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Syndicate - hands on

La modalità coop a 4 giocatori, in diretta da Londra.

Sarò onesto: nel corso degli anni, pochi giochi sono stati capaci di azzerare la mia vita sociale come il vecchio Syndicate. Saranno anche passati quasi due decenni, ma mai come ora sono convinto che il capolavoro di Bullfrog contenesse tutto quello che un videogiocatore potesse desiderare: una narrazione avvincente, un'atmosfera distopica e così dannatamente steampunk da essere presa a modello da innumerevoli produzioni a seguire, anche recenti, un gameplay capace di regalare soddisfazioni immense e, cosa più importante per un ragazzino di (allora) 12 anni e poco più, violenza a palate. Un titolo enorme, impeccabile sotto ogni punto di vista, rinchiuso in nemmeno una manciata di mega.

Capirete dunque da soli il mix emotivo con cui mi sono presentato al recente showcase londinese di Electronic Arts, che mi ha permesso di osservare da vicino la reincarnazione targata Starbreeze di uno dei titoli, a mio parere, più celebri e importanti della storia del nostro medium preferito. Le aspettative? A dir poco enormi, quanto la paura di assistere alla snaturazione di uno dei compagni d'infanzia preferiti.

Combattere in una squadra di quattro elementi, vestiti con lunghe palandrane di pelle borchiata in perfetto stile Matrix, ha indubbiamente il proprio fascino.

Ma dopo un'ora e mezza passata col pad serrato tra le mani qualcosa è successo, per certi versi potremmo dire che la proverbiale scintilla è scattata: certo, non è QUEL Syndicate, quello che in molti conoscono per filo e per segno e che in ancor di più difenderebbero a spada tratta anche col proprio corpo. Ma è innegabile, la nuova creatura di EA ha una propria identità e carattere da vendere: e non penso di esagerare dicendo che in un 2012 ricco di FPS più che blasonati, l'erede high definition di Bullfrog abbia tutte le carte in regola per farsi valere.

Ma torniamo al nostro hands on, focalizzato per l'occasione sul comparto multiplayer: il tour nella capitale britannica ci ha permesso di assaggiare un gustoso antipasto dell'inedita campagna cooperativa per quattro giocatori on line, che va ad affiancarsi all'interessante modalità per giocatore singolo che il nostro Lorenzo ci ha presentato lo scorso novembre. Saint Deniz Downzone, questo il nome dell'accampamento mercenario entro il quale ci muoveremo, è una delle location dell'Europa Occidentale specificatamente progettate per la suddetta modalità, che si discosta sensibilmente da quelle della campagna solitaria tanto per la sua gamma cromatica, più asettica e fredda, quanto per la sua topologia.

L'obiettivo principale di questa missione (e dell'intera campagna per quattro, come affermato dallo sviluppatore) è il breaching, l'infiltrazione nel territorio nemico bypassando ogni tipo di porta o sistema informatico - un po' come accade nel recente Deus Ex, per intenderci.

Nella fattispecie, la nostra unità scende in campo contro il Cayman Global Syndicate, una corporazione avversaria rea di aver sottratto informazioni dai nostri archivi: in un era in cui controllare le informazioni significa controllare l'intero pianeta, questo è più che sufficiente per passare alle armi e recuperare il maltolto a qualsiasi costo. Maltolto che, giusto per facilitarci le cose, è salvato all'interno di un chip innestato nel cervello del Colonnello Gabron, capo dei Cayman, e in quello del suo luogotenente.

Breaching e hacking rappresentano uno degli aspetti principali della nostra sessione di gioco: trattandosi di una base piuttosto all'avanguardia, ci siamo scontrati con differenti sistemi di difesa armata (dalle classiche torrette mitragliatrici all'immancabile carro armato) posti in punti cruciali dell'area, da eludere nel minor tempo possibile cercando nel frattempo di sopravvivere al fuoco dei soldati nemici. La procedura di hacking è facile solo in teoria: basta avvicinarsi quanto più possibile all'obiettivo prestabilito, tenere premuto l'apposito pulsante (LB, nella versione Xbox 360 che abbiamo provato) per un paio di secondi et voilà, il dispositivo è sistemato.

Combattere in una squadra di quattro elementi, vestiti con lunghe palandrane di pelle borchiata in perfetto stile Matrix, ha indubbiamente il proprio fascino.

La stessa tecnica viene applicata per il recupero delle informazioni salvate nel cervello del Colonnello Gabron: quest'ultimo, infatti, è protetto da una speciale armatura che lo rende del tutto immune ai proiettili. Per riequilibrare lo scontro dovremo dunque effettuare un apposito hack sul pericoloso avversario, avvicinandolo quanto più possibile e, come nel caso precedente, premendo l'apposito pulsante: a manovra conclusa, la tuta sarà disattivata rendendo Gabron vulnerabile all'artiglieria. Il che comunque non significa avere vita facile nel combattimento finale.

E proprio a tal riguardo, dalla nostra prova è emerso il vero punto di forza di questa modalità: la collaborazione. Considerando la potenza bellica del Colonnello e la ragguardevole mole di tirapiedi alle sue dipendenze, rigorosamente armati sino ai denti, gettarsi a capofitto nella mischia brandendo il fucile in modalità Rambo è quanto di più affine al suicidio possiate fare.

Il lavoro di squadra non è consigliato, ma necessario: l'incursore che si sobbarcherà l'onere di disattivare qualsiasi sistema di difesa o contrattacco deve essere supportato dal restante terzetto, che si occuperà del fuoco di copertura o, nel caso della boss fight, di distrarre Gabron permettendo l'aggiramento e l'attacco alle spalle. Anche perché, vale la pena sottolinearlo, che si tratti di un tank, di un portone elettronico o di un energumeno armato di railgun, i secondi necessari a bypassare il sistema, durante i quali non potremo imbracciare l'arma, potrebbero risultare fatali.

Tuttavia, cadere in missione non implica un game over. Altra componente interessante è quella a cui in genere ci si riferisce con il nome di healing: ciascun giocatore può curare un alleato "temporaneamente" a terra, raggiungendolo e mantenendo premuto il già citato pulsante.

Sarà così possibile riportare in vita l'intera squadra anche nel caso fossimo gli unici rimasti in piedi, seppur trovarsi soli contro tutti potrebbe risultare particolarmente problematico: i "morenti", dal canto loro, possono cercare di rendere più facile la vita dei soccorritori trascinandosi a stento nella loro direzione per un breve lasso di tempo, scaduto il quale finiranno inermi al tappeto. La missione, chiaramente, fallirà quanto l'intera squadra sarà messa KO.

Se di primo acchito l'introduzione di tale feature potrebbe apparire come un'eccessiva semplificazione del gameplay, così gentile da permettere anche le azioni più scriteriate al giocatore che, nel peggiore dei casi, finirebbe per essere comunque curato da qualcuno, ci si accorge rapidamente di come soccorrere uno o più compagni nel cuore della battaglia sia non solo complicato, ma anche dannatamente rischioso.

Il comparto grafico del codice di prova risulta complessivamente gradevole, regalando ottimi effetti di luce e interessanti sistemi volumetrici.

Accorrere in aiuto dell'alleato significa "staccare" temporaneamente le mani dal grilletto, rendendoci dei facili bersagli per l'intelligenza artificiale avversaria: ancora una volta, dunque, la necessità di coordinare le proprie mosse con i restanti componenti e approcciarsi al gioco con un minimo di tatticismo mostra la sua importanza, specie quando per raggiungere il bisognoso di turno doppiamo coprire distanze anche considerevoli.

Dal punto di vista tecnico, il codice provato esibisce una veste grafica di pregevole fattura: l'ambientazione scientifico-futuristica appare particolareggiata e verosimile, seppur non propriamente in linea con gli standard più recenti della fisica e dell'interattività ambientale.

I modelli sono convincenti e dettagliati, sebbene le animazioni non siano sempre all'altezza (una su tutte, il trascinamento dell'alter ego morente verso il resto della squadra, legnoso e improbabile): anche l'intelligenza artificiale si divincola tra alti e bassi, alternando nemici dannatamente astuti e capaci di eludere le nostre manovre d'aggiramento ad altri particolarmente pigri, più inclini a pascolare di fronte al nostro fuoco che a cercare riparo dietro una delle numerose coperture offerte dalla mappa.

L'azione di gioco, tuttavia, scorre frenetica senza alcun intoppo: gli amanti dell' FPS possono dormire sogni tranquilli, nell'attesa di un titolo dal gameplay robusto che impreziosisce gli stilemi del genere con dinamiche interessanti quali healing e breaching. Se Electronic Arts voleva stupirci con questa revisione della vecchia gloria Bullfrog, direi che l'obiettivo è stato parzialmente raggiunto: la manciata di settimane che ci separa dalla release finale del prodotto sarà sicuramente intensa per gli sviluppatori, che mi auguro aggiustino il tiro risolvendo gli acciacchi tecnologici appena elencati.

La modalità coop a quattro, dal canto suo, merita sicuramente attenzione, vista e considerata la sua abilità nel bilanciare tatticismo, gioco di squadra e azione al fulmicotone. Non sarà il Syndicate che molti di noi hanno amato in tutti questi anni, ma le sorprese potrebbero essere davvero dietro l'angolo.

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Syndicate

PS3, Xbox 360, PC

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Alberto Destro

Contributor

Eterno Peter Pan intrappolato nel corpo di un trentenne, ha barattato la propria ombra per tastiera e controller. Il tutto per la gioia dell'adorata moglie, che si chiede cos'ha fatto per meritarsi un tale nerd.
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