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Call of Juarez: The Cartel

Perché cambiare qualcosa che funziona?

Tutto interessante sulla carta, peccato che tale varietà di protagonisti e situazioni si traduca in un gameplay che, nella prima ora, ha già mostrato tutte le sue carte e che alla lunga tende a diventare a terribilmente monotono e sconclusionato.

A parte i dialoghi “crudi”, al limite del volgare e razzista in alcuni momenti, e di sporadiche sparatorie dal ritmo piuttosto frenetico, Call of Juarez: The Cartel in singolo ha ben poco da offrire a chi vive di pane ed FPS. Il discorso invece cambia un po’ se si ha a disposizione un compagno con cui imbarcarsi nella storia principale in modalità co-op.

Mentre nel single-player scegliere un protagonista piuttosto che un altro fa poca differenza, soprattutto a causa di un’intelligenza artificiale decisamente imperfetta, nella modalità cooperativa le differenti abilità dei personaggi e la possibilità di avere al fianco un essere realmente pensante cambia un minimo le carte in tavola. Intendiamoci, non è che in co-op il gioco diventi improvvisamente perfetto, però almeno l’asticella del divertimento si innalza un po’ dalla mediocrità assoluta.

Avanzando di livello si sbloccano nuove armi ed equipaggiamenti... ma il succo rimane sempre lo stesso!
Benjamin McCall è il più abile dei tre negli attacchi corpo-a-corpo e nell’utilizzo di armi pesanti.

Da dimenticare invece le altre opzioni multiplayer che, come la moda più recente vuole, sono in parte sospese tra il co-op e il competitivo. Una di esse simula una rapina in banca, nella quale una squadra fa la parte dei rapinatori e l’altra della polizia... peccato che questa si riduca a sparatore degne del miglior capitolo de La Pallottola Spuntata.

Un'altra, invece, prevede che una squadra protegga una personalità di rilievo (polizia o malavita che sia) e l’altra tenti invece di assassinarla. Anche questa risulta appassionante più o meno come una riunione di condominio. Non mancano poi le modalità classiche come il Team Deathmatch, che però risentono più o meno degli stessi difetti riscontrati nel single player. Tornando al discorso iniziale mi chiedo come sia possibile che un gioco ottimo dal punto di vista grafico come CoJ: Bound in Blood possa essersi ridotto a quello che possiamo “ammirare” in The Cartel. Sembra quasi che i ragazzi di Techland abbiano disimparato come si realizzi una texture o un’animazione.

Perché poi abbandonare l’ottimo sistema di coperture del capitolo precedente rendendo l’intero gameplay di questa terza uscita molto più rigido? Perché adottare in modo così inutile il solito Bullet Time, che in questo caso è stato chiamato, con somma originalità, Modalità Concentrazione?

Sono davvero tanti, troppi i “perché” di questo gioco. In un solo colpo il team di sviluppo è riuscito a far uscire uno dei peggiori FPS dell’anno e a rovinare, fortunatamente solo in parte, il ricordo dei precedenti capitoli. Fateci un favore... ridateci indietro il caro, vecchio west!

4 / 10

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Call of Juarez The Cartel

PS3, Xbox 360, PC

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.

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