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Peter Moore non è l'unico responsabile per la fine del Dreamcast

Male interpretate le dichiarazioni del 2008.

A dispetto della credenza popolare, Peter Moore non è l'unico responsabile della morte del Dreamcast, ultima e mai abbastanza rimpianta console di Sega.

Nel 2008 Moore rilascio questa dichiarazione al The Guardian: "Quindi il 31 di Gennaio del 2001 decidemmo che Sega non avrebbe più sviluppato hardware... per qualche motivo fui io a dover fare la telefonata, non i giapponesi. Dovetti licenziare un sacco di gente, non fu una bella giornata."

Ma in una intervista a IndustryGamers Moore ha affermato che la sua frase è stata male interpretata, e che sono stati almeno sei membri del consiglio d'amministrazione di Sega a scrivere la sentenza di morte sul Dreamcast e sul futuro della compagnia come sviluppatore hardware.

"Sai, è buffo, quando ho detto quella frase al Guardian nel 2008 mi riferivo proprio al fatto di dover telefonare - spiega Moore - ma è stata interpretata come se la decisione fosse stata mia. Di certo non sono stato io a chiamare i giapponesi per dirgli che dovevamo uscire dal mercato hardware!".

"Eravamo tutti d'accordo - e parlo di circa mezza dozzina di persone ai vertici dell'azienda sparse per il mondo - su ciò di cui avevamo bisogno per superare il 2001, e semplicemente ci mancavano i numeri per farlo. Il periodo iniziale di ogni console è molto difficile, perché non è molto redditizio, anzi spesso ci perdi. Dovevamo sviluppare una base installata, ma non ci eravamo riusciti".

"Non ho rimpianti, ma per un momento è stata molto dura - conclude Moore - soprattuto il dover ammettere al mondo che Sega, dopo essere stata per 20 anni una compagnia al top, una compagnia che aveva definito la direzione e la visione artistica dell'industria, era costretta ad uscire dal mercato hardware".

"Diventare una delle terze parti non è stato facile, anche se improvvisamente i nostri nemici sono diventati i nostri amici. E' stato difficile soprattutto per il costo umano di tutto ciò, perché abbiamo dovuto licenziare molte persone quel giorno, persone con cui avevamo costruito qualcosa che speravamo avesse successo, ma ormai è andata così".

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Lorenzo Fantoni

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Dentro un rugbista di 110kg dedito agli stravizi, batte il cuore di nerd vecchio stampo con lo sguardo perennemente abbronzato da uno schermo, anche d'estate.

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