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Wolfenstein: The Old Blood, si torna al castello! - recensione

Dimensioni e prezzo ridotto e divertimento 'old school'.

Nel 2014 gli appassionati di sparatutto in prima persona hanno avuto il piacere di mettersi alla prova con il sorprendente Wolfenstein: The New Order, rivisitazione della storica saga che tanti nazisti ci ha fatto abbattere nel corso di anni di passione verso i videogiochi.

Il lavoro svolto dai ragazzi di MachineGames è stato superbo sotto ogni punto di vista, tanto che affrontando l'ennesima avventura dell'inarrestabile Blazkowicz è stato possibile vivere emozioni d'altri tempi, senza per questo sentire la mancanza degli elementi chiave del nuovo corso degli fps.

Grazie a un gameplay sapientemente a cavallo tra vecchie meccaniche e nuove tecniche di game design, a una narrazione appassionante, e a una pletora di personaggi sfaccettati e ricchi di sfumature da apprezzare tra una tempesta di piombo e l'altra, The New Order è stato uno dei punti più alti del 2014 videoludico, sia per i giocatori più acerbi che per i veterani di joypad o mouse e tastiera.

A pochi mesi di distanza da questa prestazione memorabile, MachineGames torna alla carica con un nuovo Wolfenstein, un prequel dalle dimensioni e dal prezzo contenuti, che riesce nella difficile impresa di non deludere le aspettative, comprensibilmente alte, degli utenti.

Il risultato è ancora una volta sorprendente, ed è reso ancor più gradevole dall'effetto nostalgia garantito dal ritorno all'iconico castello che dà il nome alla serie. Siamo nel 1946 e il veterano William BJ Blazkowicz è impegnato in una rischiosa missione sotto copertura, che lo porterà a infiltrarsi nel castello Wolfenstein e trovarsi faccia a faccia coi grotteschi esperimenti portati avanti dalla divisione occulta dei nazisti.

Anche se con le dovute proporzioni, la narrazione di The Old Blood si sviluppa sui medesimi standard qualitativi impostati da The New Order, indugiando meno su alcune corde emotive, ma mantenendo sempre alta la tensione del giocatore.Fin dalle prime battute di gioco ci si trova coinvolti in sequenze di gameplay interessanti, sostenute da continui cambi di ritmo e variabili ludiche: in pochi minuti si passa dallo stealth assoluto alla più brutale delle sparatorie, con continui cambi di ritmo che rendono particolarmente difficile l'abbandono della postazione di gioco.

Tutto questo è accompagnato da un level design sempre all'altezza, che reinterpreta le ampie e articolate aree di The New Order presentando soluzioni ricche di opzioni (nonostante l'assenza del grimaldello o dell'aggiramento delle serrature elettroniche). Anche in questo caso i giocatori vengono messi in condizione di scegliere quale approccio usare nelle varie circostanze, ulteriormente incoraggiati da una verticalità ancor più accentuata.

La varietà di opzioni è opportunamente supportata da un sistema di crescita del personaggio che premia ogni azione, sbloccando potenziamenti specifici. Chi predilige le risse corpo a corpo, per esempio, verrà supportato con una riduzione dei danni in mischia, mentre chi ama muoversi nell'ombra otterrà la possibilità di recuperare parte della salute dopo ogni uccisione silenziosa.

Affrontando la Campagna principale abbiamo particolarmente apprezzato le armi messe a disposizione del buon Blazkowicz, che si distinguono per una giusta arretratezza rispetto a quanto visto in The New Order. Interessante, soprattutto sul fronte esplorativo, è il tubo scomponibile, ideale per prendere a randellate i nazisti meno corazzati, ma anche per distruggere muri fragili e deteriorati, o perfino per scalare qualche parete, sempre a patto che l'operazione sia stata prevista dagli sviluppatori e segnalata con l'apposita icona.

L'arretratezza tecnologica si nota anche tra le truppe nemiche, che rispetto a The New Order presentano versioni meno evolute degli strumenti di distruzione già affrontati lo scorso anno. Fa sorridere, per esempio, la presenza di soldati meccanizzati alimentati attraverso lunghi cavi elettrici da cui non possono separarsi, un po' come gli Eva in Evangelion (ma senza alcuna autonomia in caso di distacco).

Tutto questo può essere apprezzato per 8 capitoli, garantendo poco meno di 10 ore di gioco. La longevità dignitosa ma non esagerata della Campagna è opportunamente sostenuta da una vasta gamma di elementi accessori da non sottovalutare. Al di là della solita varietà di collezionabili più o meno difficili da reperire, a garantire ore di divertimento sono gli incubi (uno per capitolo, con la riproposizione di vari livelli del Wolfenstein originale) e le sfide.

Quest'ultime non sono altro che frammenti dei livelli della Campagna, da affrontare cercando di registrare punteggi sempre più alti, puntando alla vetta delle classifiche online. Le sfide sono un'aggiunta perfetta per un prodotto di questo tipo, e introducono una gradevole componente arcade a un'esperienza altrimenti molto legata alla tradizione PC.

Dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte a un gioco estremamente solido, che su Xbox One (la versione da noi testata) si distingue per una fluidità più che soddisfacente, sostenuta da un design semplice ma sempre efficace. In alcune occasioni abbiamo riscontrato dei cali di framerate, ma mai in grado di penalizzare l'esperienza.

Wolfenstein: The Old Blood è un titolo dal vantaggiosissimo rapporto qualità/prezzo, che dimostra come sia possibile espandere un progetto già solido e affascinante, senza stravolgerne la natura originale. Non possiamo fare altro che consigliarvi l'acquisto di questo prequel, quindi, magari accompagnato da un The New Order, ormai reperibile a cifre più che abbordabili.

8 / 10

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Wolfenstein: The Old Blood

PS4, Xbox One, PC

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Filippo Facchetti

Contributor

Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.

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