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Ape Escape

Il ritorno delle maledette scimmie.

Ricordo ancora quando giocai per la prima volta ad Ape Escape. Non era il primissimo (e idolatrato) capitolo per PSone, se non sbaglio era il secondo ma mi piacque molto, soprattutto perché fu il primo a farmi scoprire le meraviglie dell’utilizzo del “doppio analogico”.

Continuai a seguire la serie per un po’ ma alla lunga mi stufai della sua eccessiva immobilità. Per quanto bella o divertente, una saga ha bisogno di rinnovarsi o rischia di fare la fine del famoso pesce rimasto in frigo tre giorni. Il passaggio su altre console (PS2 e PSP) non ha cambiato più di tanto le cose, se si esclude qualche party game e un’incursione su Eye Toy non certo indimenticabile.

Ora, a distanza di anni, eccomi di nuovo alle prese con i malefici primati, che hanno deciso di farsi un viaggetto nel mondo dell’alta definizione e che hanno anche preteso che per il loro (trionfale?) ritorno si utilizzasse anche il PlayStation Move.

In effetti la periferica Sony sembra fatta apposta per il gameplay storico di questa serie che, lo ricordo, miscela le classiche meccaniche platform a sfrenate battute di caccia alla scimmia, nelle quali è necessario utilizzare una serie di gadget per fare in modo che la preda di turno non abbia scampo.

La presenza di armi come l’aspira-scimmie e la fionda, rende i primi livelli tutto sommato divertenti.
L’obiettivo del gioco è non farsi rubare tutte le banane dalle scimmie... che scossa di adrenalina!

Tralascio volentieri la storia alla base di questa ennesima avventura perché, nonostante a tratti sia abbastanza buffa e divertente, forse non merita neanche una menzione in queste righe. Vi basti sapere che stavolta le scimmie arrivano dallo spazio per fare il solito casino…

Visto che il primo Ape Escape ha avuto il merito di far scoprire al mondo l’utilizzo del doppio stick, in Sony devono aver pensato che non esistesse gioco migliore di questo per rivitalizzare il Move, che ultimamente sta prendendo un po’ troppa polvere sugli scaffali. La pensata in teoria è più che giusta, ma come scoprirete tra poco la realizzazione non è stata all’altezza dell’idea iniziale.

Mi chiedo perché realizzare uno “sparatutto su binari” (peraltro estremamente statico) come questo quando una volta tanto sarebbe bastato riprendere la formula originale per fare qualcosa di interessante. Avete letto bene, purtroppo: Ape Escape non è l’avventura che uno si aspetterebbe ma un semplice titolo strutturato in maniera estremamente rigida che fa delle solite mini-sfide e “giochini” il suo cuore pulsante.

Strutturato su una quindicina di livelli, il gioco richiede la cattura di un piccolo esercito di scimmie, ma la mancanza di una qualsiasi libertà di movimento fa sì che questa operazione sia tutt’altro che divertente. Ogni stage presenta un differente numero di ostacoli e nemici da eliminare, e si conclude quasi sempre con la classica battaglia con un boss. Devo ammettere che per la prima mezz’ora mi sono quasi (e sottolineo il “quasi”) divertito nonostante il disappunto iniziale, ma ben presto la monotonia del gameplay e la ripetitività delle situazioni hanno preso il sopravvento.

Un vero peccato, soprattutto quando ci si rende conto che stavolta il Move si muove (scusate il gioco di parole) con un’ottima precisione e si adatta alla perfezione alle armi disponibili. Questo è forse l’unico punto a favore del gioco: pur sforzandomi non riesco a trovarne altri, neanche nell’ambito tecnico che in Ape Escape raggiunge a malapena la sufficienza, se si escludono i divertenti filmati d’intermezzo, realizzati ottimamente.

Il trailer giapponese di Ape Escape.

Di solito, almeno, gli sparatutto su binari offrono un ritmo piuttosto alto, che costringe il giocatore a mantenere alta la concentrazione e magari lo invoglia a giocare altre volte per migliorare il punteggio o le prestazioni. In questo caso l’unica voglia che si ha dopo averlo terminato (ma anche prima) è di relegarlo nel punto più irraggiungibile dello scaffale, per poi dimenticarlo il prima possibile.

Tra l’altro, come se tutto questo non bastasse, non ho memoria di un gioco così corto (siamo intorno alle 5 ore) che mi abbia dato l’impressione di essere addirittura troppo lungo. I tre mini-game che si sbloccano avrebbero, in teoria, il compito di allungare l’esperienza ma risultano interessanti e vivaci almeno quanto la modalità principale.

Non ringrazierò mai abbastanza i miei “cari” colleghi per avermi dato l’opportunità di giocare tale meraviglia e spero presto di potergli rendere un così grande favore.

4 / 10

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.

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