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Armikrog: old school fino all'eccesso - recensione

I ricordi sono belli, ma è bene imparare dall'esperienza.

Se già conoscete l'affascinante The Neverhood avrete sicuramente avuto una sensazione di déjà-vu dopo aver visto le immagini di Armikrog sparse per questa pagina. Nonostante siano usciti a distanza di molti anni, i due titoli hanno molto in comune, non solo i membri del team di sviluppo ma anche e soprattutto la Claymation, la tecnica utilizzata per dare vista a personaggi e scenari tramite l'impiego di modelli di plastilina riprodotti, nel caso non siano statici, in stop-motion.

Armikrog nasce come erede spirituale di The Neverhood, in poche parole l'operazione nostalgia perfetta per Kickstarter, su cui è stato finanziato questo ennesimo revival. Fa piacere constatare che c'è ancora spazio per soluzioni alternative come appunto la Claymation, visto che in tempi abbastanza recenti anche titoli come The Swapper sono partiti da veri oggetti per poi riprodurli in-game, con risultati anche in quel caso piacevoli.

Armikrog non si perde in troppi preamboli: dopo una breve intro animata composta da alcuni schizzi e una musichetta orecchiabile, il protagonista Tommynaut e il suo cane fedele compagno Beak Beak (una specie di cane parlante) si ritrovano su un pianeta sconosciuto all'interno di una misteriosa fortezza, l'Armikrog che dà il nome all'intero gioco.

Il doppiaggio è di buon livello e i dialoghi sono sottotitolati in Italiano: da questo punto di vista, Armikrog è perfettamente accessibile a tutti.

Dopo la prima, piacevole sequenza animata, che mette subito in mostra le potenzialità della Claymation, l'avventura comincia senza altri solleciti. Niente istruzioni, nessun indizio, neanche un avviso che indichi che il controllo è passato a noi. Solo un cursore su schermo, che dovremo utilizzare per cliccare sullo scenario al fine di muoverci e interagire, o su Beak Beak e Tommynaut per prenderne il controllo.

Nonostante il buon impatto grafico, Armikrog vive di un'essenza minimalistica. Tommynaut infila semplicemente gli oggetti nel suo gommoso addome e non c'è una schermata d'inventario che permetta di esaminare ciò che si è già raccolto. Il cursore, poi, non cambia assolutamente forma quando si sovrappone a punti che permettono un'interazione.

Vi sono molte leve da raccogliere e utilizzare, puzzle da ricomporre, indizi da individuare: a volte questi compiti sono eseguibili solo da uno dei due personaggi e la mancanza di un qualsiasi feedback non aiuta a individuare ciò con cui si può interagire, anche in seguito.

L'avventura passa per una serie di enigmi, che forse più di tutto il resto tradiscono le radici antiche del titolo di Pencil Test Studios. Il mondo di Armikrog è alieno e come tale si basa su tutta una serie di principi incomprensibili ma la maggior parte degli enigmi ha semplicemente poco senso. Spostare un alieno peloso in modo che si apra una botola dalla quale spunterà un tentacolo da usare come ascensore è solo un esempio, e neanche dei più strani.

Nonostante gli scenari siano belli da vedere, percorrere varie stanze per tirare la leva di turno più volte, o anche assistere a un oscuro monologo in lingua aliena, sono passaggi che appesantiscono l'avventura e il percorrere a ritroso varie stanze in cerca di un indizio può rivelarsi frustrante.

La presenza di due personaggi molto diversi non varia di molto le cose. Beak Beak può intrufolarsi in evidenti passaggi troppo piccoli per Tommynaut e ingurgitare degli oggetti (come leve... sì, ce ne sono veramente tante) da riportare al padrone, o anche volare dopo una certa parte dell'avventura. Queste possibilità sono però limitate a punti ben precisi, per cui non è possibile usare il fedele compagno per svolazzare allegramente in giro e risparmiare tempo per raggiungere un altro punto della fortezza.

A mitigare il backtracking e i momenti di stallo, come detto, interviene il naturale fascino degli scenari,che grazie alla Claymation hanno un aspetto unico in grado di catturare e appagare l'occhio come nessun poligono saprebbe fare. Lo stesso vale per la caratterizzazione dei personaggi, con voci convincenti e dialoghi buffi che comunque risultano abbastanza diradati nel tempo.

La validità dell'aspetto di Armikrog non è in discussione ma lo stesso vale per l'eccessiva piattezza di interfaccia ed enigmi. Piuttosto che un gioco ispirato a un vecchio classico, Armikrog sembra a volte un gioco uscito direttamente da un paio di decadi fa, e non fa nulla per sfruttare una qualsiasi soluzione moderna come il doppio click sulle uscite per passare alla stanza successiva, o anche solo un cursore dinamico.

Sei leve in una sola stanza: un'immagine emblematica della natura degli enigmi proposti da Armikrog.

Gli enigmi non sono di certo impossibili da risolvere ma spesso fanno parte di quella categoria di rompicapo che possono diventare irritanti nel caso non si riesca a trovarne presto la chiave di volta: figure da ricomporre, le onnipresenti leve da tirare, sequenze di oggetti da allineare e così via, sempre su questa falsariga. Sicuramente i giocatori più tenaci non si faranno scoraggiare ma molti potrebbero trovare un simile sistema indigesto e troppo criptico.

In conclusione siamo di fronte a un'ottima produzione dal punto di vista grafico, fosse anche solo per l'unicità delle sue visuali, azzoppata da meccaniche farraginose che mostrano il peso degli anni. Un pizzico di modernità nei punti giusti non avrebbe fatto male, soprattutto perché non avrebbe inficiato le caratteristiche salienti in cui Armikrog affonda le proprie radici, rivelandosi consigliabile solo a chi vuole riassaporare un'esperienza molto fedele, nel bene e nel male, a canoni ormai datati.

Segnaliamo infine che Armikrog è sì arrivato col fiato corto al traguardo, visti i numerosi bug riscontrati al lancio, ma che la recente patch 1.02 ha già sistemato comunque parecchie magagne, e almeno da questo punto di vista le cose si sono messe per il verso giusto anche se ci sono ancora dei piccoli aggiustamenti da fare.

6 / 10

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Armikrog

PS4, Nintendo Wii U, PC, Mac

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Emiliano Baglioni

Contributor

Emiliano si affaccia al mondo dei videogiochi all’epoca del Vic 20. Vive la sua storia di giocatore pensando che prima o poi crescerà e mollerà il joypad, ma non abbandona mai la sua passione, che riesce in qualche modo misterioso a conciliare con tutto il resto.

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