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Analisi Tecnica: Halo: Reach

Tutta la verità su Halo: Reach.

Sono passati tre anni dalle gesta di Master Chief in Halo 3 e, anche se lo scorso anno con ODST abbiamo potuto apprezzare alcune migliorie tecnologiche minori apportate da Bungie, non ci sono dubbi sul fatto che in quel caso l'engine fosse rimasto in gran parte invariato. Il gameplay era efficace come sempre ma i giocatori che si erano abituati alle tecniche all'avanguardia di un Killzone 2 volevano capire cosa fosse realmente in grado di fare un titolo next-gen di Bungie.

Halo: Reach è quel gioco, un enorme salto di qualità a livello tecnico rispetto suoi predecessori e ai suoi rivali su Xbox 360; un esempio fulgido di esclusiva first-party che spinge la console verso nuovi standard tecnologici, una cosa che non vediamo spesso sulla piattaforma Microsoft.

Iniziamo dalle fondamenta sulle quali si costruisce l'impianto grafico del gioco. La risoluzione nativa rimane la stessa del codice alpha e di quello della beta che Digital Foundry ha analizzato nei mesi scorsi, ovvero di 1152x720, con un leggero scaling orizzontale che porta la risoluzione a 1280 pixel di larghezza, che nella maggior parte dei casi è difficilmente riscontrabile dall'occhio umano.

Questa risoluzione, insieme all'assenza di supporto all'anti-aliasing via hardware (Bungie ha optato per una soluzione personalizzata) ci dice che l'intero framebuffer può essere gestito dalla eDRAM di 10MB della GPU di X360, Xenos, e questo permette a Bungie di sfruttare tutta la larghezza di banda senza la necessità di appoggiarsi alla RAM principale, una soluzione che spesso riduce le performance dei giochi.

Il nuovo motore di Halo riesce a gestire efficacemente un gran numero di luci dinamiche. Provate a giocare una sfida Firefight con invulnerabilità e munizioni infinite attivate, quindi godetevi lo spettacolo.

Producendo Halo 3, Bungie ha preso diverse decisioni che hanno definito l'aspetto del gioco. A volte gli esiti sono stati positivi, altre negativi. Il gioco implementava l'illuminazione HDR renderizzando la scena due volte con differenti valori di luminosità e combinando le due immagini (un processo simile ad alcune forme di fotografia HDR). L'illuminazione, all'epoca, era assolutamente sublime, ma il gioco operava a una risoluzione sub-HD in modo da permettere ai due processi di essere gestiti dalla eDRAM; inoltre non rimaneva spazio per il supporto all'MSAA (MultiSample Anti-Aliasing, ndR) via hardware.

Reach riesce ad avvicinarsi alla risoluzione di 720p mantenendo l'HDR e impiegando un'incredibile quantità di luci dinamiche: per fare un esempio, ogni singolo ago espulso dal Needle Rifle è una sorgente di luce. Questo ci suggerisce che un'altra innovazione importante riguarda l'implementazione di una forma di deferred lightning, ma per la conferma ufficiale si dovrà attendere un'intervista completa che in futuro Bungie dovrebbe concedere a Digital Foundry.

Per il momento concentriamoci sulle prestazioni. In modo analogo al precedente engine di Halo, Reach usa la tecnica del doppio buffer, ovvero mostra un fotogramma mentre ne elabora un secondo. Implementa inoltre il v-sync, anche se a volte alcuni fotogrammi vanno oltre il budget portando a un tearing quasi impercettibile che si presenta sulla parte superiore dello schermo. In sostanza, finché ogni singolo fotogramma è renderizzato in meno di 33ms circa, le prestazioni sono estremamente fluide a 30FPS.

Reach è bloccato a 30FPS come i suoi predecessori ma l'ottima implementazione del motion blur fa apparire il gioco significativamente più fluido.

I problemi sorgono quando il fotogramma va considerevolmente oltre il budget assegnatogli. In queste situazioni il gioco attende il refresh verticale successivo prima di tornare sul framebuffer. Se i fotogrammi vanno quindi oltre il budget in modo eccessivo, il framerate cala a 20FPS. Si può notare questo aspetto in particolare nei filmati di intermezzo ma può accadere anche durante le sequenze di gioco, e in questo caso abbiamo una minore immediatezza dei controlli. Questo è lo svantaggio che si deve mettere in conto quando si rimane ancorati al v-sync, mentre il vantaggio di questa soluzione è l'assenza di screen-tearing.

In questo filmato di 10 minuti costruito con spezzoni tratti dalla campagna di Reach, potete farvi un'idea delle performance del titolo Bungie. La perdita sporadica dei fotogrammi non ha alcun impatto sull'esperienza di gioco (per fare un esempio, si nota una piccola pausa quando si raggiunge un checkpoint) mentre il fillrate sembra essere il vero colpevole quando una scena supera in modo consistente il budget. Fumo ed esplosioni in competizione tra loro per accaparrarsi le risorse della GPU possono di tanto in tanto creare problemi a livello di prestazioni.

Sequenze di gioco tratte dalla campagna di Halo: Reach analizzate con gli strumenti di Digital Foundry.

In confronto a Halo 3 e a Halo 3: ODST, si ha la sensazione che nella maggior parte dei casi Reach sia un gioco più fluido. Anche se il frame-rate, in condizioni ottimali, è identico, la nuova implementazione del motion blur (applicato sia sulla telecamera che sugli oggetti) rende le grafiche superiori rispetto a quelle generate con il vecchio engine. Complessivamente Halo: Reach appare molto più fluido visto in movimento.

Tuttavia, quando il frame-rate cala, si ha la sensazione che le performance peggiorino sensibilmente rispetto ai momenti più problematici dei precedenti capitoli della serie pubblicati su X360, ovvero Halo 3 e ODST. La domanda è: perché? Il presunto colpevole è il fillrate, piuttosto che la larghezza di banda o le geometrie.

Dal punto di vista del numero dei nemici, Bungie si è realmente spinta al limite. Il diario degli sviluppatori incluso nella Legendary Edition presenta la scena del cantiere navale come quella più intensa dell'intero gioco, e questo suggerimento ci permette di fare un esperimento interessante: possiamo misurare le prestazioni in questa sezione per capire se il carico di lavoro posto dalla IA sulla CPU rallenti il gioco. Il video che potete riprodurre qui sotto è il risultato di questo esperimento e, come potete vedere, sembra che l'engine riesca a gestire in maniera ottimale queste situazioni, il che ci suggerisce che la riduzione del numero dei fotogrammi dipende dalla grafica.

Analisi del combattimento più intenso di Halo: Reach dal punto di vista della IA.

Con un framebuffer ideale per la eDRAM della GPU di Xbox 360, Bungie può fare affidamento su condizioni di elaborazione ottimali. Il primo livello della campagna è una vetrina importante per le rivoluzioni tecnologiche apportate da Bungie: mentre il Noble Team arriva a terra ci troviamo davanti alla ricchezza del terreno e all'incredibile profondità di campo, circa quattro volte maggiore rispetto a quella di Halo 3, secondo Bungie.