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Il Giappone: più mobile e meno innovazione - editoriale

Il TGS 2015 ha mostrato un Sol Levante sempre più chiuso su se stesso.

Il Tokyo Games Show di quest'anno è stato il più grande da molto tempo a questa parte. Il padiglione principale si è esteso a un terzo dell'enorme centro congressi Makuhari Messe, precedentemente occupato da stand gastronomici e di merchandise, ora spostati in un'area completamente separata. Con ben tre padiglioni a disposizione e un quarto dedicato ad un palco pubblico, il TGS 2015 ha apparentemente voluto ribadire un messaggio: la rilevanza internazionale dello show sarà pure in calo ma per quanto riguarda il pubblico locale l'evento è più importante che mai (e i numeri sulla partecipazione probabilmente lo dimostreranno).

Eppure, nonostante tutto, il TGS 2015 ha lasciato uno strano senso di vuoto. Forse la colpa è della nuova disposizione degli stand, che invece di far fronteggiare i publisher più importanti con postazioni enormi e rumorose, ha preferito disperderli in una galassia di stand più piccoli e meno appariscenti. Solo la hall centrale offriva ancora la cara vecchia immagine di grandeur, con l'enorme postazione di Sony accanto a quella di Sega e a quella, davvero impressionante, realizzata da Cygames per GranBlue Fantasy (con tanto di navi spaziali quasi a dimensione reale). Nel complesso, la nuova disposizione è forse più "navigabile" per il pubblico, ma di certo manca dello spettacolare impatto visto in passato.

A creare il senso di vuoto ha contribuito molto anche il "buco" lasciato da Microsoft, che ha deciso di non partecipare al TGS per la seconda volta dal lancio della prima Xbox (l'ultima volta era successo nel 2012). Per quanti problemi possa avere la sua console in Giappone, la presenza di Microsoft al TGS è generalmente buona, più per impressionare il pubblico internazionale che quello locale; il fatto di mancare l'appuntamento nel 2012 venne da molti interpretato come una "resa" in Giappone ma a dispetto di ciò l'azienda tornò ad offrire un buono show nel 2013.

L'assenza di Microsoft al TGS 2015 si è fatta sentire.

Quest'anno la sua assenza si è fatta sentire, cambiando radicalmente l'atmosfera dell'evento. Visto che Nintendo non partecipa al TGS da tempo, quest'anno Sony è stata l'unica first party a prendervi parte e, a differenza del 2012 (anno in cui i publisher third-party hanno comunque mostrato un discreto supporto a Xbox 360 e Wii U), quest'anno non c'era praticamente nessuno a mostrare interesse per una piattaforma che non fosse PS4.

Lo stand Sony era strapieno di giochi, molti dei quali interessanti e prossimi al lancio, e racchiuso tra due ali rappresentate dalla zona PlayStation VR e da quella dedicata a The Last Guardian (di cui veniva riprodotto in loop il filmato risalente all'E3, sollevando qualche dubbio sui progressi compiuti da allora in termini di sviluppo). È un peccato, però, che non ci fosse nulla in grado di "contrastare" Sony, che in sostanza ha vinto a tavolino data l'assenza degli altri "big".

Ovviamente l'assenza di Microsoft è comprensibile: la posizione dell'azienda sul mercato giapponese è ancora peggiore di quanto non lo fosse nell'era Xbox 360, quando il grande successo della console in Occidente riusciva comunque a stimolare un minimo d'interesse nei gamer giapponesi dai gusti più internazionali. L'Xbox One non sta affatto vendendo male ma è comunque eclissata da PlayStation 4, il che la rende del tutto irrilevante sul mercato giapponese.

La presenza delle console tradizionali al TGS 2015 è stata inferiore rispetto agli anni precedenti.

Per Microsoft, dunque, partecipare al TGS tentando di stimolare l'interesse degli orientali sarebbe stato inutile o quasi, e anche presenziare unicamente per non perdere d'immagine a livello globale non avrebbe avuto molto senso, dal momento che lo stesso TGS sembra sempre più riferito al mercato locale e la stampa internazionale reagisce dedicandogli sempre meno attenzioni.

L'ultimo segnale che il TGS, pur essendo cresciuto di dimensioni, sia diminuito in quanto a importanza, risiede nella frammentazione. Lo scorso anno avevo scritto di un TGS dominato dalle piattaforme mobile: adesso mi accorgo che in quell'occasione avevo usato troppo presto la parola "dominare", dal momento che quest'anno la situazione è stata ancora più evidente e sbilanciata.

Al TGS 21015 le piattaforme mobile (e per certi versi anche i titoli F2P per PC) sono state indubbiamente il piatto forte e centrale della fiera. GranBlue Fantasy è un RPG F2P per smartphone e tablet ma il suo stand da solo era grande quanto quello dedicato all'intera PlayStation 4, e le sue pubblicità campeggiavano sull'intera stazione del treno che portava alla fiera, oltre a martellare in TV durante la prima serata.

Sull'altro lato della hall, lo stand di Clash of Clans era gigante quanto quello realizzato da Electronic Arts per Star Wars Battlefront; stesso discorso per World of Tanks e World of Warships (che, a scanso equivoci, avevano anche parcheggiato un vero carrarmato di fronte all'ingresso). E tutto questo senza nemmeno parlare di giganti del mobile come GREE, DeNA e DMM, che nella parte dedicata al "social gaming" occupavano lo spazio di almeno cinque grandi publisher tradizionali.

Nessun singolo gioco console ha avuto una promozione nemmeno lontanamente paragonabile a quella di GranBlue Fantasy, Clash of Clans e World of Tanks (con l'unica e singolare eccezione del già uscito Metal Gear Solid 5, che occupava tre quarti dello stand Konami). Persino l'enorme presenza di Capcom con Monster Hunter X è risultata ridimensionata dal confronto con i più importanti titoli mobile, nonostante l'eclatante fatto che molti di questi (come ad esempio Monster Strike e Puzzle & Dragons) fossero completamente assenti.

Con l'eccezione di Metal Gear Solid 5, che occupava tre quarti dello stand Konami, nessun gioco per console ha avuto una promozione paragonabile a quella dei titoli mobile.

Che il Giappone sia un mercato sempre più orientato sulle piattaforme mobile non è affatto una novità ma il livello di penetrazione dei titoli mobile tra i gamer "hardcore" (dimostrato dalla presenza ad un evento come il TGS) è comunque una rivelazione per chi sia abituato alle dinamiche dei mercati occidentali. Ancora più interessante, forse, è il messaggio che lo show ha mandato per quanto riguarda le console tradizionali: in un anno che ha visto Konami abbandonare il settore, di certo non c'è bisogno di ulteriori traumi provenienti dal Giappone e personalmente credo che non avremo altre sorprese del genere nel breve periodo.

Nonostante ciò, i publisher stanno tutti seguendo un approccio simile al tema dello sviluppo per console. Quasi ogni singolo tripla-A presentato allo show apparteneva a franchise ben affermati e ne ricalcava per filo e per segno la formula. Sega sta preparando un nuovo Yakuza e Phantasy Star Online 2; Atlus sta per lanciare Persona 5; Koei Tecmo e Namco Bandai stanno lavorando quasi esclusivamente a tie-in di popolari serie anime come Attack on Titan, Gundam e Naruto. Square Enix ha mostrato Dragon Quest, Final Fantasy e Star Ocean; Capcom ha in cantiere Monster Hunter, Street Fighter, Phoenix Wright e Resident Evil.

Le uniche e sparute tracce di "innovazione" erano presenti sotto forma di titoli che clonano le meccaniche di altri giochi vestendole con l'abito delle grandi serie orientali: è così che Resident Evil diventa Counter-Strike, mentre Dragon Quest si trasforma in Minecraft (in modo tanto plateale che probabilmente il veterano designer Yuji Horii avrà provato un certo imbarazzo nel presentare dinamiche di gameplay chiaramente prese a prestito da un altro gioco).

Il nuovo Dragon Quest si trasforma in Minecraft in modo così plateale da destare imbarazzo, segno di un Giappone che non innova più.

Questo approccio incredibilmente cauto non significa che molti dei giochi citati non saranno effettivamente divertenti: semplicemente, non ci si può aspettare che siano davvero "nuovi". È esattamente per questo motivo che lo stand Sony era superiore a tutto il resto visto al TGS: come detentrice di piattaforma, l'azienda non può limitarsi a proporre una valanga di titoli-clone o F2P, ma deve dare il massimo per assicurarsi che sulla sua console ci siano i giochi più interessanti ed emozionanti sul mercato. Dal momento che i publisher di terze parti (almeno in Giappone) non sembrano intenzionati a prendersi particolari rischi, il compito di stupire è dunque sempre più gravante sugli studi interni di Sony e sui suoi partner diretti.

Quale altro messaggio possiamo trarre dal TGS 2015? Segnali sparsi che aiutano a farsi un'idea più definita della direzione intrapresa del mercato. Il Wii U, ad esempio, è chiaramente e totalmente abbandonato dagli sviluppatori, persino da quelli giapponesi. Nonostante la guida dell'evento annunciasse ben 23 titoli presenti per Wii U, personalmente non sono riuscito a scovarne neppure uno, nell'arco di un'intera giornata spesa a scarpinare tra i vari padiglioni. Se ci sono nuovi titoli in arrivo per Wii U, si deve trattare di giochi first-party... o di progetti straordinariamente segreti!

Il 3DS, invece, è ancora in buona salute: quasi tutti i publisher hanno mostrato un tot di titoli per la console portatile, che dunque può contare ancora su un buon supporto futuro. Persino PS Vita non è del tutto morta in Giappone: di tanto in tanto ci si poteva imbattere in qualche titolo (del genere, però, che difficilmente verrà rilasciato anche in Occidente).

La realtà virtuale è stata ben rappresentata al TGS 2015 e sembra a molti l'unica tecnologia in grado di salvare il mercato hardcore da quello mobile.

Anche la VR è stata abbastanza presente alla fiera e non unicamente tramite PlayStation VR (che comunque era il "piatto forte") ma anche con Oculus Rift e Samsung Gear VR, quest'ultimo difficilissimo da vedere in azione, a causa del pessimo design dello stand. Altrove, molti piccoli stand mostravano demo di titoli VR, controller per la VR, accessori e così via. Come in Occidente, si ha la sensazione che il mercato "hardcore" non veda semplicemente la VR come una nuova e interessante tecnologia ma come la "salvatrice" del gaming high-end, pronta a fronteggiare l'ascesa del gaming mobile e social.

Eppure, al tempo stesso, il TGS ha dimostrato che siamo ancora molto lontani da questa realtà. PlayStation VR è una tecnologia ben concepita e pronta per essere rilasciata in ambito consumer, ma ancora non c'è un gioco che sappia sfruttarla a dovere, mentre molti degli altri caschi da realtà virtuale presenti allo show sembravano dei prodotti messi insieme in un garage da un geniale inventore, più che oggetti in grado di farsi largo sul mercato di massa. Forse un giorno arriveremo a questo risultato ma provare la VR al Tokyo Game Show è stato un interessante assaggio di un futuro ancora abbastanza lontano.

Il fatto principale, però, resta che il TGS non ha più nulla dello show di rilevanza internazionale che era un tempo: adesso è focalizzato sul solo mercato nazionale e, a meno che non si sia incredibilmente interessati alla games industry giapponese, offre scarsi spunti d'interesse al pubblico dei comuni appassionati. Il suo vero valore sta nell'offrire uno spaccato del mercato orientale e in questo senso il messaggio inviato quest'anno è quello che ci aspettavamo: Sony è in buona forma, le piattaforme mobile sono in vertiginosa ascesa e i publisher continuano a giocare sulla difensiva e a trincerarsi dietro i soliti titoli "sicuri", nell'attesa di scoprire quali saranno gli scenari futuri.

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Rob Fahey

Contributing Editor

Rob Fahey is a former editor of GamesIndustry.biz who spent several years living in Japan and probably still has a mint condition Dreamcast Samba de Amigo set.
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