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Ar nosurge: Ode to an Unborn Star, sette dimensioni per un jRPG - review

Sarà un canto a salvare l'umanità?

È un jRPG? Una visual novel? Un simulatore di appuntamenti? La risposta è "sì" a tutte e tre queste domande, ma Ar nosurge: Ode to an Unborn Star non si ferma qui.

In sostanza, comunque, sempre di jRPG si tratta, per cui chi non digerisce il genere può mettersi da subito l'anima in pace: il gioco include unità tattiche speciali composte da teenager, mosse assurde, spostamenti multipli tra dimensioni, ragazze con gli occhi più grandi dell'intimo che indossano e così via.

Ar nosurge: Ode to an Unborn Star si inserisce tra Ciel nosurge e la serie Ar Tonelico, di cui riprende alcune meccaniche, prendendo anche alcuni spunti da un'altra serie targata Gust, Atelier.

Chi non ha familiarità con personaggi e ambientazione troverà un po' di informazioni da digerire all'inizio: il pianeta Ra Ciela è ormai andato perduto, e i suoi abitanti vagano nello spazio su una gigantesca astronave colonia alla ricerca di un nuovo pianeta da abitare.

Il sistema di combattimento è divertente e snello, senza dubbio una delle parti più riuscite del gioco.

La popolazione è però divisa tra chi ha abbracciato una nuova religione che venera gli Sharl, creature dalle fattezze angeliche ostili al genere umano, e chi resiste nella città di Felion, protetta da una barriera impenetrabile... almeno per ora. In tutto questo prenderemo il controllo di una maga del canto limitata a una sola magia per motivi ben precisi e di un combattente con un certo segreto e privo di memoria recente.

Una delle grandi forze che muovono il mondo è proprio la magia del canto, utilizzabile solo da alcuni esseri e in condizioni particolari. È proprio questa magia che regola le meccaniche principali di Ar nosurge: Ode to an Unborn Star: il gioco ci mette al controllo di una coppia di personaggi, Casty e Delta, a cui si affiancano in seguito Ion e Earthes, con la possibilità di passare, dopo poche ore di gioco, da un gruppo all'altro presso un qualsiasi punto di salvataggio.

L'esplorazione avviene selezionando le aree disponibili da una mappa più generica del mondo di gioco, e da un menu in caso ci si trovi in un hub cittadino. Le zone pericolose sono ovviamente infestate da creature ostili, il cui numero di ondate è ben visibile in cima allo schermo.

Gli incontri non spezzano però il ritmo del gioco con una serie di battaglie casuali: passando per una zona è inevitabile incontrare nemici, ma questi si presentano tutti insieme e spesso lo scontro si risolve in un'unica volta, permettendo poi di esplorare con calma i dintorni.

Il sistema di combattimento incorpora alcuni elementi dinamici in una soluzione originale e ben riuscita. All'inizio si sceglie una magia del canto tra quelle disponibili, e mentre la ragazza la prepara dovremo occuparci di difenderla e sfoltire i nemici in arrivo.

Ogni magia del canto è eseguita da una incarnazione diversa del personaggio femminile che la lancia.

I vari tasti del pad sono associati a diversi colpi con cui realizzare combo, che possono essere impreziosite anche da colpi speciali (da caricare colpendo i nemici con mosse di base) richiamabili con la combinazione di tasti dorsali e frontali.

Nella prima fase di attacco è bene concentrarsi sui nemici indicati da icone che ne preannunciano l'attacco o l'uso di una skill, tentando di ottenere un 'break' per fargli saltare il turno. Più efficaci saranno le combo, più la magia del canto della ragazza protetta si caricherà.

In fase di difesa, invece, il tasto va premuto con il giusto tempismo per limitare i danni; inoltre, c'è un limite al numero di volte che ci si può difendere in ogni singolo turno. Caricata la sospirata magia del canto al livello desiderato, è possibile liberarla per provocare danni enormi in grado di spazzare via più ondate di nemici contemporaneamente e, spesso, risolvere lo scontro in un colpo solo. Dopo qualche ora di gioco si sbloccano poi anche degli aiuti esterni forniti da altri personaggi, che possono essere richiamati a piacimento.

Suona complicato? In realtà un singolo scontro contro 15 ondate di nemici può essere probabilmente concluso prima di aver letto la descrizione delle meccaniche, veramente facili da comprendere e assimilare una volta che si prova in prima persona.

Il level up aumenta determinate caratteristiche dei personaggi in automatico, assegnando anche dei Dive Points di cui parleremo tra poco.

Le ambientazioni non sono solo sottotono, ma vengono anche riproposte più volte negli spostamenti obbligati da un punto all'altro.

Le preziose magie del canto sono comprensibilmente limitate: all'inizio se ne dispone solamente di una, e le altre vanno sbloccate in maniera lenta e decisamente originale. Per farlo, le due coppie devono stringere un rapporto più stretto e il combattente deve addentrarsi nei sentimenti della maga tramite sezioni accessibili da negozi specifici.

Queste parti del gioco si svolgono come una visual novel, con una serie di immagini statiche e testo che illustrano gli eventi. Ogni magia supplementare va sbloccata completando uno dei livelli disponibili, composto da alcune locazioni da visitare e situazioni che propongono scelte multiple da effettuare.

Le scelte che influenzano in maniera più significativa il rapporto con il partner costano una determinata quantità (a volte massiccia) di Dive Points, e in alcuni casi una certa scelta può conferire una gemma utile a potenziare un personaggio.

Visto che ogni mondo di queste sezioni è una rappresentazione di sentimenti e conflitti spesso inespressi, le situazioni proposte spaziano e sono spesso originali, per quanto caratterizzata da zero azione e molto testo.

Il rapporto tra maga e combattente, uno dei fili conduttori di Ar nosurge: Ode to an Unborn Star, va poi coltivato anche in un rituale di Purificazione, che permette ai due di legarsi maggiormente e inserire le gemme di cui sopra nel corpo dell'altro. Come? Con quello che essenzialmente è un bagno purificatore da effettuare in locazioni apposite (in pratica terme) presenti in generosa quantità.

Anche in questo caso si tratta di sezioni a totale prevalenza di testo: per entrare nel 'mood' i due possono conversare scegliendo tra gli argomenti disponibili, che vengono sbloccati visitando alcune locazioni o in seguito a degli eventi. Il lato sexy è meno spinto di quanto si possa pensare, anche se non mancano alcuni ammiccamenti.

Il resto dei potenziamenti è affidato a una più comune schermata di equipaggiamento in cui utilizzare i nostri ritrovamenti sul campo per potenziare determinate caratteristiche.

L'altra parte 'mondana' di Ar nosurge: Ode to an Unborn Star è presa in prestito direttamente dalla serie Atelier. Nelle città sono presenti diversi negozi, a partire dal ristorante di Delta in Felion, i cui proprietari avranno più volte bisogno di aiuto.

Tra uno scontro con macchine assassine e un'apocalisse in corso, volendo ci si può infatti ritrovare a cercare gli ingredienti per tradurre una determinata ricetta in realtà (con scenetta di balletto propiziatorio rituale), e ottenere l'oggetto creato. Con il corso del tempo e il successo delle ricette si sbloccano scene supplementari in cui i personaggi conversano con il proprietario dello shop: anche qui zero azione e molti dialoghi, spesso prolissi, che accompagnano anche la spiegazione di ogni oggetto appena creato.

Questi dialoghi, soprattutto all'inizio, sono spesso numerosi e sbloccati facilmente in maniera consecutiva, per cui ci si può ritrovare anche mezz'ora o più ad assistere a scenetta dopo scenetta e leggere dialoghi lunghissimi (e frivoli), scoprendosi naturalmente restii a interrompere e andare a fare altro in una locazione diversa per timore di perdersi qualcosa.

Durante l'esplorazione, i compagni di viaggio animeranno le cose con le loro discussioni.

Come avrete capito, Ar nosurge: Ode to an Unborn Star è veramente ricco di contenuti, tanto che il completamento del gioco richiede svariate decine di ore. Il gioco di Gust è però altrettanto particolare, e la preponderanza di sezioni statiche può risultare non facilissima da digerire anche per gli appassionati di jRPG.

Il fatto che le eccezionali proporzioni dello scenario, che solo nelle prime ore comprende le parti più remote di un'astronave-colonia eccezionalmente grande, il quartier generale di una chiesa che abbraccia i nemici dell'umanità e svariate locazioni nel mezzo, vengano sintetizzate in poche schermate non particolarmente evocative (e spesso riciclate negli spostamenti da un luogo all'altro o negli intermezzi), non aiuta ad apprezzare le parti più dinamiche.

A mortificare ancora di più tutto ciò che non è schermata statica interviene una realizzazione tecnica veramente grezza sia quanto a scenari che animazioni. Le texture sono veramente troppo sbiadite e generiche per un titolo PS3, con effetti sgradevoli come la classica pattinata dei personaggi e il movimento casuale delle labbra anche quando il dialogo di turno è finito.

Anche senza soffermarsi sui dettagli, le ambientazioni sono visibilmente slegate da ciò che dovrebbero essere in teoria, come ad esempio gli interni di un'astronave tecnologicamente suprema o la maestosa città di cui la razza umana ha fatto il suo ultimo baluardo.

Troppi spostamenti si svolgono tra locazioni molto ampie con appena un paio di piattaforme a punteggiare un nulla quasi cosmico che nel 2014 risulta ampiamente sotto gli standard accettabili, anche tenendo presente che la presentazione può avere un'importanza relativa e che il tono dell'avventura rimane spesso molto leggero nonostante la portata cosmica degli eventi in corso.

Al primo rituale di purificazione di Earthes e Ion, vi farete probabilmente una domanda ben precisa.

La colonna sonora è invece orecchiabile e accompagna bene lo svolgimento di gag e intermezzi di turno, ma dà il suo meglio durante i combattimenti, che sostiene piacevolmente con un ritmo adeguato.

Le attività, pur non particolarmente bilanciate quanto a durata, sono molto varie e aiutano a progredire facilmente nella storia, soprattutto in virtù di un sistema di esplorazione e combattimento veramente snello e piacevole, ma non superficiale.

Ar nosurge: Ode to an Unborn Star offre insomma una storia di ampio respiro e abbastanza interessante nei suoi sviluppi, oltre a parecchie attività collaterali veramente longeve che risultano però abbastanza sbilanciate e finiscono per sembrare un riempitivo stirato all'eccesso che diluisce troppo il gioco.

Dando per scontato che vi piaccia il gusto esotico che solo una produzione giapponese fino al midollo di questo tipo può avere, il jRPG di Gust offre parecchio in cui affondare i denti e si lascia spolpare per parecchie ore, anche se in varie occasioni gira volutamente ed eccessivamente in tondo.

7 / 10

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A proposito dell'autore
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Emiliano Baglioni

Contributor

Emiliano si affaccia al mondo dei videogiochi all’epoca del Vic 20. Vive la sua storia di giocatore pensando che prima o poi crescerà e mollerà il joypad, ma non abbandona mai la sua passione, che riesce in qualche modo misterioso a conciliare con tutto il resto.

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