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SOCOM: Forze Speciali

È il momento di fare squadra!

È un po' il bello del mondo dei videogiochi. Ammazzare terroristi diventa una specie di sport dove ognuno svolge il proprio ruolo: tu miri da lontano, tu fai fuoco di copertura, tu vai all'assalto e così via. Finché nessuno si fa male tutto è lecito, e SOCOM ci viene presentato proprio così: la cosa più vicina a un campo di battaglia senza il rischio di beccarsi un proiettile.

La formula funziona da nove anni per un totale di oltre dodici milioni di copie vendute e con il ritorno al timone degli autori storici della serie. Dopo Tactical Strike per PSP e Confrontation, entrambi sviluppati da Slant Six, era lecito aspettarsi delle novità, prontamente presentate oggi a Milano da Travis Steiner, lead designer di Zipper Interactive.

Il nuovo SOCOM è un'evoluzione della serie, che mantiene saldi i suoi principi aggiungendo qualche nuovo ingrediente. Tre i punti focali: gioco di squadra, autenticità e innovazione. Il primo dei tre elementi è un po' il fulcro del gioco e il principio guida è stato semplice: un buon soldato non si limita a sparare velocemente, ma deve avere caratteristiche di leadership ed essere un elemento affidabile all'interno di una squadra. Su questo è stato costruito tutto il resto.

Vietnam? No, siamo nei pressi dello stretto di Malacca. Tra Indonesia e Malesia.

Ci si trova quindi da qualche parte nel sud est asiatico a partecipare a una missione di pace nei panni di un comandante di squadra delle forze NATO. L'attualità ci insegna che sotto la denominazione "Missione di pace" può starci un po' tutto. Non sorprende quindi che l'intera forza di intervento sia stata spazzata via dagli insorti a seguito di un colpo di stato, né che la rivolta venga "pacificata" con bombardamenti a tappeto. Una sola squadra con un solo comandante sono rimasti sul campo con una missione molto semplice: evitare il disastro in sei giorni.

Un presupposto un po' debole, ma che comunque dipinge una realtà non troppo distante da quella che propongono i TG di questo periodo. Certo, qui le cose sono un po' più esasperate, nel senso che il nostro manipolo di eroi non ha la speranza di farsi portare via dall'azione e ha davanti un compito titanico, non potendo disporre di molto supporto fatta eccezione per gli attacchi aerei che possono essere chiamati sui bersagli più ostici.

Missili in arrivo. Credete di essere al sicuro dietro quel riparo? Beh, non lo siete affatto.

I sei giorni si dipanano lungo una campagna single player che si compone di 14 missioni che ne raccontano la storia. I combattimenti sono per lo più urbani, con qualche digressione in spazi più ampi, e mettono in luce il comodo sistema di controllo del team.

Dare ordini ai compagni è semplice: si punta una direzione e si preme un tasto. Con questo sistema è possibile impartire ordini di diverso tipo che vanno dal raggiungere una destinazione servendosi di waypoint, ma anche designare bersagli specifici oppure organizzare imboscate agli ignari avversari.

Questi ultimi sembrano rifiutare ostinatamente il ruolo di "carne da cannone" grazie a un'IA che permette loro di adottare tattiche militari e di guerriglia credibili.

Le manovre sono dinamiche, il nemico tenta l'aggiramento sui fianchi, effettua il fuoco di copertura ed è capace di costringere all'arretramento sotto un intenso volume di fuoco.

Come è classico della serie, è stata riservata un'attenzione particolare al realismo degli ambienti e degli armamenti, con un arsenale molto vasto che comprende oltre trenta tra mitragliatori, fucili di precisione, granate e via dicendo. Le coperture possono essere distrutte dalle armi adatte, il che permette di stanare cecchini e squadre in copertura, ma è un'arma a doppio taglio che obbliga a non fare troppo affidamento sui ripari più leggeri. Le tattiche sono quindi basate più sul movimento che non sulla difesa a oltranza.

La modalità Bomb Squad: difendiamo l'artificiere!

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Mike Ortolani

Contributor

Dopo un passato di musicista, incontra il buon Silvestri che lo coinvolge con Eurogamer. Mike ne è entusiasta, ma nel suo animo è ancora abbastanza sicuro di essere un musicista.
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