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Chi ha incastrato Roger Ebert? - articolo

Il famoso critico cinematografico americano contro i videogiochi come forma d'arte.

I videogiochi possono essere considerati una forma d'arte? Voi cosa ne pensate? Questa domanda è stata rivolta centinaia di volte ad addetti ai lavori ma anche a semplici appassionati, e la diatriba è ancora aperta...

Anche Roger Ebert ha voluto dire la sua sull'argomento e ne ha avute un po' per tutti. Come dite? Chi è Roger Ebert? Semplicemente uno dei più famosi critici cinematografici americani, uno di quelli che ama stroncare senza pietà i film che poi puntualmente vengono premiati dal pubblico.

Le prossime pagine non vogliono rappresentare una presa di posizione netta e nemmeno una critica o un elogio sperticato al signor Ebert. Quello che vogliamo fare è semplicemente discutere di uno degli argomenti più interessanti che il mondo dei videogiochi è in grado di generare in questo momento. Alla fine sarete voi a farvi un idea (forse) più precisa sul tema.

La Fontana di Duchamp. Che ci crediate o no è stata un'opera d'arte... finché non venne buttata via come rifiuto.

Tanto per farvi capire quanto questo personaggio sia lontano dal concetto di "esperto di videogiochi", vi citiamo un episodio. In una discussione nata dopo la sua recensione del film tratto da Doom, il buon Ebert ha risposto a un lettore dicendo che "finché ci saranno film da vedere e libri da leggere, non troverò mai tempo per i videogiochi".

Nel marzo del 2010, Keelee Santiago del team "thatgamecompany" è intervenuto a un evento affermando che i videogiochi erano assolutamente una forma d'arte e per dimostrarlo ha fatto vedere filmati tratti da Waco Resurrection, Braid e Flower.

"Secondo Ebert nessun videogiocatore attuale vivrà abbastanza da vedere i videogiochi riconosciuti come forma d'arte"

La risposta di Ebert a quell'intervento è stata tanto laconica quanto criptica. Il critico infatti ha affermato che secondo lui "nessun videogiocatore attuale vivrà abbastanza da vedere i videogiochi riconosciuti come forma d'arte. In ogni caso, se mai questa cosa dovesse avvenire nel prossimo futuro, questi media smetteranno di essere videogiochi nel momento stesso in cui verranno considerati in altro modo".

"Keelee ha portato esempi di giochi che non hanno costrizioni, confini o regole, ma io sostengo che questo tipo di prodotti non possono più essere considerati videogiochi ma rappresentazioni interattive di qualcos'altro: una storia, una musica, una danza, un film, tutte cose in cui non si deve vincere ma semplicemente provare emozioni".

In un altro pezzo pubblicato nel luglio del 2010, Ebert ha detto: "Sono tante le cose che molti membri della nostra società non sono in grado di percepire e di capire nel modo giusto, non tanto perché sono troppo vecchi o troppo giovani ma perché hanno avuto vite ed evoluzioni diverse".

"Sono convinto che molti videogiocatori percepiscano i giochi come forme d'arte, ma non riesco a capire cosa si possa imparare sulla natura delle persone da questi". L'idea che il concetto d'arte sia dipendente da quello dell'insegnamento della natura umana fa parte della filosofia di Ebert, e in effetti è difficile da conciliare con un mondo così distante come quello dei videogiochi.

Spesso e volentieri i giochi che gran parte del pubblico considera opere d'arte sono realizzati con grafiche a dir poco minimaliste.

In seguito ai suoi interventi molti siti di fama mondiale hanno replicato ad Ebert, alcuni anche con una discreta veemenza, da 1Up a Gamasutra. Praticamente ogni intervento o articolo sull'argomento ha riportato decine di esempi di giochi che possono universalmente essere considerati come arte.

Ovviamente Ebert non si è fatto intimorire e ha risposto praticamente a tutti. Alcuni suoi post successivi hanno superato i 6000 commenti e continuano a generare traffico.

"Oggi da quasi tutti l'arte viene considerata come un concetto vago, che ognuno può plasmare a suo piacimento"

Una delle risposte più memorabili date dal critico ad un lettore è stata questa: "L'arte può essere valida o non valida, di buona o pessima qualità, ma rimane sempre attuale ed è una continua scoperta. Queste sono caratteristiche che sinceramente fatico a trovare in un videogioco".

Per molte persone ragionamenti come questi non hanno molto senso e in alcuni casi anche noi abbiamo faticato a capirne i significati reconditi. In realtà sia nei videogiochi che in qualsiasi forma d'arte non esistono standard ed è proprio questa la loro caratteristica migliore, quella che forse più di tutte li accomuna.

Il concetto stesso di arte è talmente ampio da avere dei contorni a dir poco indefiniti. Perché un videogioco non può rientrarvi, mentre l'orinatoio presentato 100 anni fa da Marcel Duchamp, esposto con il titolo "Fontana" nei musei più famosi del mondo, sì? E perché nel 1958 era considerata arte un'esposizione del nulla, ovvero una sala completamente vuota, allestita da Yves Klein a Parigi?

Un tempo era considerata arte ogni forma di espressione "esclusiva", oggi non più. Oggi da quasi tutti l'arte viene considerata come un concetto vago, che ognuno può plasmare a suo piacimento in base alle proprie esperienze. Ovviamente quando si parla di musica, pittura e letteratura, le cose si fanno diverse e i confini ben più netti, ma per tutto il resto non è così.

Chissà cosa penserebbe Oscar Wilde di questo argomento. Probabilmente direbbe che 'Non v'è Arte là dove non v'è stile'...

Il motivo per cui le discussioni avviate da Ebert hanno avuto e continuano ad avere successo e seguito, è da cercare nel loro stesso protagonista. Stiamo pur sempre parlando di un premio Pulitzer e il suo aver ammesso fin dall'inizio di non essere un esperto di videogiochi è stata la mossa vincente, quella che ha attirato su di lui, ancora una volta, le luci della ribalta.

Se una persona qualunque dicesse "ma perché i giocatori non si accontentano di giocare e divertirsi senza preoccuparsi se quello che stanno vivendo è arte o no?", probabilmente la discussione si esaurirebbe nel giro di pochi minuti. Se a dirlo però è uno come lui, le cose possono andare avanti per settimane, anche mesi.

"Un tempo era considerata arte ogni forma di espressione 'esclusiva', oggi non più"

"Non è che la loro voglia di considerare i videogiochi una forma d'arte è una sorta di difesa nei confronti di chi li critica perché, anche in età adulta, sono ancora attaccati ai 'giochini'?". Questa frase in particolare ha scatenato un putiferio sul blog di Ebert.

In verità tutti noi conosciamo almeno una persona che quando ci vede davanti ad un videogioco non può fare a meno di scuotere la testa o commentare in modo sarcastico quello che sta vedendo. Nessuno di noi, però, ha provato a convincerli che si sbagliavano perché quello che stavano vedendo era una forma d'arte, giusto? Sarebbe come impersonare Don Chisciotte e combattere contro i mulini a vento.

Avete mai avuto la sensazione di perdere tempo quando vi trovate davanti ad un videogame? Probabilmente no e avete ragione. Roger Ebert non usa i videogiochi e non ne sa nulla, quindi perché prendere in così grande considerazione le sue opinioni? La risposta si trova nella domanda che fa da titolo a questo articolo.

Con tutto quello che avete letto finora abbiamo noi voluto incastrare Roger Ebert, contestualizzando le sue esternazioni e dandole in pasto ad un pubblico ancora più ampio. In realtà non importa se universalmente i videogiochi verranno mai riconosciuti come forma d'arte, l'importante è che ognuno di noi possa continuare ad esprimere la propria opinione a prescindere dai tromboni (più o meno famosi) che vogliono imporre la propria.

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.

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