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La dura trasformazione di Crytek - articolo

Il capo di Crytek, Cevat Yerli, parla con Eurogamer del futuro della compagnia.

Negli scorsi giorni Eurogamer.net ha pubblicato una lunga, interessante intervista a Cevat Yerli, il boss di Crytek. Durante l'intervista, Yerli si è impegnato a rispondere alle dure critiche di fan e stampa specializzata a seguito dei recenti avvenimenti.

Non è infatti un segreto che Crytek navighi in cattive acque, al punto che nelle ultime settimane abbiamo assistito alla cancellazione di Ryse 2, all'entrata di un nuovo misterioso investitore e a una lunga serie di tagli allo staff e alle spese. Tra questi, la vendita di Homefront e di Crytek UK a Deep Silver e il ridimensionamento degli studi di Austin (Texas).

Di seguito trovate un sunto dell'intervista (che trovate completa a questo link) e le nostre considerazioni sull'attuale, preoccupante stato dei creatori di Crysis che, a detta di Yerli, non sono affondati ma anzi lottano per riemergere. "La compagnia stia piuttosto affrontando un processo di trasformazione, proprio come tutta l'industria del videogioco", ha dichiarato Cevat Yerli e, mentre il settore va sempre di più verso la fornitura di servizi e sempre meno di prodotti, "è opportuno un cambio di strategia."

Yerli ammette le difficoltà finanziarie di Crytek, dovute a un'industry che guarda sempre più al free-to-play, un modello a cui molti sviluppatori si stanno adeguando, sottoponendo sé stessi a dure e imponenti trasformazioni. Uno sconvolgimento di tale portata non avviene però in un giorno. Crytek "non si darà subito al cento per cento al free-to-play", e i giochi già pubblicati, o in pubblicazione, serviranno da transizione per la società che, pian piano, mira ad abbandonare il mercato retail.

I fondatori di Crytek. Da sinistra a destra: Faruk, Cevat e Avni Yerli.

"Vittima" di questa strategia è stato anche Homefront, una serie di spicco secondo Yerli, venduta solo perché "avrebbe richiesto la completa attenzione dello studio, danneggiando la transizione in atto." L'attenzione di Crytek nei prossimi 12 mesi si concentrerà invece sul lancio di Warface, Arena of Fate e Hunt.

Ciò non spiega però il ridimensionamento degli studi di Austin, in Texas, adibiti ora al supporto tecnico per chi sviluppa col CryEngine. A questa osservazione Cevat risponde che si tratta solo di una questione logistica: "i costi di sviluppo in Europa sono più bassi e si è preferito spostare l'ufficio di Austin sul più remunerativo business della licenza del motore grafico". I costi dello studio, a quanto pare, erano saliti al punto che rispetto alle proiezioni iniziali questa è sembrata una scelta obbligata.

Più spinosa la questione delle paghe. Wesley Yin-Poole ha intervistato per Eurogamer.net numerosi sviluppatori ed ex-sviluppatori di Crytek. Molti di loro non vengono pagati da mesi. Yerli risponde che, nella situazione in cui la società si trova, "ci sono solo due opzioni: o ritardi i pagamenti e salvi la compagnia, oppure usi il flusso di cassa verso lo studio per pagare le insolvenze", rischiando così una veloce bancarotta.

"La compagnia stessa però non è in grave pericolo, serve solo un po' più di tempo per salvarla [...] e, alla fine, tutti saranno pagati, con in più un addizionale bonus per l'inconveniente, come già promesso a tutti [gli impiegati]."

Homefront 2 non è forse il titolo più attesto del momento ma la vendita di una IP è spesso un brutto segno per una compagnia.

Yerli aggiunge anche che il malcontento generale è ingiustificato, si tratta di piccoli ritardi che per loro non sono prioritari. La priorità è invece fare in modo che nessuno rischi il posto e che lo staff non sia tagliato o ridimensionato ulteriormente.

Le dichiarazioni del CEO di Crytek sono però in netta controtendenza con quelle di numerosi sviluppatori che non solo hanno evidenziato una certa carenza di fiducia e comunicazione, al punto che il management non rende partecipe lo staff delle proprie decisioni, ma hanno mostrato una certa arroganza del comparto dirigenziale. Più di uno degli impiegati intervistati ha infatti dichiarato che lo stesso Yerli, durante una visita agli studi inglesi di Crytek, ha detto agli sviluppatori che potevano dirsi fortunati anche solo ad essere pagati.

Cevat nega tutto: "Non ho mai usato queste parole prima, è una stronzata. Ho solo comunicato che avevamo due scelte [quelle di cui sopra, ndR]". Per quel che concerne la comunicazione, per lui non è realistico comunicare ogni scelta ai dipendenti, dato che "neppure gli investitori hanno quel livello d'accesso alle informazioni". Per non parlare del fatto che, ad oggi, "nemmeno i soci percepiscono uno stipendio".

Con due campane così opposte non possiamo ovviamente dare un giudizio, sta di fatto che la transizione di cui Yerli va fiero non è stata indolore. Oltre 200 persone hanno già perso il lavoro, dato che lo staff è stato ridimensionato da 950 a 700 impiegati. Nonostante ciò, Yerli smentisce anche le voci riguardati la bancarotta, che non sarebbe "mai stata un'opzione", ma che anzi ora è ancor più lontana grazie a un accordo relativo alle revenue. Il patron di Crytek non ha però voluto annunciare i dettagli dell'accordo col misterioso investitore di cui parlavamo poco fa.

Warface è un F2P divertente ma non eccelso e, forse a ragione, stenta ad arrivare al successo.

La posizione riguardo alle recenti accuse è quindi di parziale diniego. Secondo Cevat vendere Homefront non è stata una necessità ma una scelta strategica ben precisa. Inoltre ci tiene a mettere in evidenza quanto la rabbia e le critiche, almeno quelle provenienti dall'interno, siano poche e isolate. Una manciata in confronto ai tanti dipendenti fedeli, anche se comprende che, ad un occhio esterno, possa non sembrare così.

Alcune recenti news indicano però per Crytek una situazione finanziaria peggiore di quanto lo stesso Yerli non voglia ammettere. In effetti, a quanto dice, anche la scelta di cancellare Ryse 2 non è dovuta né ai problemi economici né, tantomeno, a un inasprimento dei rapporti con Microsoft. Semplicemente "non siamo convinti al centro per cento dalle vendite di XboxOne," ha dichiarato, "quindi Ryse 2 non è cancellato ma è una nostra IP e stiamo solo aspettando il momento giusto. Il che significa una più alta base installata per le console next-gen." E non è neanche detto si tratterà di un'esclusiva Xbox.

Durante l'intervista si parla anche di TimeSplitters, un franchise che nonostante la vendita della divisione inglese è rimasto a Crytek, e della possibilità di un free-to-play basato sulla serie. Si tratta però solo di una remota possibilità e la scelta sarà decisa dal mercato e dalla direzione che prenderà in futuro.

Yerli commenta poi con un sonoro no comment anche le voci su un possibile seguito di Crysis, una serie a lui "cara ma che non consentirebbe il focus necessario ai prodotti attualmente in sviluppo." Un focus che si sposterà sempre più sul free to play e su progetti come Warface che, nonostante il successo avuto in Russia, arranca nel resto del mondo. A ciò si deve la scelta di "migliorarlo passo dopo passo, investendo al punto da trasformare questo tipo di giochi in un hobby in cui la gente voglia poi spendere il proprio denaro".

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La visione del free-to-play da parte di Crytek è infatti come la corsa: "le persone possono uscire di casa e camminare, correre, fare jogging ed è tutto gratis. Ma se vuoi migliorare in questo tuo hobby, allora devi spendere, mantenendo però sempre il tuo ritmo". Il paragone è quindi tra gli equipaggiamenti digitali e le attrezzature necessarie a praticare uno sport a un certo livello. L'obiettivo di Crytek per il futuro sarà quindi rendere il F2P una "esperienza di gioco sempre migliore [...], un hobby che non provi a vendere costantemente qualcosa" quanto un passatempo in cui chi voglia investire del denaro possa farlo.

Yerli non ha quindi fugato tutti i nostri dubbi, se non quello sul futuro orientamento della compagnia, sempre più dedita al F2P. Il paragone col jogging è inoltre piuttosto calzante per comprendere il suo modo di vedere le cose. Possiamo scendere in strada e correre con dei pantaloncini malconci e un paio di scarpe da ginnastica economiche, o farci belli con le Nike auto-gonfianti di ritorno al futuro, un iPod al braccio e un cardiofrequenzimetro elettronico. Ma siamo sicuri che i giocatori preferiscano investire nel jogging e non entrare in un negozio, comprare una tantum un pallone e giocare a calcio con gli amici nel campetto sotto casa?

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Fabio Davide

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Giocatore fin dalla più tenera età, fagocita di tutto ma digerisce solo i veri capolavori. Dopo 7 anni nel settore del gaming aveva pensato di trovarsi un lavoro nella ristorazione, ma poi ha ceduto al fascino di Eurogamer.

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