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The Last of Us - intervista

Eurogamer.it scambia quattro chiacchiere in esclusiva con Erin Daly sul multiplayer.

Dopo la nostra recensione di The Last of Us siete impazienti di mettere le mani sul capolavoro firmato Naughty Dog? Possiamo capirvi. La storia di Joel ed Ellie vanta un livello qualitativo tale da far gola a chiunque. Il bello, però, è che all'interno del Blu-ray non è presente solo una memorabile avventura single player, ma anche una modalità multiplayer diversa dal solito e studiata nei dettagli per emergere dalla massa, offrendo qualcosa di nuovo ai giocatori.

Per cercare di capire meglio i passaggi che hanno portato alla nascita della modalità Fazioni abbiamo avuto la possibilità, gentilmente offertaci da Sony, d'intervistare in esclusiva Erin Daly, Game Designer presso Naughty Dog e responsabile proprio della componente multiplayer di The Last of US.

Eurogamer.it: Ciao Erin, prima di tutto complimenti per The Last of US. Lo abbiamo giocato e crediamo sia davvero splendido. Anche il multiplayer, a differenza di quanto accade spesso in altri casi, dimostra di avere alle spalle un attento lavoro di design. In particolare ci ha colpito la scelta di creare mappe estremamente vaste a dispetto del ridotto numero di giocatori. Cosa vi ha spinti a percorrere questa strada?

Un intenso primo piano di Erin Daly.

Erin Daly: Abbiamo scelto di realizzare mappe vaste in cui far interagire pochi giocatori per garantire uno spazio abbastanza esteso in grado di trasmettere la necessità di esplorare e di agire in modo strategico del single player. Abbiamo studiato un gameplay tattico guidato da scelte strategiche. Sullo schermo vengono date numerose informazioni attraverso il radar o la Modalità Ascolto, per esempio, così da permettere ai giocatori di scegliere come comportarsi durante le partite. Abbiamo dovuto trovare il giusto bilanciamento anche per il numero di giocatori, perché aumentandolo troppo l'azione diventava eccessivamente caotica, intaccando la "intimità" degli scontri.

Eurogamer.it: Quanto è stato difficile bilanciare a dovere un gameplay di questo tipo? Quali sono stati i passi fondamentali per raggiungere i risultati definitivi?

"Normalmente nel multiplayer competitivo il ritmo degli scontri è dettato dai giocatori più aggressivi"

Erin Daly: In effetti è stato piuttosto difficile. Volevamo mantenere alta la tensione e il feeling tattico. Normalmente nel multiplayer competitivo il ritmo degli scontri è dettato dai giocatori più aggressivi e nelle versioni iniziali del multiplayer questo rappresentava un problema. Proprio per questo abbiamo introdotto il radar e il sistema di marking (che permette di mostrare ai compagni di squadra la posizione dei bersagli individuati, ndR), che in pratica rappresentano un grosso ostacolo per coloro che tendono a gettarsi a testa bassa nella mischia.

Altri interventi che abbiamo fatto riguardano, per esempio, lo scatto e la Modalità Ascolto. Mentre nel single player si può correre senza sosta, nel multiplayer lo scatto dura solo pochi secondi e richiede un cooldown per essere riutilizzato. Lo stesso accade con la Modalità Ascolto, che nella versione finale dev'essere sfruttata con grande attenzione per ottenere risultati utili. Fra tutte le modifiche apportate per il bilanciamento, comunque, quella dello sprint è stata sicuramente la più importante.

Eurogamer.it: Gli infetti sono una parte fondamentale del mondo di The Last of US, eppure avete deciso di escluderli dal multiplayer. Puoi spiegarci il perché?

The Last of Us: il multiplayer si mostra in video.

Erin Daly: Quando si sviluppa un progetto si devono fare delle scelte in modo da investire al meglio le risorse disponibili. Partendo da quest'ottica abbiamo deciso di concentrarci unicamente sull'esperienza umano contro umano, ma quando le cose si calmeranno ci piacerebbe rispolverare l'argomento. Gli Infetti potrebbero far parte di un potenziale DLC.

"Gli Infetti potrebbero far parte di un potenziale DLC"

Eurogamer.it: Con Uncharted vi siete sempre impegnati per sostenere il multiplayer e la sua ricca community. Pensate di mantenere il medesimo approccio anche con The Last of US?

Erin Daly: Uncharted ha avuto ottimi risultati con la sua community. Offre moltissime opzioni e possibilità, alcune delle quali sono davvero molto popolari fra i giocatori, come le playlist in cui possono essere usate solo alcune combinazioni di armi (fucile di precisione e pistola, per esempio). Anche con The Last of US lavoreremo con la community per garantire la giusta varietà nel tempo.

Eurogamer.it: Abbiamo trovato particolare la scelta di non inserire classi specifiche all'interno del multiplayer. Vista l'ambientazione, la specializzazione avrebbe potuto far nascere interazioni interessanti tra i compagni di squadra.

Erin Daly: Inizialmente avevamo previsto le classi, che sono rimaste nel progetto del multiplayer fino a una fase piuttosto avanzata della lavorazione. Poi, però, abbiamo pensato che offrire classi specializzate e ben definite, sia in termini di capacità che di aspetto estetico come per esempio in Team Fortress, avrebbe potuto limitare l'esperienza. A quel punto abbiamo scelto di dare ai giocatori la libertà di creare la propria classe con la personalizzazione, attraverso le abilità e i perk. Si tratta di un sistema che garantisce un gran numero di possibili combinazioni.

"Offrire classi ben definite avrebbe potuto limitare l'esperienza"

Eurogamer.it: Nel corso dello sviluppo avete mai pensato di dare ai giocatori la possibilità di arrendersi o di cambiare fazione?

Erin Daly: In realtà il cambio di fazione è possibile, anche se non nell'arco delle due settimane virtuali previste dalla modalità multiplayer. Una volta completato il ciclo, arrivando alla fine dei 12 giorni o fallendo nell'impresa, si può scegliere una fazione differente. La possibilità di arrendersi, invece, non l'abbiamo mai considerata e in effetti potrebbe essere interessante. Potrebbe comportare bonus o penalità di vario genere... dobbiamo fare un po' di brainstorming al riguardo, perché è un'idea interessante!

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Eurogamer.it: Avete mai pensato di legare i progressi dei giocatori alla vita del loro personaggio? Come accadeva nel vecchio Steel Battalion per Xbox?

"Più a lungo si sopravvive, più oggetti si sbloccano, quindi è necessario giocare bene"

Erin Daly: In effetti ne abbiamo parlato. Era una delle idee del concept originale ma poi abbiamo pensato che sarebbe stato troppo frustrante per i giocatori perdere tutti i progressi. Alla fine abbiamo scelto di legare gli oggetti della personalizzazione alla sopravvivenza. Più a lungo si sopravvive, più oggetti si sbloccano, quindi è comunque necessario giocare bene.

Eurogamer.it: Le missioni da portare a termine per aiutare i sopravvissuti della propria fazione non sono mai davvero collegate alle azioni necessarie per completarle. Per curare i malati non viene richiesto, per esempio, di andare alla ricerca di kit medici. Come mai questa scelta?

Erin Daly: Volevamo lavorare al meglio sul gioco competitivo. Per questo abbiamo creato missioni che facessero concentrare i giocatori sullo scopo del gioco, su elementi legati alle statistiche tradizionali. Le missioni, anche quelle più estreme, sono pensate per spingere tutti a lavorare per il bene della squadra.

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Filippo Facchetti

Contributor

Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.
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