fronteggiare la serie di Battlefield proprio sul suo terreno di casa, ossia la distruttibilità degli scenari.

Alla Games Week abbiamo dunque avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con colui che sul suo biglietto da visita oggi reca la dicitura Direttore degli Effetti Visuali, una persona solare e positiva che dimostra che qualsiasi carriera è possibile se si è bravi e determinati. Ma Alessandro è anche una persona che è stata travolta da un'insolita passione: i videogiochi.

Un ritratto di Alessandro Nardini. Dal vivo è come lo vedete in foto, sempre sorridente.

Eurogamer: Cominciamo dal tuo incarico: Direttore degli Effetti Visuali. In cosa consiste di preciso?

Alessandro Nardini: Mi occupo di tutto ciò che si muove e che non sia un personaggio, quindi esplosioni, terremoti, maremoti, nuvole, sabbia e qualsiasi affetto atmosferico.

Eurogamer: Ripensando agli albori del nostro settore, col programmatore solitario che sviluppava nella sua cameretta, fa impressione pensare che si sia arrivati ad avere bisogno di figure di questo tipo. Da quant'è che vengono richieste simili professionalità nel mondo dei videogiochi?

Alessandro Nardini: Negli ultimi anni c'è molta più richiesta, grazie anche a titoli dai budget milionari e a sceneggiature sempre più spettacolari. La serie di Call of Duty è da sempre andata in questa direzione e ha portato all'interno della compagnia figure come la mia, per rendere i videogame sempre più hollywoodiani.

Eurogamer: La tua specialità sono le distruzioni: raccontaci come sono quelle di Call of Duty: Ghosts.

"Nel cinema tutto ciò che sta al di fuori della telecamera può anche non funzionare. Nei videogiochi dev'essere perfetto a 360 gradi"

Alessandro Nardini: Sono difficili da realizzare, nel senso che nel cinema tutto ciò che sta dietro la telecamera o al di fuori del suo campo visivo, può anche non funzionare. Nei videogame invece tutto cambia, perché è il giocatore a decidere cosa inquadrare, pertanto gli effetti visuali devono essere perfetti da qualsiasi punto li si guardi. Anche usando una qualità inferiore a quella usata per i film, ciò comporta che la complessità aumenti esponenzialmente.

Eurogamer: E come si risolve tecnicamente questo problema?

Alessandro Nardini: Con più lavoro per lo stesso effetto, che va curato a trecentosessanta gradi. Ad esempio, in 2012 molte delle distruzioni funzionavano solo per gli edifici che erano rivolti verso la telecamera. Un po' come le scenografie dei film, realistiche se le guardi da una certa angolazione, finte se le osservi da dietro. Il che è l'esatto opposto di quanto accade in un gioco come Call of Duty: Ghosts.

Eurogamer: Stai portando l'esperienza del cinema nel mondo dei videogiochi. Di converso, cosa porteresti nel mondo del cinema che hai imparato da quello dei videogame?

Alessandro Nardini: Tantissimo. Ad esempio, nel mondo del cinema non esiste la parola "ottimizzazione". Le major sono disposte a comprare centinaia e centinaia di computer pur di ottenere i migliori risultati grafici. Nel mondo dei videogiochi, invece, ci sforziamo di ottenere il massimo col minimo delle risorse. Anzi, ti dirò che ho imparato una serie di trucchi che, ad averli saputi prima, mi avrebbero risparmiato molto lavoro.

Acqua ed effetti atmosferici sono la specialità di Alessandro Nardini, come possiamo vedere da quest'immagine presa da 2012, blockbuster hollywoodiano cui ha lavorato sotto la direzione di Roland Emmerich.

"I videogiochi devono girare su hardware da 400 dollari, a Hollywood si aggiungono processori fino a ottenere il risultato voluto"

Eurogamer: Ma stiamo parlando di risorse economiche o tecniche?

Alessandro Nardini: Intendo tecniche: la potenza di calcolo è limitata, non possiamo aggiungere processori fino a quando non otteniamo il risultato voluto. Al contrario, e soprattutto su console, dobbiamo sfruttare al massimo ciò che abbiamo, ossia macchine con un hardware venduto al massimo a 400 dollari, non certo i 5000 dei computer che usiamo a Hollywood. E nel caso di Call of Duty: Ghosts siamo fissi a 60 fotogrammi al secondo, mentre la televisione gira a 25 e il cinema a 24. Questo ti dà l'idea della sfida che dobbiamo affrontare.

Eurogamer: Cinema e videogiochi: quale dei due mondi ti piace di più?

Alessandro Nardini: Quello dei videogiochi. Per me Call of Duty: Ghosts è stata un'esperienza incredibile, perché ho lavorato a dei momenti, a delle sequenze che nel cinema non mi erano ancora accadute.

Eurogamer: Beh, non è che 2012 fosse un film dove non accadeva nulla...

Alessandro Nardini: Sì, ma nei film accadono sempre le stesse cose ogni volta che li guardi. Nei videogiochi invece tutto è sempre diverso perché l'interattività porta quella magia che il cinema non riesce a offrire. Tant'è che nel futuro spero di lavorare ancora in questo mondo.

Anche una semplice esplosione come questa richiede molto più lavoro del suo equivalente cinematografico, dovendo essere realistica da qualsiasi punto la si guardi.

Eurogamer: Cos'altro hai trovato stimolante, oltre all'interattività?

"Nel mondo del cinema c'è una gerarchia che toglie spontaneità, in Infinity Ward qualunque persona è coinvolta nel processo creativo"

Alessandro Nardini: Il processo decisionale, che a sua volta si riflette sulla libertà creativa. Nel mondo del cinema c'è una gerarchia che toglie spontaneità: inizi col regista che fa lo shooting sul set, poi lo shooting viene portato in post produzione, vengono selezionati gli shot, quindi i tempi di ogni shot, cosa scartare e cosa tenere, e solo in quel momento entriamo in gioco noi, quando tutto è già stato deciso. Al contrario, lavorando a Call of Duty: Ghosts, qualunque persona è coinvolta nel processo creativo, ogni giorno.

Eurogamer: Il che conferma la mia opinione che cinema e videogiochi, al contrario di quanto di crede, non siano due facce della stessa medaglia ma due medaglie diverse. Il linguaggio è diverso, la narrazione è diversa e anche il processo creativo e produttivo.

Alessandro Nardini: Credo che i continui rimandi tra i due media siano un cane che si morde la coda. I videogiochi sono gelosi del cinema e della sua qualità visiva, il cinema è geloso dei videogiochi e della loro interattività. Parlo ovviamente di noi addetti ai lavori, che ammiriamo quello che una console riesce a generare in tempo reale mentre noi, per ottenere quello stesso risultato, seppure migliore, dobbiamo aspettare tre giorni di calcolo.

A differenza che nel cinema, in Call of Duty: Ghosts non c'è un regista ma più designer che si prendono carico di diverse parti del gioco. E il processo decisionale è condiviso.

Eurogamer: Sempre proseguendo sulla strada dei paralleli tra cinema e videogiochi, chi è il regista di Call of Duty: Ghosts?

"I videogiochi sono gelosi del cinema e della sua qualità visiva, il cinema è geloso dei videogiochi e della loro interattività"

Alessandro Nardini: Non c'è un regista ma sceneggiatori e designer. Questi ultimi, una decina circa, possono essere associati alla figura del regista, in quanto ognuno di loro si prende in carico la realizzazione di una parte del gioco e ne è responsabile. Ma il loro potere non è uguale e la fase decisionale viene condivisa tra tutti. Lo stesso discorso vale per gli effetti visuali: in tutto siamo in cinque persone, con mansioni diverse: c'è chi ad esempio si occupa solo del fumo, della sua colorazione e della direzione che deve prendere a seconda del vento. E poi c'è chi come me ha in carico le distruzioni e gli effetti atmosferici.

Eurogamer: Qual è stata la piattaforma di riferimento su cui avete tarato le specifiche tecniche del gioco?

Alessandro Nardini: Non posso dirti quale sia stata, posso invece dirti che non abbiamo saputo le specifiche tecniche delle console next-gen fino a due mesi fa, il che ci ha costretto a lavorare su delle versioni temporanee, degli hardware che simulavano ciò che avrebbero dovuto essere le piattaforme definitiva.

Eurogamer: Gli hardware di Xbox One e PS4 paiono essere molto simili: è corretto assumere che sviluppare giochi su entrambe le macchine sia un processo immediato?

Il grado di perfezionismo raggiunto in produzioni milionarie come Call of Duty: Ghosts prevede la presenza di addirittura cinque persone per i 'visual effects', alcune delle quali dedicate solo al calcolo del fumo.

Alessandro Nardini: Questo è ciò che verrebbe da pensare ma non è così. Microsoft ha al suo interno dell'hardware che è conosciuto, Sony fa invece affidamento su componenti proprietarie le cui potenzialità sono ancora da scoprire, come ad esempio la scheda grafica. Certo, non sono due mondi diversi come un tempo ma neanche così simili come si pensi.

Eurogamer: Si fa un gran discutere su quale delle due console sia la più potente. Qual è la tua opinione dopo aver lavorato su entrambe?

Alessandro Nardini: Che bisogna aspettare per dirlo, ora è ancora troppo presto. Se invece vuoi una mia opinione personale, da contratto non posso dire nulla sino all'uscita del gioco.

Eurogamer: Hai detto che ti piacerebbe lavorare ancora nel mondo dei videogame: hai già un nuovo progetto all'orizzonte?

Alessandro Nardini: Vorrei fosse un altro Call of Duty.