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Realtà virtuale: a volte ritorna - editoriale

Vent'anni di fantascienza per trasformare il futuro in realtà.

Nella storia dei videogiochi ci sono stati progetti e prodotti che, forse, hanno precorso fin troppo i tempi. Progetti falliti miseramente perché le tecnologie disponibili negli anni '90 non permettevano di soddisfare le galoppanti fantasie dell'essere umano.

È questo il caso della realtà virtuale, tornata alle luci della ribalta solo nel 2012 grazie al fortunato progetto Oculus Rift, finanziato dal basso attraverso la piattaforma di crowdfunding Kickstarter. Totale raccolto: 2 milioni di dollari.

Oculus VR, per ora ancora un prototipo, seppur avanzato, permette al giocatore di immergersi completamente nel gioco. Non si tratta, però, di una novità assoluta; nel passato infatti sia SEGA che Nintendo hanno cercato di sviluppare e commercializzare i loro prodotti.

Ecco il Virtual Boy. Correva il 1995 quando Nintendo anticipava il futuro di oltre vent'anni.

Nel 1991 SEGA Corporation creò SEGA VR, una periferica per il Megadrive; peccato però che il progetto non andò mai in porto a causa di diversi problemi tecnici. Nello specifico il visore avrebbe dovuto seguire i movimenti della testa del giocatore. Sì, avrebbe dovuto, o per lo meno questo è ciò che sostiene chi lo ha provato.

"Nel passato sia SEGA che Nintendo hanno investito nella realtà virtuale"

Qualche anno più tardi, nel 1995, la mente geniale di Gunpei Yokoi partorisce Virtual Boy, un visore che permetteva di giocare in 3D. Nonostante il buon Gunpei si ostinasse a dire che il progetto non era ancora terminato, Nintendo decise che Virtual Boy avrebbe dovuto generare dei profitti, che mai arrivarono. Infatti, la leggenda narra che il dispositivo abbia procurato più capogiri e nausee rispetto agli oceani in tempesta.

Infatti si trattava di una realtà virtuale molto rudimentale: sostanzialmente il visore sfruttava il fenomeno fisico della parallasse, con un effetto per intenderci simile a quello dell'odierno Nintendo 3DS. Un'altra nota di demerito fu causata dalla gamma cromatica che Virtual Boy poteva riprodurre, solo il rosso e il nero, che a tutti gli effetti serviva per accentuare maggiormente l'effetto 3D. Solo dopo un anno Virtual Boy venne messo in cantina e oggi è diventato un oggetto da collezione per gli appassionati.

Insomma due progetti all'avanguardia, troppo, tanto da cadere nell'oblio.

Nel periodo che va dal 1995 al 2012 sono state numerose le ricerche atte a creare un gioco, o un device, che fosse realmente immersivo, anche perché questo è l'intento della realtà virtuale: simulare una situazione reale con la quale il soggetto umano può interagire, immergendosi. In questo gap temporale di 17 anni, non ci sono stati grandi risultati in tal senso.

A fianco a esperimenti noti, ce ne sono altri caduti nel dimenticatoio. Come lo StuntMaster, sviluppato dalla Victormaxx per SEGA Mega Drive e SNES.

Il team di Oculus Rift, dunque, sembra aver compreso che questo è il momento giusto per il "ritorno" alla realtà virtuale. O meglio: Oculus ha saputo resuscitare, da una tomba di cemento, una tecnologia che tutti bramavano ma che nessuno è più stato in grado di mettere in atto se non il giovane Palmer Luckey, fondatore del progetto.

Il fatto che si stia andando, presumibilmente, nella direzione giusta, viene dimostrato anche dall'interesse riposto nel fenomeno realtà virtuale da colossi come Sony e Facebook.

"Che si stia andando nella direzione giusta lo dimostra l'interesse di colossi come Sony e Facebook"

Non a caso Sony ha presentato, durante l'ultima GDC di San Francisco, un nuovo dispositivo chiamato Project Morpheus, compatibile com'era ovvio esclusivamente con PS4. Mai nome fu più azzeccato: il visore infatti, come anche quello di Oculus VR, trasla il giocatore in un altro mondo e proprio come faceva la figura mitologica greca, Morfeo, riproduce e prende le forme delle cose "sognate".

Strano, non credete? Viviamo in un mondo dove le parole d'ordine sono "essere social" e "appartenere a una community". Dove la propria vita, se ve ne è la volontà, può essere alla mercé di tutti. Probabilmente questi visori hanno riacceso negli esseri umani la voglia di ritrovare se stessi, estraniandosi completamente dalla realtà per evadere senza mettere in mostra, o meglio "condividere", come si usa dire adesso, le proprie esperienze.

La prima sensazione che raggiunge la mente provando Oculus è la perdita totale ma temporanea della percezione del proprio corpo finché esso non si abitua al nuovo mondo in cui è stato catapultato. Un marchingegno che riesce ad ingannare il cervello umano, costruito per credere più o meno a qualsiasi cosa e per adeguarsi a qualsiasi situazione.

Insomma, Oculus & Co. sembrano proprio andare a braccetto col gaming: un mondo all'interno del quale c'è necessità di "entrare" letteralmente in un personaggio in ambienti mai visto prima, mai esistiti prima. Se per molti il videogioco è come guardare un sogno affacciati ad una finestra, con la realtà virtuale sarà un sogno vissuto, sulla pelle, sul cervello. Non avrete scampo e nemmeno tregua.

Ecco uno dei due prototipi al mondo del Jaguar VR Headsets. Gli altri furono distrutti nel 1996 subito dopo la fusione con JT Storage.

Chissà se tra qualche anno dietro alle confezioni dei videogiochi, semmai verranno ancora venduti inscatolati, troveremo la scritta "compatibile con la realtà virtuale". Accadeva così con i televisori 3D, ad esempio con Uncharted 3, e ora non accade più: "3D compatible". Quanti ci hanno mai giocato?

"Il 3D è un'altra meteora che assomiglia più al 'vorrei ma non posso' della realtà virtuale"

Il 3D è un'altra meteora tecnologica che assomiglia più al "vorrei ma non posso" della realtà virtuale. Ma dov'è il 3D oggi? Pressoché scomparso e il cono d'ombra proiettato da Oculus lo farà soccombere ancor più velocemente.

Non guardate però alla realtà virtuale come a una nicchia composta da soli nerd oppure da appassionati. Il dev kit di Oculus viene già utilizzato in diversi campi, come per esempio alcuni laboratori di ricerca, anche in Italia: turismo, musei e cinema sono i primi campi in cui realtà virtuale ha fatto capolino e siamo solo all'inizio.

Non a caso il giovane ragazzo dalle ciabatte di gomma, Mark Zuckerberg, ha sganciato biglietti verdi per un totale di 2 miliardi di dollari per acquistare Oculus. Di certo non lo ha fatto perché ci voleva giocare nel salotto di casa. L'interesse del fondatore di Facebook? Espandere e differenziare il proprio business creando nuovi prodotti interattivi, di qualunque genere essi siano. Anche perché, se ci pensate bene, la realtà virtuale è così flessibile da potersi adattare a qualsiasi situazione.

Finalmente ci troviamo di fronte a un progetto che nasce per il gaming ma che si tuffa senza timore nella vita quotidiana, con grandi possibilità di stravolgerla. Speriamo che questo progetto possa dare lustro ai videogiochi emancipandoli dalle solite banalità che li vogliono come "perdite di tempo". Rendendoli anzi capaci di cambiare la quotidianità. Il futuro, quello dei film di fantascienza, si sta rivelando molto più vicino di quello che sembra.

Fjona Cakalli è direttore di Game's Princess, magazine d'informazione e approfondimento sul mondo dei videogiochi, ma con una peculiarità: troverete contributi solo di donne videogiocatrici.

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Fjona Cakalli

Contributor

Autrice e conduttrice televisiva, Fjona da sempre si occupa di tecnologia e nuove tendenze, personalità eclettica e poliedrica appassionata di cultura giapponese e di tutto ciò che riguarda il Sol Levante, stranezze comprese.
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