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Xbox Game Pass: arriva il Netflix dei videogame? - editoriale

Microsoft annuncia il servizio in abbonamento di cui l'industria aveva bisogno.

Microsoft ha sorpreso tutti annunciando Xbox Game Pass, un nuovo servizio in abbonamento che, a seconda dei punti di vista, può essere considerato come il frutto di un grande slancio innovativo e una dichiarazione d'amore "for the players", oppure come il tentativo estremo di recuperare terreno nel corso di una generazione ormai sempre più controllata da Sony e dalla sua PS4.

Pagare 9.99 dollari al mese per accedere ad una libreria di circa 100 titoli è qualcosa di radicalmente nuovo per il settore dei videogame, che a dispetto della sua vocazione intrinsecamente moderna e tecnologica, poggia ancora su un modello di mercato per molti versi antiquato edinefficiente (gli acquisti di prodotti singoli a costi "premium") e fatica ad adeguarsi ai nuovi modelli on demand e agli abbonamenti "flat" proposti in altri settori da servizi come Netflix o Spotify. Meglio tardi che mai: Xbox Game Pass potrebbe essere il sassolino che scatena la frana e che, di qui a pochi anni, finirà per consegnarci un'industria diversa da quella che conosciamo oggi, più moderna e dinamica.

Dal punto di vista del giocatore, il beneficio offerto da Xbox Game Pass è piuttosto immediato: con soli 120 euro all'anno (all'incirca il costo di due "tripla-A") si può accedere ad una nutrita libreria di titoli da giocare senza alcun limite o vincolo. Un incentivo niente male per comprare un'Xbox One!

10 euro al mese per 100 giochi: Microsoft è impazzita? Oppure sa bene che rendere il mercato dei videogame più moderno e inclusivo è l'unica via verso la crescita?

Chiaramente le aspettative vanno ben misurate: visto il basso costo, dubito che l'offerta includerà le ultimissime release o i blockbuster più attesi; più probabilmente, a comporre il grosso della libreria saranno titoli minori o "vecchi classici" ormai giunti a fine vita commerciale (l'equivalente del cestone a 14.90, insomma). Ciò non toglie che chi non disdegna aspettare, o non sopporta l'idea di pagare 60 euro per un gioco, finalmente ha un'alternativa economica e semplice per alimentare la propria passione.

Si tratta della stessa filosofia che ha reso così popolare Netflix, un servizio che non raccoglie certo la prima scelta a livello di film e serie TV, ma che si propone a un prezzo ferocemente entry-level, ha un'infrastruttura efficientissima e offre comunque un catalogo in grado di soddisfare gli appetiti cinematografici di un'enorme fetta di pubblico (circa 100 milioni di abbonati in tutto il mondo).

Quello della seconda scelta (gli economisti la chiamerebbero "coda lunga") è un mercato che il mondo dei videogame non può più permettersi di ignorare. Innanzi tutto perché se ben sfruttato può produrre dei guadagni notevoli; ma anche e soprattutto perché rappresenta un importante "paracadute" per i prodotti che non sono abbastanza fortunati da ottenere un successo immediato.

L'EA Access di Electronic Arts somiglia, per molti versi, a Xbox Game Pass, ma essendo limitato ai titoli di un solo produttore non è paragonabile in termini di ampiezza e portata.

Ancora oggi l'industria dei videogame poggia quasi esclusivamente sulle vendite massificate dei tripla-A nei primissimi giorni della loro uscita sul mercato, complice anche il sistema distorto dei pre-order. Al primo accenno di "flop", il prezzo viene abbattuto e il titolo sostanzialmente abbandonato al suo destino, come se fosse privo di valore. Si tratta di un modello isterico e caratterizzato da un enorme fattore di rischio, di cui più volte abbiamo criticato gli eccessi e commentato i disastri.

Se anche l'industria cinematografica fosse basata su un sistema del genere, ad esempio, Blade Runner (che fu un flop al botteghino) non avrebbe mai potuto diventare un "cult" generazionale grazie al mercato secondario delle videocassette e ai passaggi in TV.

Questo non significa che i titoli accatastati nella libreria di Xbox Game Pass potranno riscoprire chissà quale successo postumo, ma il fatto che finalmente anche il nostro settore si stia dotando di un sistema di vendita meno estremizzato e più stratificato, che contempli anche il valore commerciale dei titoli al di fuori del periodo di lancio, è senz'altro una buona notizia.

Con uno slancio di ottimismo esagerato, provate ad immaginare un 'Nintendo Game Pass' che con 10 euro al mese lasciasse giocare su Switch 100 classici Nintendo...

Inutile dire che se l'iniziativa di Microsoft avrà successo, anche la concorrenza (Sony in testa... ma forse anche Steam?) dovrà adeguarsi dotandosi di un servizio simile. Una transizione importantissima, soprattutto a fronte di un mercato che sta viaggiando sempre di più verso gli acquisti digitali, e che sta cominciando a mettere in forte crisi il modello degli usati, tradizionale punto d'appoggio per i gamer più attenti al budget.

Sostituire questo antiquato sistema con un modello di prezzo "all-inclusive", che consenta ai gamer meno esigenti di giocare con soddisfazione senza investire cifre esagerate, può risultare un fattore di crescita importante per la nostra industria. Il tutto, ovviamente, senza nulla togliere ai maniaci del day one o delle special edition, che parallelamente continuerebbero ad esistere indisturbati, rappresentando la fascia "premium" di un mercato finalmente diversificato e maturo.

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Luca Signorini

Contributor

Luca gioca e scrive da quando ha scoperto le meraviglie del pollice opponibile. È giornalista ma soprattutto appassionato; non gli toccate Metroid, Stallone, i Black Sabbath e la carbonara e sarete suoi amici per sempre.
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