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Nintendo e la lotta contro l'irrilevanza - editoriale

Il problema di Nintendo va ben oltre l'insuccesso del Wii U: è un lento declino iniziato 20 anni fa.

Nintendo, a livello storico, è forse la più grande azienda in assoluto nel mondo dei videogiochi. Creatrice di Mario, Donkey Kong e altri mille tra i volti più riconoscibili della nostra industria, nonché promotrice di molte tra le più grandi innovazioni del settore (la croce direzionale, lo stick analogico, il rumble pack... solo per citarne alcune), la casa di Shigeru Miyamoto nel corso dei decenni ha saputo plasmare il mondo dell'intrattenimento elettronico come nessun'altra.

Questo, però, è il passato. Il tempo presente, come ormai sappiamo bene, è tutt'altra cosa e ci parla di una Nintendo ormai in crisi di successo e d'identità. Il Wii U è un fallimento conclamato e il 3DS, seppure in discreta salute, stenta ad avere l'impatto delle precedenti console portatili. Sono cose che sentiamo ripetere ormai da anni, e non dubito che alcuni ne siano persino stufi. Ma al tempo stesso non mancano gli scettici che periodicamente tentano di ridimensionare (o addirittura ridicolizzare) il problema, forse non capendone la reale portata.

Per questo, vale la pena dissipare ogni dubbio residuo osservando la situazione tramite la brutalità dei numeri. Osserviamo questo grafico:

Escludendo il fenomeno di Wii e DS (così come la catastrofe del Virtual Boy), le vendite delle console Nintendo sono in lento e costante calo da 30 anni a questa parte.

Esaminando nel dettaglio i dati, si scopre qualcosa di molto interessante: se si elimina dall'equazione la generazione di Wii e DS (che ha rappresentato sotto molti punti di vista un unicum, avendo cavalcato in modo irripetibile il fenomeno del casual gaming, ora migrato sui dispositivi mobile), si scopre che ogni singola console nella storia di Nintendo ha venduto meno della precedente.

In ambito domestico, l'hardware più venduto è il NES (circa 60 milioni), con a seguire SNES (50 milioni), N64 (35 milioni), GameCube (20 milioni) e infine Wii U (attualmente circa 10 milioni). Per quanto riguarda le console portatili, il trend è il medesimo: dopo i 120 milioni del primo Game Boy si scende agli 80 del Game Boy Advance e ai circa 50 attualmente totalizzati dal 3DS.

Sono dati che non si possono ignorare e che dipingono un quadro molto chiaro: il capitale di successo ottenuto dagli hardware Nintendo si è lentamente ma costantemente logorato nel corso degli ultimi 30 anni, fino a portarci ad una generazione, quella attuale, che con ogni probabilità sarà la peggiore mai registrata da Nintendo in termini di vendite. Il tutto, va ricordato, nel contesto generale di una games industry che invece andava crescendo:

Generazione dopo generazione, le vendite complessive delle console domestiche sono aumentate, mentre quelle specifiche degli hardware Nintendo (escludendo il capitolo Wii) sono costantemente diminuite.

L'attuale situazione di Wii U e 3DS, quindi, non è da imputarsi unicamente alle colpe specifiche dei due hardware in sé, ma va letta come il fondo di una parabola discendente iniziata da più di vent'anni e solo brevemente interrotta dall'inatteso picco rappresentato da Wii e DS.

Al di là dei freddi numeri, il declino di Nintendo si percepisce anche in termini di "sentimento" tra il pubblico dei gamer. Lo dico da giornalista che, in epoca GameCube, ebbe il privilegio di dirigere una rivista interamente dedicata al mondo Nintendo (l'ormai arci-defunta Cube). Il fatto che Nintendo, i suoi giochi, le sue piattaforme e in generale il suo allegro e colorato mondo riscuotano sempre meno interesse nell'attuale pubblico dei videogiocatori è palpabile. In sostanza, al di fuori di una cerchia sempre più ristretta di fan irriducibili, si ha l'impressione che molti gamer si siano semplicemente allontanati da Mario e soci.

Come siamo arrivati a questa situazione? Le cause, ovviamente, sono innumerevoli (e non è nostra intenzione riassumerle tutte in questa sede). L'ostinazione di Nintendo nell'impiegare le cartucce, piuttosto che passare al più moderno formato CD, ha messo in ginocchio la generazione del N64. L'ormai cronica incapacità di mantenere buoni rapporti con gli sviluppatori third-party ha trasformato Nintendo in una casa sempre più autoreferenziale, privandola dei contributi esterni essenziali per il successo di una console. La resistenza alla modernizzazione delle infrastrutture online ha impedito a molti dei suoi hardware di risultare al passo coi tempi. Infine, la scelta di corteggiare il pubblico "casual" con il Wii ha dato all'azienda un enorme successo momentaneo, ma si è poi trasformata in un boomerang, contribuendo a sfiduciare e allontanare ulteriormente il pubblico dei giocatori storicamente più fedeli e appassionati.

Scivolare nell'irrilevanza, per un grande e importante marchio dei videogiochi, è improbabile ma non impossibile: lo sanno molto bene Atari e Sega.

Quali che siano le cause, comunque, una cosa è chiara: la Nintendo del 2015 è un'azienda che, nonostante le glorie del passato, attualmente si trova a lottare per non scivolare nell'irrilevanza (non a caso, quest'anno è uscita per la prima volta nella sua storia dalla lista dei 100 brand più importanti del mondo). Si tratta di uno scenario ovviamente triste per tutti noi appassionati e fan storici, ma non è un caso unico nel panorama della nostra industria: ci sono già passate, ad esempio, altre due aziende un tempo gloriose come Atari e Sega.

Per evitare di subire la medesima sorte, nella prossima generazione Nintendo dovrà assolutamente interrompere il trend di declino, oppure rischierà di assistere ad un'ulteriore contrazione della sua quota di mercato, i cui effetti ad oggi sono largamente imprevedibili. Quale ruolo avranno in tutto ciò le piattaforme mobile e altre iniziative come l'ormai fantomatico progetto "quality of life" resta tutto da scoprire, ed è probabilmente uno degli interrogativi più importanti per il futuro di Nintendo.