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The Last Guardian

Un animale gigantesco e il suo amico bambino.

Ico e Shadow of the Colossus, i due grandi classici per PlayStation 2 realizzati dal piccolo team capitanato da Fumito Ueda, riescono a generare una certa aura di mistero.

La grafica ovattata e sbiadita, l'atmosfera malinconica e la narrazione priva di riferimenti precisi, li rendono simili a lontani ricordi di libri illustrati, come quelle favole d'infanzia cariche d'importanti significati nascosti, adulti e solenni, che si trovavano sempre al di là della comprensione di un bambino ma che sono comunque in grado di influenzare il suo futuro.

Questo velo di mistero viene ereditato alla perfezione da The Last Guardian, il terzo gioco del team e il suo primo titolo su PlayStation 3. Anche se è ormai in sviluppo da oltre cinque anni, finora ci sono stati concessi solo brevi sguardi a quella che sembra la storia di un bambino e di un gigantesco animale, un bizzarro incrocio tra un gatto, un cane e un volatile.

I fan hanno abbondantemente pontificato su questi fantastici filmati, caricando ogni singolo fotogramma di significati e moltiplicando a dismisura domande e aspettative. Cosa comprensibile, questa, perché è impossibile non porsi domande sulla vera natura del gioco e sull'effimera scintilla creativa che anima questo team, il quale affascina e stupisce i suoi fan.

È quindi con grande piacere che vi proponiamo il resoconto della visita di Eurogamer.net presso gli studi di Tokyo del Team Ico, per parlare a Ueda e vedere una demo in tempo reale di The Last Guardian.

Qui non troverete però le risposte nello studio stesso. Si tratta infatti di un modesto ufficio fatto di cubicoli ben illuminati e situato agli ultimi piani di un palazzo della Sony, ma che risulta mezzo vuoto a causa delle modeste dimensioni del team gestito da Ueda, che conta circa 50 persone.

Non si vedono affatto le opere di Goya, Ted Hughes o Hayao Miyazaki in giro per l'ufficio. Si trovano invece copie di Halo: Reach, StarCraft (l'espansione Brood War) e la serie completa dei DVD di 24, la serie televisiva con Kiefer Sutherland; tutte cose piuttosto banali e completamente irrilevanti.

Ueda non ha alcun ufficio privato nel quale sbirciare per farsi un'idea sulla sua vena creativa. Lavora semplicemente lì in mezzo, come tutti gli altri, in un palazzo le cui finestre si affacciano sui Giardini Imperiali; nient'altro degno di nota, però.

Com'era immaginabile, infine, Ueda non ha dato direttamente risposta alle domande che tutti i fan si sono posti in questi mesi. Il celebre game designer è notoriamente un interlocutore piuttosto evasivo, anche se educato e simpatico.

Con i suoi capelli lunghi, la camicia abbottonata e i lineamenti da ragazzino, sembra molto più giovane dei suoi effettivi 40 anni. Ad ogni modo si è dimostrato rilassato e disponibile, rispondendo alle domande che gli sono state poste.

Cos'ha in comune The Last Guardian con i suoi precedenti capitoli? "Nel primo dei tre titoli il fulcro era l'interazione tra il giocatore e il personaggio mosso dall'intelligenza artificiale" spiega. "Nel secondo c'era l'atto di scalare dei mostri giganteschi. Nel terzo gioco, invece, c'è un po' di tutte e due le cose. Stavolta abbiamo un personaggio mosso dall'IA, ma è una creatura davvero grande in confronto ai piccoli omini indifesi del primo capitolo."

E con questa semplice risposta, il segreto di The Last Guardian è svelato. Si tratta semplicemente di Ico e Shadow of the Colossus uniti in un solo gioco.

Questa verità viene anche sottolineata dalla demo giocabile di 15 minuti, un vero e proprio assaggio di azione platform, enigmi, piccole incursioni nello stealth e di interazione con la creatura. Come in Ico, il bambino dovrà usare la sua innata agilità infantile per superare delle rovine labirintiche in stile Gormenghast. Dovrà inoltre affrontare sinistri avversari e guidare il suo amico in modo da seguirlo.

Un trailer del gioco.

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A proposito dell'autore

Massimiliano Pacchiano

Contributor

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