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Armi e videogiochi: un rapporto poco chiaro?

Eurogamer esamina a fondo la relazione tra le armi virtuali e le loro controparti reali.

La società americana Victoria Sweets si vanta di aver inventato le caramelle a forma di sigaretta. Un sottile bastoncino di cioccolato avvolto in carta edibile e studiato per apparire come una vera sigaretta, questo tipo di dolce è stato messo in vendita per la prima volta nel 1915 ed è presto diventato il preferito dei bambini desiderosi di imitare gli adulti.

Nel giro di 20 anni il dolciume era diventato talmente popolare da farsi notare dalle società produttrici di sigarette. Marchi leader nel settore come Marlboro, Winston e Salem autorizzarono la riproduzione delle confezioni da loro prodotte in vari tipi di dolci. Uno dei rappresentanti dell'industria dolciaria del tempo esaltò "le enormi potenzialità pubblicitarie nei confronti del futuro pubblico di fumatori." (come registrato dal Minnesota Tobacco Document Depository).

La commercializzazione dell'imitazione di prodotti per adulti a persone più giovani nella speranza che queste diventino consumatori del prodotto originale è pratica diffusa. I videogiochi offrono ulteriori opportunità per questo tipo di marketing. Toyota e Nissan collaborano con gli sviluppatori dei giochi di corse per presentare le loro auto come prodotti attraenti. Nike e Adidas fanno imprimere i loro marchi su scarpe virtuali. Gibson autorizza la riproduzione delle sue chitarre in plastica nella speranza che i giocatori si appassionino e comprino in futuro una Les Paul.

E Barrett, società produttrice del fucile di precisione M82, spera che la presenza delle sue armi in un videogioco trasformi i giovani giocatori in possessori di armi vere.

" È difficile dire che impatto abbia la presenza di riproduzioni di vere armi nei videogiochi sulle vendite di armi reali", dice Ralph Vaughn, l'uomo che si occupa degli accordi con gli sviluppatori per conto di Barrett. "Ma i videogiochi espongono il nostro marchio a un pubblico giovane che è considerato un possibile futuro bacino di utenza".

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Ci troviamo in un periodo di forte introspezione riguardo il problema del possesso di armi, soprattutto negli Stati Uniti. Una serie di incidenti mortali è culminata con la strage avvenuta lo scorso dicembre nella scuola elementare Sandy Hook di Newton, Connecticut, in cui sono stati assassinati 20 bambini e 6 adulti. L'incidente ha scatenato il dibattito sulle armi e polarizzato l'attenzione dei cittadini americani e non solo. Il vice presidente Joe Biden, al comando di una task force incaricata di esaminare a fondo la questione, ha riferito che non c'è una soluzione immediata al problema della diffusione delle armi. Biden ha presentato una serie di consigli studiati per prevenire altre tragedie senza compromettere il diritto dei cittadini a detenere armi, garantito dal Secondo Emendamento.

L'industria dei videogiochi è stata trascinata nella questione da più di una delle parti coinvolte. Nel dicembre del 2012 Wayne LaPierre, vice presidente esecutivo della National Rifle Association, ha tenuto una conferenza stampa in relazione alla tragedia della Sandy Hook. LaPierre ha accusato le società dell'industria dei videogiochi di essere la causa di simili stragi, accusando "un'industria corrotta e insensibile che opera nell'ombra prosperando sulla violenza". Nel gennaio del 2013, rappresentanti di Electronic Arts e Activision (i rispettivi publisher di Medal of Honor e Call of Duty), sono stati convocati da Biden in una conferenza per discutere della possibile relazione tra violenza virtuale e reale.

I ricercatori stanno ancora cercando la possibile relazione tra questi due elementi. Il loro lavoro continuerà nei prossimi mesi, potenzialmente supportato anche dal governo con lo stanziamento di fondi allo scopo di effettuare una ricerca mirata. Ma c'è un'altra domanda in sospeso sul rapporto tra armi e videogiochi: come accade che armi vere vengano riprodotte all'interno dei giochi che tutti conosciamo?

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Il Barrett M82, in vendita al prezzo di 10.000 dollari, è stato originariamente pensato per la caccia ed è in effetti in grado di abbattere un alce oltre un muro di cemento alla distanza di 2 chilometri. Barrett si vanta del fatto che alcune celebrità tengano l'arma in bella mostra sopra il caminetto, come una sorta di trofeo al contrario. Ma prima del lancio avvenuto nel 1982 nessuno aveva sentito parlare dell'arma né tantomeno del suo inventore Ronnie Barrett, all'epoca un fotografo professionista. "Prima di allora non esisteva nulla come la mia arma", dice Barrett. "Quindi ho messo su carta le mie idee e mostrato come avrebbe dovuto funzionare il fucile".

"Abbiamo collaborato con alcune società per far riprodurre i nostri fucili di precisione all'interno di videogiochi. Quali? Il nostro accordo ci impedisce di fare nomi, ma potete dare un'occhiata alla serie Call of Duty."

Ralph Vaughn, Barrett Rifles
Ronnie Barrett, inventore dell'M82 e fondatore di Barrett Rifles.

Barrett visitò una serie di negozi per trasformare la sua attività in un prototipo funzionante, ma tutti rifiutarono e un negoziante tentò di farlo desistere dicendogli che se l'idea fosse stata valida qualcuno "più intelligente ci avrebbe già pensato". Alla fine un suo amico produttore di attrezzi accettò e i due costruirono il primo fucile in un garage. "Era un giocattolo per la mia attività ricreativa, non un prodotto commerciale", dice oggi Barrett.

Ma il giocattolo in questione utilizzava le stesse munizioni 12.7x99 NATO utilizzate nelle mitragliatrici M2 Browning. L'M82 detiene ancora oggi il record per l'uccisione dalla maggiore distanza mai confermata, effettuata da una distanza di 2.815 metri tra tiratore e bersaglio. Queste letali caratteristiche attirarono l'attenzione dei concittadini di Barrett a Smyrna, Tennessee. Barrett allestì un negozio nel garage costruendo artigianalmente 30 fucili, numero massimo dei posti nell'armadietto delle armi di suo padre. L'M82 andò subito esaurito.

Il successo commerciale aumentò la visibilità dell'arma, e nel 1991 Barrett fu contattato dall'esercito americano che voleva un'arma da utilizzare nella campagna Desert Storm. Il fucile fu adottato nove anni dopo con la denominazione M107.

"Ero così lieto", dice Barrett. "Una società crea un prodotto per il mercato civile e poi lo vede utilizzato in ambito governativo o militare. È quasi impossibile che accada".

Nel 2006, dopo le ottime prestazioni in ambito operativo della sua arma, Barrett prese contatti con l'industria dei videogiochi. "Sì, abbiamo lavorato con alcune società per far riprodurre i nostri fucili di precisione all'interno di videogiochi", dice Vaughn. "Quali? I nostri accordi non ci permettono di nominare in modo diretto una società. Comunque potete dare un'occhiata alla serie Call of Duty".

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Fucili e armi in generale sono il mezzo più diretto per esercitare potere nei giochi competitivi di tutti i tipi, dalla classica battaglia navale al dito puntato quando si gioca a 'guardie e ladri' nel cortile, fino ai videogiochi. Se sparare in un gioco fosse solo un'ossessione dovuta all'immaturità il problema si risolverebbe con la crescita dei soggetti, ma l'inflazione di armi nei videogiochi ha assunto una dimensione più realistica con il passaggio al 3D. Gli sviluppatori hanno cominciato a utilizzare veri conflitti armati come ambientazioni per i videogiochi, e riprodurre armi reali è stato un passaggio naturale per conferire ancora più realismo al tutto.

Questo passaggio è stato sperimentato in prima persona da Martin Hollis, il creatore di GoldenEye. Uscito nel 1997 per Nintendo 64, GoldenEye è stato uno dei primi giochi a vantare armi in 3D. "La maggior parte delle armi all'interno del gioco è stata modellata su armi reali", dice oggi Hollis. "Walther PPK, Kalashnikov AK47, FN P90 e così via".

" Abbiamo sostituito i nomi veri con altri inventati, basandoci sulle iniziali dei nomi dei membri del team o su una fonetica presumibilmente verosimile."

Martin Hollis, director and producer of GoldenEye
Il Klobb, realizzato prendendo a modello lo Skorpion VZ/61, deve il suo nome a Ken Lobb, produttore di GoldenEye.

In fase già avanzata di sviluppo Ken Lobb, produttore del gioco, convocò Hollis per dire che il team non avrebbe potuto utilizzare i reali nomi delle armi. "Non ero contento, perché utilizzare altri nomi avrebbe diminuito il realismo del gioco", ricorda Hollis. "Abbiamo sostituito i nomi veri con altri inventati, basandoci sulle iniziali dei nomi dei membri del team o su una fonetica presumibilmente verosimile. Quindi abbiamo pensato alla DD44 Dostovei in base al nome di David Doak, Klobb sul nome di Ken Lobb, e PP7 semplicemente perché suonava bene".

L'uso di nomi fittizi era accettabile nell'universo di James Bond, ma per giochi basati su forze armate e conflitti reali, l'inclusione di nomi e modelli reali era necessario per aumentare quanto più possibile il livello di realismo.

Al giorno d'oggi la riproduzione di armi reali è una pratica comune nei videogiochi, ma gli accordi tra società di videogiochi e produttori di armi è un mistero. Non un singolo publisher tra quelli contattati durante la stesura di questo articolo ha voluto aprire un dialogo in merito. (EA: "Ho paura che non possiamo parlarne". Activision: "Non è qualcosa su cui possiamo aiutare". Codemasters: "Al momento siamo concentrati sui nostri giochi di corsa". Sony: "Temo di non poter essere d'aiuto").

I produttori di armi, invece, sono molto più accomodanti. "È la stessa cosa che accade con le auto nei videogiochi", dice Vaughn. "Incassiamo una royalty sotto forma di pagamento una tantum o percentuale sulle vendite. Tipicamente una licenza costa dal 5% al 10% sul prezzo di vendita, ma i termini sono negoziabili".

Secondo Vaughn, il costo della licenza dipende da reputazione e risultati dello sviluppatore in questione. "Può variare da poche a molte centinaia di migliaia di dollari, a seconda del progetto e delle proiezioni di vendita. Dobbiamo anche approvare l'immagine o il logo che compaiono nel gioco per preservare l'integrità del marchio".

Alcuni sviluppatori hanno trovato modi di inserire armi reali evitando l'acquisizione di queste licenze. Un ex-impiegato di Codemasters che ha chiesto di rimanere anonimo ha spiegato questi metodi descrivendo la propria esperienza di lavoro sul progetto Operation Flashpoint. "Ci siamo premuniti da un punto di vista legale evitando di utilizzare nomi di armi o produttori reali. La regola generale è che si può più o meno riprodurre un'arma ma non utilizzarne il nome reale senza permesso".

"Ad esempio abbiamo utilizzato il nome 'M4A1 Carbine' facendo riferimento al vero codice militare. "Carbine" indica una versione più corta da utilizzare in CQC (Close Quarters Battle). Non ricordo se ci siamo riferiti alle armi per nome nel testo, ma siamo stati molto attenti e abbiamo controllato anche due o tre volte di poter utilizzare i numeri dei veri modelli senza incorrere in problemi legali".

"Vogliamo sapere con precisione come verrà utilizzata l'arma, assicurandoci di essere mostrati sotto una luce positiva... in poche parole 'i buoni' tra quelli che utilizzano le armi."

Ralph Vaughn, Barrett Rifles
La South Armagh Brigade dell'IRA ha utilizzato armi Barrett contro la British Army e le forze di polizia negli anni '90.

Aggirare le licenze significa anche aggirare eventuali restrizioni imposte dai produttori di armi. "Vogliamo sapere con precisione come verrà utilizzata l'arma, assicurandoci di essere mostrati sotto una luce positiva... in poche parole 'i buoni' tra quelli che utilizzano le armi", dice Vaughn. La sua compagnia vuole che le armi con il suo marchio non vengano "utilizzate da individui, organizzazioni, paesi o compagnie mostrate nel ruolo di nemici degli Stati Uniti o dei cittadini statunitensi". Idealmente, dice Vaughn, le armi a marchio Barrett saranno usate solo "da forze armate o forze dell'ordine statunitensi".

Un altro punto focale è che le armi devono funzionare in modo realistico. Barrett caldeggia l'acquisto delle vere armi da parte degli sviluppatori per aiutare il lavoro di modellazione degli artisti 3D. "L'arma deve avere le stesse prestazioni dei nostri prodotti reali", dice Vaughn. "Barrett è conosciuta per la qualità dei suoi prodotti e il marchio deve essere sempre mostrato in base a questa caratteristica".

Anche se il vantaggio di utilizzare licenze di vere armi è palese per le società dell'industria dei videogiochi, i benefici per i produttori di armi sono meno ovvii se si esclude il ritorno economico. Ma proprio come le società produttrici di sigarette hanno utilizzato i dolciumi per far conoscere i propri prodotti ai bambini, i produttori di armi possono usare i videogiochi allo stesso scopo per farsi conoscere da chi è ancora troppo giovane per possedere un'arma. Su questo, Vaughn dice: "I videogiochi espongono il nostro marchio a un pubblico di potenziali futuri possessori di armi".

Ma la cosa funziona?

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"Ho sei armi ad aria compressa", dice il tredicenne Aidin Smith, abitante di Springfield, Illinois. "Due sono modellati sul fucile M14 e sulla pistola M1911, due su AK-47 e M16".

"La mia preferita è la M1911. Ho sparato con una vera M1911 insieme a mio nonno quando vivevo in campagna. La riproduzione funziona come quella vera, ha lo stesso rinculo. Tutte quante sono in Call of Duty, la M1911 è presente in quasi tutti i giochi della serie".

Lo scorso anno, Smith ha portato una delle sue pistole ad aria compressa a scuola. Un insegnate l'ha trovata nello zaino insieme a una busta di munizioni e a un coltello pieghevole.

"Era un lunedì e sono andato a scuola da casa di mio nonno", dice Smith. "Eravamo andati al poligono e ho lasciato per sbaglio l'arma nello zaino, me ne sono dimenticato e sono andato a scuola. Non so come l'abbiano trovata".

Ma altri riferiscono una storia diversa. Alcuni dicono che Smith abbia portato l'arma a scuola per mostrarla a un compagno di classe che ha poi avvisato l'insegnante. Aidin è stato sospeso per 30 giorni e trasferito altrove dopo l'estate successiva.

"Ha conosciuto Call of Duty tramite dei suoi amici della chiesa", dice Mark Smith, nonno del ragazzo. "Lo abbiamo concesso perché ci giocava sempre a casa di un amico, è stata la pressione dei suoi amici. Ho parlato con Aidin di cosa è vero e cosa no, e l'ho portato a un poligono per mostrargli cosa può fare una vera arma. Gli ho detto di non puntare mai un'arma contro una vera persona e che nessuno ha una vita extra se gli spari".

L'entusiasmo di Aidin per le armi non è diminuito dopo l'incidente. "L'M16 è presente in vari Call of Duty", dice. "Giocando a Call of Duty mi sono interessato di più alle armi, è divertente usarle all'interno di un videogioco... è più facile sparare in un gioco che nella realtà. La mia arma preferita è l'MSR, un fucile di precisione modificato della Remington che raramente manca un colpo.

"Credo che mi piacerebbe avere delle armi vere quando avrò l'età per farlo".

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La relazione tra videogiochi, armi ad aria compressa e produttori di armi è chiara nella storia di Aidin. Un bambino ha conosciuto le armi all'interno di un videogioco e trovato un componente della famiglia disposto a comprargli riproduzioni ad aria compressa delle sue armi preferite, e ora ha intenzione di comprare le armi vere quando potrà farlo legalmente.

Ulteriori prove possono essere trovate esaminando la società francese Cybergun, uno maggiori produttori mondiali di armi ad aria compressa. La società agisce da intermediario tra produttori di armi e società di videogiochi, negoziando l'acquisizione delle licenze per conto di marchi come Uzi, Kalashnikov, Colt, FAMAS, FN Herstal, Sig Sauer, Mauser e Taurus.

"Le vendite di particolari armi ad aria compressa aumentano in maniera evidente in seguito alla loro comparsa in videogiochi come Call of Duty."

Anthony Toutain, Cybergun
Ecco un esempio della licenza originale detenuta da Cybergun.

Anthony Toutain gestisce questi accordi per conto di Cybergun e va in cerca degli sviluppatori che utilizzano riproduzioni di armi senza averne il permesso. La serie Call of Duty include ad esempio armi FN, e Toutain sostiene che Activision non è in possesso dei permessi necessari. "Utilizzano il marchio FN senza permesso," dice Toutain. "Abbiamo intenzione di contattarli per parlare di una licenza. Al momento là fuori è terra di nessuno".

Il costo delle licenze vendute da Cybergun è variabile. "Dipende dal prodotto e da come si inserisce nelle nostre strategie commericali. Il prezzo per uno sviluppatore indipendente che lancia un titolo free-to-play non è lo stesso che per titoli come Call of Duty o Battlefield che muovono milioni di dollari. Ma il nostro primo obiettivo è sempre aumentare la visibilità delle armi".

"Le vendite di particolari armi ad aria compressa aumentano in maniera evidente in seguito alla loro comparsa in videogiochi come Call of Duty. Ad esempio, le vendite del FAMAS hanno avuto un boom negli Stati Uniti quando l'arma è stata rappresentata come una delle migliori all'interno di Call of Duty.

"Prima i bambini non volevano comprare la replica ad aria compressa del FAMAS perché non conoscevano il marchio. Ma quando lo usano tutti i giorni in un videogioco, alla fine vogliono anche quello vero. L'aumento nelle vendite può essere enorme."

Ci sono ovviamente dei pezzi preferiti. "È come in un bar, quando si deve avere sempre a disposizione Coca-Cola o Pepsi", dice Toutain. "Negli sparatutto la Colt M4 e il Kalashnikov AK-47 sono imprescindibili".

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La dichiarazione ufficiale della NRA riguardo la tragedia della Sandy Hook è stata effettuata da Wayne LaPierre il 21 dicembre 2012. "Ecco un'altra sporca piccola verità che i media tentano in tutti i modi di celare", ha dichiarato LaPierre. "In questo paese esiste purtroppo un'industria corrotta che vende e promuove la violenza tramite i propri videogiochi crudeli che hanno nomi come Bullet Storm, Grand Theft Auto, Mortal Kombat e Splatterhouse."

Riferendosi al consumo di videogiochi e film, LaPierre ha proseguito in questo modo: "Un bambino che cresce in America al giorno d'oggi è testimone di 16.000 omicidi e 200.000 atti di violenza prima di raggiungere i 18 anni. E per tutto il tempo troppe persone coinvolte nei media nazionali e i loro proprietari e azionisti scelgono di tacere, se non di essere complici."

Questo tipo di critica all'industria dei videogiochi da parte della NRA suona vuoto nel contesto dell'utilizzo di licenze di armi reali nei videogiochi. Molti dei produttori che forniscono le loro armi agli sviluppatori sono anche fornitori della NRA. L'organizzazione cita esplicitamente Glock, Browning, McMillan e Remington tra i propri sponsor.

Nel momento in cui LaPierre forniva queste dichiarazioni, Ronnie Barrett - ex-fotografo e inventore del celebre fucile - stava per giungere al termine del suo terzo e ultimo anno come membro del consiglio direttivo della NRA.

"Cosa ne pensi dell'uso delle armi Barrett nei videogiochi?", gli chiesi alcune settimane prima della sparatoria nella Sandy Hook.

"Mi sembra che faccia tutto parte di un piano molto più grande per aumentare la vendita delle armi in ogni modo possibile."

Ginny Burdick, Senatore degli Stati Uniti
La NRA ha prestato il proprio nome a numerosi videogiochi - NRA Gun Club, uscito nel 2006, è solo uno di essi.

"Mi sembra una cosa normalissima", è stata la risposta. "Tutti i cittadini americani dovrebbero apprezzare il Secondo Emendamento della Costituzione che conferisce loro il diritto di possedere e portare armi. Secondo la mia opinione, il fatto che in America ci siano migliaia, forse milioni di proprietari di armi da fuoco, ci aiuta a proteggerci da chi vorrebbe distruggere la libertà e il nostro stile di vita."

Le incongruenze tra le feroci dichiarazioni contro i videogiochi della NRA e quelle di Barrett sono evidenti. Negli Stati Uniti molti condividerebbero questo punto di vista che trova accettabile la commercializzazione di armi da fuoco ai videogiocatori più giovani. Allo stesso tempo, anche se le leggi americane in materia di possesso di armi restano molto permissive, altri trovano deleterio e terrificante questo tipo di marketing .

Il Senatore Ginny Burdick è un democratico alla sua terza carica nel Senato dell'Oregon. Agli inizi di dicembre un uomo armato ha ucciso due persone e ferito una terza nel suo Stato. Nel programma del Senatore Burdick c'è l'introduzione di una legge che limiti la vendita di caricatori con più di 10 colpi. Le ho parlato poche ore dopo la conferenza stampa della NRA.

"So che c'è un dibattito molto ampio sulla violenza e ho le stesse preoccupazioni che chiunque altro potrebbe avere sulla forte presenza di armi da fuoco e violenza nei videogiochi", ha detto. "Ma la presenza di armi su licenza? Mi sembra che faccia tutto parte di un piano molto più grande per aumentare la vendita delle armi in ogni modo possibile"

"Le compagnie produttrici di armi utilizzano la NRA come veicolo per questo. Non sapevo che utilizzassero anche i videogiochi come un mezzo per promuovere la vendita di armi, ma ciò non mi sorprende. Queste società hanno le mani sporche di sangue. E anche la NRA, che è un loro strumento".

"Spero che quella conferenza stampa sia stata l'ultimo sussulto di un'organizzazione morente", ha proseguito. "Ho visto dei commenti alla conferenza da parte di alcuni possessori di armi oltraggiati dalla NRA. La NRA estremizza perché aumentando la paura si aumentano anche i volumi di vendita delle armi. Non ci crederete, ma questa settimana i negozi che vendono armi da fuoco sono stati letteralmente inondati di clienti".

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È comprensibile che i publisher di videogiochi non vogliano discutere della questione delle licenze in questo momento così instabile. Nel 2012, EA ha creato un sito web legato ai produttori delle armi da fuoco e dei coltelli presenti in Medal of Honor: Warfighter. La mossa ha attirato molte critiche: dopo decadi di vuoti proclami sull'influenza che i media hanno sul comportamento, l'industria è molto sensibile ai possibili collegamenti tra la violenza reale e quella virtuale che vediamo nei videogiochi.

Ma oggi sappiamo che una parte dei soldi spesi nell'acquisto di videogiochi a tripla A a tema militare finiscono nelle tasche dei produttori di armi, sia direttamente tramite le licenze che indirettamente a causa della pubblicità che ne viene generata. Tra i beneficiari ci sono Barrett negli USA e FN in Belgio. È possibile che ciò includa anche altri nomi controversi dell'industria delle armi come Israel Weapon Industries, società creatrice del TAR-21 che appare in Call of Duty. Questi accordi politicizzano i videogiochi in maniera tangibile ma nascosta. I consumatori, negli anni passati, hanno involontariamente finanziato compagnie produttrici di armi coinvolte anche in scenari militari.

Il sistema solleva delle domande complicate. Nessun argomento è tabù per una forma d'arte matura, e la presenza di vere armi aggiunge senza dubbio maggior verosimiglianza a un videogioco. La loro assenza sarebbe un danno alla creatività.

"Credo che ci sia un problema più grande, e cioè che sparare a dei nemici sia l'elemento principale di un gran numero di giochi."

sviluppatore anonimo
Nel 2005, la United States Army ha dichiarato il Barrett M107 come una delle 'Dieci più grandi Invenzioni'.

Allo stesso modo, le classificazioni esistono per progettere i bambini dall'esposizione a certi tipi di videogiochi. Un'applicazione più severa di queste protezioni è necessaria, ma senza una conoscenza almeno basilare del sistema non può esserci discussione e i consumatori non possono fare acquisti consapevoli.

Molti degli sviluppatori che lavorano su giochi contenenti riproduzioni di armi su licenza hanno un rapporto combattuto con la questione. Solo un membro di un team coinvolto nello sviluppo di un titolo di primo piano nel genere ha accettato di commentare, e solo dietro garanzia di anonimato. "Non ho un problema con le licenze delle armi in particolare", ha dichiarato. "Credo che ci sia un problema più grande, e cioè che sparare a dei nemici sia l'elemento principale di un gran numero di giochi. Che le armi siano inventate o riprodotte in base a modelli reali non cambia nulla".

"Insistere sul guadagno che ne traggono i produttori di armi non ha senso se il problema è l'influenza che i videogiochi hanno sui processi decisionali che regolano gli acquisti. Ci sono molti giochi che presentano delle armi realistiche ma comunque inventate e che ne esaltano l'utilizzo. Sono sicuro che il ritorno economico generato da una cultura che esalta la violenza in generale in tutte le forme mediatiche, videogiochi inclusi, è superiore a quello prodotto dalla concessione in licenza di alcuni prodotti."

Similarmente, per questo designer, il fatto che le società produttrici di armi utilizzino i videogiochi per promuovere i loro prodotti non è il problema principale. "Questo è ciò che fa il marketing ed è una funzione della nostra cultura. Il problema è il modo in cui rendiamo certi prodotti attraenti per le persone, inclusi prodotti che possono causare la morte di qualcuno".

"Questo tipo di marketing è un sintomo, non il problema. La cosa è integrata in modo più sistematico nella nostra cultura, preoccuparsi solo degli effetti delle armi sulle persone vuol dire ignorare i veri problemi, perché ce ne sono di molto più difficili da risolvere. Si tratta di cose molto più grandi del semplice cambiamento della cultura americana relativa alle armi."

Per Martin Hollis, che ha voltato le spalle ai videogiochi violenti dopo aver lasciato Rare nel 1998, le cose sono molto più semplici. "La mia posizione morale è che si è parzialmente complici della violenza quando si adotta una storia violenta", dice.

"Le storie che raccontiamo e i giochi con cui ci svaghiamo hanno un effetto, altrimenti le persone non si prenderebbero la briga di perderci del tempo. Utilizzare la licenza di una vera arma è un punto all'estremo di uno spettro che comincia con l'atto di giocare a Guardie e Ladri. Ma mettere del denaro nelle mani di società coinvolte nel commercio di armi può solamente aiutarle a realizzare strumenti di morte".

Un ringraziamento speciale a Ryan Smith per l'aiuto fornito con l'intervista ad Aidin Smith. La NRA non ha risposto alle richieste di commenti da includere in questo articolo.