Skip to main content
Se clicchi sul link ed completi l'acquisto potremmo ricevere una commissione. Leggi la nostra policy editoriale.

Prey - recensione

Si svegli mister Yu, si svegli.

"I publisher non invieranno alcuna copia review prima dell'arrivo sul mercato del gioco". Sentire una frase del genere fa immediatamente scattare un campanello d'allarme nella mente della stampa e anche dei giocatori più attenti a questi dettagli. D'altronde si sa: non avere alcuna recensione prima o contemporaneamente all'uscita è spesso sinonimo di qualche magagna più o meno evidente, o di un prodotto finale che non riesce a rispettare le aspettative spesso gonfiate da trailer e demo creati ad hoc.

Quando Bethesda decise di adottare questo tipo di approccio con la stampa specializzata non sono mancate le polemiche e una, sotto molti aspetti sacrosanta, cautela verso le nuove uscite. L'ottimo Doom ha dimostrato che questo discorso non sembra applicabile alla compagnia americana e Dishonored 2 si è presentato come un credibile pretendente al game of the year nonostante il lancio problematico della versione PC. Ma al di là delle preoccupazioni relative alla qualità, questo tipo di approccio pone la critica di fronte a un dilemma non da poco: recensire il prodotto più velocemente possibile in favore di visite migliori o sacrificare almeno in parte la tempestività per provare a fondo ogni elemento di un titolo?

Secondo il cofondatore di Arkane, Raphael Colantonio, Prey può essere completato in un tempo che varia tra le 16 e le 24 ore in base allo stile di gioco adottato. Noi di Eurogamer.it abbiamo speso quasi 30 ore all'interno dei corridoi della stazione spaziale di Talos-1, letteralmente rapiti dai suoi misteri, dalle storie più insignificanti nascoste dietro al freddo schermo di un terminale, da ogni più piccolo rimasuglio di vita che urlando e scalciando cerca di sopravvivere schiacciato dalla tecnologia e dalla maniacale voglia di progresso.

Le Neuromod sono uno dei fulcri della trama ma anche del gameplay vero e proprio.

Quella di Morgan Yu è un'odissea che parte subito in quarta e che sin dall'inizio non si risparmia né a livello di tematiche trattate, né tanto meno a livello di pure tecniche narrative. Se proprio la trama poteva essere considerata come il tassello meno riuscito di Dishonored e in misura minore di Dishonored 2, in questo caso i passi in avanti sono evidenti sin dai primissimi istanti. Di fronte alla migliore prova narrativa della software house una domanda sorge spontanea: quanto ha influito il lavoro di un mostro sacro come Chris Avellone?

Il veterano che ha lavorato in ruoli di primo piano a giochi memorabili come Fallout 2 , Planescape: Torment, Fallout: New Vegas e più recentemente Pillars of Eternity, ha sviluppato diverse sottotrame e NPC secondari ma sicuramente ha contribuito anche alla creazione del curatissimo mondo di gioco ideato da Colantonio e dal lead designer, Ricardo Bare. Vogliamo rivelare il meno possibile di questa avventura ambientata nel 2035 su Talos-1, limitandoci semplicemente a sottolineare che dopo un prologo assolutamente memorabile siamo stati catapultati in una situazione critica a causa dell'attacco di una peculiare razza aliena denominata Typhon.

L'ottima trama della missione principale non è tuttavia abbandonata a se stessa dato che tra file audio, email da analizzare direttamente dai terminali e non pochi NPC, la carne al fuoco è davvero parecchia e fortunatamente anche di ottima qualità. Si toccano temi cari alla fantascienza e alla fantapolitica passando anche per storie molto più intime, per così dire piccole ma anche per questo più interessanti e coinvolgenti. Gli NPC sono lo specchio del protagonista stesso, un protagonista che abbandonando una convenzione molto diffusa non è assolutamente muto grazie a un interessante escamotage narrativo.

Tra elementi classici, personaggi secondari di altissima qualità e vicende emotivamente di un certo peso, il comparto narrativo di Prey riesce a lasciare il segno e a convincere su tutta la linea, affiancandosi in maniera più che riuscita a un gameplay incredibilmente complesso.

Il Cannone Gloo sta a Prey come la Gravity Gun sta ad Half-Life.

La parola d'ordine, come spesso accade per Arkane, è una di quelle spesso usata a sproposito in questa industria: libertà. La prima sensazione una volta iniziato il nostro viaggio è quella di avere tra le mani un FPS in tutto e per tutto, ma per quanto siano presenti armi da fuoco convenzionali e non, bastano pochi minuti per capire che Prey è uno shooter decisamente atipico (anche perché il gunplay e gli input non non sempre perfetti nelle situazioni più concitate) e poco più per rendersi conto che le etichette stanno a dir poco strette a Colantonio e squadra. Le prime armi del buon Morgan sono un classico come una chiave inglese e una delle vere star del gameplay, il Cannone Gloo.

Questo curioso apparecchio può essere considerato la Gravity Gun della situazione dato che i suoi proiettili di "colla" sono completamente al servizio del giocatore. Sono utili in combattimento perché bloccano per un breve periodo i nemici, per risolvere piccoli enigmi e per spegnere le fiamme o bloccare temporaneamente delle zone in grado di folgorarci. Ultimo ma non di certo meno importante, abbiamo il fattore esplorativo: con il Cannone Gloo è possibile creare dei veri e propri sentieri o delle scale improvvisate per raggiungere zone normalmente inaccessibili. Un aspetto questo che evidenzia il vero fiore all'occhiello della produzione, ossia Talos-1 stessa e il level design.

Tra cunicoli nascosti, zone rialzate, passaggi segreti e chi più ne ha ne metta, la stazione spaziale ci sa sempre garantire i mezzi per sopravvivere alle situazioni più disparate, facendoci affidare alla forza bruta dei combattimenti, allo stealth o a vie alternative sbloccabili in vari modi attraverso le nostre abilità. L'anima RPG, pur non trattandosi di un RPG puro, di questa produzione è fondamentale sin dalle prime fasi, permettendoci di migliorare in primis le capacità umane per trasformarci in hacker provetti, combattenti infallibili o energumeni in grado di sollevare qualsiasi oggetto, e successivamente quelle dei Typhon stessi grazie a un congegno denominato Psicoscopio.

Lo Psicoscopio evolve ulteriormente un gameplay già molto profondo.

Recuperato dopo alcune ore di gioco, lo Piscoscopio permette di scansionare i Typhon per scoprirne i punti deboli e per riuscire ad apprenderne le abilità. Si tratta di una variabile davvero interessante dato che garantisce ulteriori possibilità di approccio a ogni situazione. Per accedere a una certa stanza c'è solo un piccolo passaggio? Sfruttiamo l'abilità dei Mimic e trasformiamoci in un piccolo fermacarte. Siamo inseguiti da troppi nemici? Lasciamo una proiezione del nostro corpo e fuggiamo al riparo. Utilizzare le potenzialità aliene è però anche un'arma a doppio taglio dato che le torrette automatiche ci spareranno a vista e che il temibile e potente Typhon denominato Incubo ci darà la caccia. Questa letale creatura è il nemico che più si avvicina a un boss nel senso classico del termine e gli sviluppatori si sono ispirati a Nemesis di Resident Evil per la sua realizzazione.

A tutti questi elementi si aggiungono poi i chip per la tuta e lo Psicoscopio (che attivano particolari bonus passivi) e, cosa ancora più importante, il Riciclatore e l'Assemblatore, due postazioni presenti in diverse zone della mappa che sono diventate ben presto le nostre migliori alleate, permettendoci di scomporre ogni oggetto in materiali basilari poi utilizzabili nella creazione di munizioni, medikit e Neuromod coi cui potenziarci.

In ultima analisi non possiamo non citare le spettacolari sezioni all'esterno della stazione e a una particolarità tutt'altro che trascurabile dell'intera avventura: gli NPC che aiuteremo ricambieranno il favore nei modi più disparati e, per quanto sia spesso un rischio, cercare di aiutarli o più semplicemente salvarli da morte certa potrebbe rivelarsi un vantaggio non da poco e dare il via anche a nuove quest secondarie davvero interessanti. Le scelte hanno, quindi, un peso non trascurabile e i due finali possibili sono ulteriormente modificati dal nostro modo di approcciarci al mondo di gioco stesso.

Un FPS o un RPG?

Controller alla mano, la sensazione è quella di avere a che fare con uno sfacciato inno alla libertà, alle decisioni stesse del giocatore e alla sua capacità di sfruttare ciò che lo circonda. Siamo sempre noi giocatori a scegliere come agire, a capire il miglior modo per superare la sfida che abbiamo di fronte sperimentando metodi diversi e tattiche apparentemente bislacche ma in molti casi efficaci.

La breve analisi sull'aspetto puramente tecnico del nuovo gioco dei creatori di Dishonored deve partire da una doverosa premessa: coloro che non apprezzano lo stile di questo studio potrebbero storcere il naso anche in questo caso. Al di là del particolare mix tra fantascientifico e retrofuturistico di alcuni elementi, i modelli dei personaggi ricordano effettivamente le avventure di Corvo Attano in quel di Dunwall nonostante il cambiamento di motore con il passaggio dal Void al CryEngine. La versione PS4 da noi testata si è dimostrata decisamente molto stabile in tutte le situazioni, convincendo su tutta la linea e gestendo con efficacia una mole di oggetti interattivi davvero impressionante sia negli articolati ambienti interni che all'esterno di Talos-1. Piccolo appunto solo per i caricamenti che suddividono le varie zone e che a volte spezzano eccessivamente l'avventura soprattutto, nelle fasi finali.

Per tutti coloro che all'interno dei videogiochi amano il doppiaggio in italiano, un argomento tornato in auge anche recentemente, sappiate che qui troverete pane per i vostri denti. Il lavoro di localizzazione è di altissima qualità e ogni doppiatore si è calato in maniera egregia nel proprio ruolo tratteggiando alla perfezione personaggi spesso molto complessi e decisamente credibili. Si tratta di un lavoro ancora più impressionante se si considera anche la non trascurabile mole di file audio sparsi per il mondo di gioco.

Guarda su YouTube

Sin dal suo annuncio Prey è stato guardato con scetticismo per i motivi più variegati. Prima perché Bethesda aveva deciso di associare alla nuova fatica di Arkane Studios il nome di un franchise che era stato al centro di non poche controversie (Human Head Studios era convinta della qualità del Prey 2 che poi venne accantonato e ha criticato l'atteggiamento del publisher) e successivamente perché tra i paragoni e le ispirazioni venivano citati dei mostri sacri più o meno recenti come BioShock e quelli che possono essere considerati come i suoi neanche troppo celati antenati: i due indimenticati System Shock.

Più forti di qualsiasi dubbio, Colantonio, Avellone e soci hanno confezionato un universo gigantesco, un dedalo di storie personali che si intrecciano alla missione di Morgan Yu e alle domande sulla natura stessa della multinazionale TranStar, perdendosi negli sconfinati corridoi di una stazione spaziale che per quanto inevitabilmente limitante garantisce una miriade di possibilità e di approcci, adattandosi a tutti i palati e a ogni stile di gioco. Un altro passo in avanti, in particolare a livello narrativo, per un team che merita un posto d'onore nell'olimpo dei migliori sviluppatori sulla piazza e che fa del level design un'opera d'arte e della libertà più assoluta un credo incrollabile.

9 / 10