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Ecco perché Xbox One potrebbe essere l'ultima console di Microsoft - editoriale

Ma non sarebbe una cattiva notizia. Anzi, porrebbe fine alla console war.

Non è un mistero: da quando Satya Nadella si è insediato ai vertici di Microsoft, ha avviato un lungo e importante ciclo di trasformazione per l'azienda. Il suo obiettivo, secondo molti osservatori, è quello di sfilarsi lentamente dalla produzione di hardware (un settore ormai a bassi profitti, anche per la concorrenza sempre più agguerrita dei produttori low-cost asiatici), tornando a focalizzarsi sul suo core business storico: i servizi software.

Il segnale più evidente di tale tendenza, se non altro per la sua impressionante entità finanziaria, è arrivato quando Nadella, a sorpresa, ha cancellato in un colpo Nokia (acquistata appena un anno prima dal precedente CEO), sobbarcandosi un passivo di addirittura 7,6 miliardi di dollari pur di scaricare un'attività come la produzione di smartphone, nella quale evidentemente non crede più.

Questa notizia, tra le tante, ha di nuovo alimentato il circo dei rumor secondo cui Microsoft sarebbe pronta a liquidare anche un altro reparto hardware, quello di Xbox One. Le voci secondo cui Satya Nadella sarebbe in cerca di un acquirente per il suo intero ramo console sono ormai incontrollate e, ad ogni riaffiorare, non mancano di scatenare aspre polemiche tra i fan Xbox, ovviamente infastiditi da una simile prospettiva.

Respingere l'idea interamente e a priori, però, significa chiudere gli occhi di fronte all'evidenza di una situazione concreta e nient'affatto campata in aria. Il calante interesse di Microsoft nei confronti dell'hardware Xbox One deriva, infatti, anche da un'altra ragione strategica. Lanciando la sua prima console, la casa di Redmond era interessata non soltanto ai videogiochi ma soprattutto a farsi spazio nel salotto di casa con un dispositivo multimediale, in un'epoca in cui i PC erano ancora inchiodati alle scrivanie e le console cominciavano ad offrire caratteristiche sempre più avanzate, tanto da rappresentare una potenziale minaccia futura per l'OS Windows.

La 'nuova' Microsoft di Satya Nadella è molto diversa da quella di Steve Ballmer: più che sui device e gli hardware, si focalizza sul software, i servizi e l'OS Windows 10.

Oggi la situazione è radicalmente diversa. Più che con gli hardware proprietari, la battaglia per il dominio del mercato digitale si combatte con le piattaforme software e i servizi: lo hanno dimostrato alla perfezione aziende come Google, Steam e Netflix, tradizionalmente refrattarie a "sporcarsi le mani" con la produzione diretta di hardware, ma capaci di dominare importanti mercati tramite la qualità dei propri servizi, diffusi su quanti più device possibile, di qualsiasi produttore. È in base a questa stessa filosofia che, attualmente, nella mente di Satya Nadella esiste un solo prodotto: Windows 10.

Questo, però, non significa necessariamente che l'Xbox non abbia più un futuro nei piani dell'azienda: a ben guardare, esiste infatti uno scenario alternativo che s'integrerebbe alla perfezione con la nuova filosofia tutta "software" della casa di Redmond e che potrebbe portare a risvolti molto interessanti, non solo per i fan Xbox, ma per tutti gli appassionati di gaming.

Non bisogna dimenticare, infatti, che Microsoft ha un vantaggio strategico fondamentale rispetto a tutte le altre aziende operanti nella games industry: oltre a possedere una piattaforma chiusa e proprietaria, controlla anche quello che rappresenta il sistema da gaming "aperto" più diffuso al mondo. Si tratta ovviamente del PC, che negli ultimi anni è tornato prepotentemente alla ribalta grazie alle piattaforme digitali come Steam, e che dipende interamente dall'OS Windows.

Sottovalutare negli anni l'importanza strategica di questo mercato è stato un grosso errore da parte di Microsoft, ma ci sono tutti i segnali che finalmente la situazione stia cambiando: a prescindere dalle promesse di rinnovato impegno da parte di Phil Spencer, si notano già iniziative concrete come ad esempio l'arrivo su PC di "esclusive" Xbox come Killer Instinct o Fable Legends, con tanto di opzioni cross-play e cross-buy. Forse non è un salto logico eccessivo pensare che questi siano solo i primi segnali di una strategia complessiva molto più organica e ambiziosa.

Aziende come Google, Netflix e Steam hanno dimostrato che si può avere un enorme successo nel campo della distribuzione digitale (e creare eccellenti contenuti esclusivi) anche senza poggiare su un hardware proprietario.

In poche parole, adesso l'approccio di Nadella e Spencer potrebbe essere quello di rimuovere interamente la parola "console" dall'equazione e trasformare la "piattaforma Xbox" in un nuovo e competitivo servizio di gaming per un hardware enormemente più diffuso: il PC.

L'ipotetico scenario futuro è quello di un'app Xbox (già presente su Windows 10) che lavori per trasformarsi nella Steam-killer dei prossimi anni e decenni: è ciò che Valve teme già dal lancio di Windows 8, tanto da partorire l'intero progetto Steam OS.

Se c'è un'azienda che può minacciare il monopolio di Gabe Newell e soci sul gaming PC, si tratta proprio di Microsoft: non solo negli ultimi 15 anni ha maturato un enorme know-how nel settore, ma è anche proprietaria di un parco di franchise e sviluppatori first-party di primissimo piano, nonché degli strumenti di sviluppo più utilizzati in assoluto in ambito PC: le DirectX. In un certo senso, il PC è già oggi la "console di Microsoft": manca solo la volontà di terminare l'opera lanciando e supportando a dovere un servizio dedicato.

I vantaggi di una simile iniziativa sarebbero innumerevoli. Innanzitutto Microsoft si sfilerebbe dal difficile mercato dell'hardware, lasciando ai produttori di terze parti il compito di dissanguarsi per lanciare componenti sempre più competitive e a buon mercato. Poi, la "base installata" di Xbox crescerebbe a dismisura fino a raggiungere potenzialmente 1 miliardo di dispositivi nel giro dei prossimi 2-3 anni: cifre a cui nessuna console tradizionale potrà mai ambire.

Microsoft, di fatto, controlla già il gaming su PC attraverso Windows e le DirectX. Manca un solo passo: trasformare l'app Xbox in una Steam-killer.

Ovviamente, ciò non porterà alla nascita istantanea di 1 miliardo di "hardcore gamer", ma più che di un problema si tratta di un'occasione: in un colpo solo e con un'unica piattaforma, Microsoft potrebbe raggiungere contemporaneamente il pubblico dei giocatori appassionati e la sterminata platea dei "casual", compito che storicamente si è rivelato molto difficile (il Wii di Nintendo, ad esempio, per conquistare i secondi ha perso di vista i primi).

Nel frattempo il tutto potrebbe avere un effetto sinergico anche sulla diffusione di Windows 10: chi oggi è titubante e non sa se compiere l'aggiornamento dal suo fidato Windows 7/8, potrebbe trovare nell'app Xbox una motivazione in più per abbracciare il nuovo OS, che Microsoft è così ansiosa di installare in più dispositivi possibili.

Ovviamente, un'operazione tanto colossale e ambiziosa comporterebbe anche dei rischi. Innanzi tutto, c'è quello di cancellare dal menu un prodotto fisico come l'Xbox One che, nonostante sia stata recentemente offuscata dal successo molto più appariscente di PlayStation 4, se la cava comunque piuttosto bene sul mercato e di certo non produce perdite in grado di motivarne la "soppressione". Abbandonare un vecchio business model per crearne uno totalmente diverso e più innovativo è senz'altro molto rischioso, ma in un mercato come quello della tecnologia bisogna avere il coraggio di prendersi questi rischi, prima che sia qualcun altro a farlo con successo e a lasciare indietro la concorrenza.

Un'altra questione che non va ignorata è quella delle royalties: oggi i vari detentori di piattaforma (Sony, Microsoft e Nintendo) guadagnano principalmente dai diritti di pubblicazione che ogni sviluppatore deve pagare loro per rilasciare un titolo sulle relative console. Spostandosi su un mercato "aperto" come quello PC, Microsoft molto probabilmente dovrebbe rinunciare a tale fonte di guadagno ma potrebbe soppiantarla con i proventi della vendita diretta di giochi attraverso il suo store digitale: praticamente quello che fa Steam, con l'enorme valore aggiunto di controllare non solo il servizio di vendita, ma anche l'OS su cui poggia e le librerie grafiche usate per creare i titoli.

Se Xbox One fosse davvero l'ultima console di Microsoft sarebbe senz'altro uno shock, ma non tutti gli shock sono negativi: alcuni sono necessari per innovare e rivitalizzare il mercato.

Infine, una critica annosa rivolta dagli utenti console al gaming su PC è quella della frammentazione e complessità dell'hardware. Assemblare un PC da gioco non è certo immediato quanto comprare una console e molti potenziali utenti sono intimiditi dall'idea di approcciarsi al complicato mondo di processori, memorie e schede grafiche.

Quest'ultimo problema potrebbe essere risolto facendo quello che Valve non ha fatto con le sue Steam Machine, e che forse rappresenta il suo errore più fondamentale: creare in partnership con i vari produttori di hardware (Nvidia, Intel, AMD ecc.) un set di "specifiche raccomandate" che definiscano l'esperienza Xbox e aiutino i futuri giocatori a scegliere con più facilità i propri sistemi. Indicando due o tre livelli differenti di hardware (uno entry-level per giocare a 1080p 30fps come su console, uno intermedio e uno "ultra" per i più esigenti), Microsoft semplificherebbe il compito dei giocatori e al tempo stesso quello degli sviluppatori, che potrebbero così ottimizzare i propri titoli sulla base di un target preciso.

Inutile dire che portare a termine una simile manovra sarebbe un compito titanico ma non più difficile di quello che Microsoft si sobbarcò quando, a sorpresa, decise di entrare nel mercato dei videogame con la sua prima Xbox. Inoltre, l'ambizione del risultato potrebbe ben motivare l'accettazione di qualche rischio: se tutto andasse a buon fine, lo scenario della games industry ne risulterebbe completamente trasformato.

Con Microsoft comodamente seduta sul trono del "suo" PC e una Nintendo alla ricerca di una nuova identità (evidenziata anche, ma non soltanto, dallo spostamento sulle piattaforme mobile), quella che un tempo era la famigerata "console war", combattuta da tre agguerrite piattaforme tutte intente a litigarsi lo stesso osso, lascerebbe il campo ad un nuovo mercato fortemente differenziato.

In sostanza, l'unica azienda che continuerebbe ad operare attraverso il vecchio e collaudato business model delle console tradizionali sarebbe Sony (non a caso colei che attualmente lo sfrutta con maggiore successo). E non si configurerebbe affatto una condizione di "concorrenza assente": semplicemente, tutte le aziende attuali continuerebbero ad operare nella games industry sfruttando ognuna i propri punti di forza e le proprie peculiarità, muovendosi negli spazi che sono loro più congeniali senza andare incontro a sovrapposizioni pericolose e, in ultima analisi, con l'occasione di proliferare per tutte.