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Il single-player non è morto - editoriale

Basta sapere dove cercare.

La chiusura di Visceral Games ha sollevato un vespaio. "I videogiochi single-player sono morti". "Il mercato è cambiato". Sì, è così. È in costante cambiamento, sempre alla ricerca di una forma stabile e, soprattutto, sostenibile economicamente. Nel corso di questo processo, saltuariamente qualche casa di sviluppo - vuoi per un flop da cui non si sono riprese, vuoi per scelte aziendali del produttore a cui sono associate - viene meno.

La questione economica è stata già affrontata quando abbiamo parlato delle loot-box, la nuova frontiera nel tentativo di scovare ulteriori vie di monetizzazione nei videogiochi da parte di sviluppatori e produttori. La questione che voglio indagare io, invece, è un'altra: davvero le esperienze a giocatore singolo si stanno estinguendo? Prendiamo in considerazione i principali publisher per volume: Electronic Arts, Activision, Ubisoft e Bethesda.

Sì, Electronic Arts si sta spingendo online. Le proteste però non sono scaturite sul 'sì o no' bensì su come l'azienda sta portando avanti il nuovo approccio commerciale.

Il primo caso è forse il più lampante: la società di Redwood City è quella che più di tutte sta inseguendo il nuovo orizzonte del multigiocatore, ma soprattutto - perché è qui che l'utenza si è sollevata in massa - dei contenuti a pagamento come DLC, microtransazioni, spingendo al "pay to win" e altro. Non a caso il suo principale titolo allo scorso E3 di Los Angeles è stato Anthem, la risposta firmata BioWare a Destiny; un titolo da giocare anche da soli, ma costantemente connessi alla rete e al grande mondo realizzato dalle menti del team di sviluppo. Ci sono poi Star Wars: Battlefront II e Battlefield 1 che, nonostante possano contare su una campagna a giocatore, puntano molto sulla componente multigiocatore: mappe, armi, skin, espansioni; tanti contenuti vengono - e verranno - riversati ogni mese per mantenere attiva la comunità online.

Andiamo sui freddi numeri: 14 milioni di unità di Star Wars: Battlefront (il reboot del 2015) sono state spedite a maggio 2016; non abbiamo dati ufficiali, ma le stime parlano di un risultato fra 1,7 e 2 milioni di unità per Mirror's Edge Catalyst, sequel atteso per anni. Un confronto funesto fra un gioco prevalentemente online - e che quindi può essere sfruttato di più nel lungo periodo - rispetto a un'esperienza a giocatore singolo.

Chi vuole giocare fra sé e sé può continuare a farlo sia con i titoli sopracitati sia con FIFA 18 e gli altri sportivi oppure con Mass Effect: Andromeda o con Need for Speed: Payback, ma l'atteggiamento del produttore è quello di investire cospicue risorse nella componente online, vedasi la modalità Ultimate Team di FIFA. Non è una sorpresa, insomma, che la direzione commerciale di Electronic Arts sia quella di perseverare puntando sui giochi online, anche se ciò significa togliere una personalità del calibro di Amy Hennig (ex Naughty Dog) dal progetto di Star Wars per riallinearlo alle politiche dell'azienda.

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Di tenore molto simile è Activision. Destiny 2 è sbarcato da poche settimane su console e PC e, a differenza del capitolo originale, include una campagna a giocatore singolo. Una scelta dettata più dalla volontà di esaudire un desiderio dei giocatori - e quindi di farli tornare nei negozi per comprare anche il seguito - che da un cambio di paradigma nel "cuore" dell'esperienza, che resta fortemente online. Lo stesso vale per Call of Duty: WWII, altro peso massimo firmato Activision che a breve vedremo nei negozi. La compagnia non ha mai nascosto le sue intenzioni e ha persino istituito una lega per professionisti dedicata a Overwatch, sparatutto in soggettiva online firmato da Blizzard Entertainment. E quest'ultima è la società che ha dato i natali all'esperienza online per antonomasia, World of Warcraft, senza dimenticare il gioco di carte Hearthstone.

Da parte sua, Activision ha forse una connotazione offline inferiore a quella di Electronic Arts. Le sue principali proprietà intellettuali a giocatore singolo includono serie come Crash Bandicoot e Skylanders: il primo è tornato davvero in forma solo con un rifacimento degli episodi originali mentre il secondo è stato messo da parte a causa di vendite non più allineate alle aspettative. E Guitar Hero è di nuovo in soffitta e la deludente prestazione commerciale dell'ultimo episodio ha spinto l'azienda a licenziare buona parte dei dipendenti di FreeStyleGames.

Quando ci spostiamo verso Ubisoft e Bethesda, per volume inferiori alle prime due, ma comunque solide sia dal punto di vista della qualità sia da quello della quantità, le cose cambiano. La società francese, infatti, ha un catalogo più equilibrato, ma di certo non lesina sull'online: giochi come Ghost Recon: Wildlands o Rainbow Six: Siege sono votati esclusivamente all'esperienza multigiocatore. Esponenti come Assassin's Creed: Origins, Far Cry 5, Mario + Rabbids: Kingdom Battle e South Park: Scontri di-retti, però, sono lì a dimostrare che la compagnia non solo investe ampiamente nelle esperienze a giocatore singolo, ma le riescono anche bene e - pur con un'altalena commerciale dettata da vari motivi - riescono a portare importanti introiti.

Assassin's Creed è stata una delle serie di maggiore successo degli ultimi anni. C'è stato qualche tentativo di integrare una modalità online, ma il focus è sempre stato la campagna.

Infine viene Bethesda che, in un certo senso, potremmo erigere a baluardo delle esperienze a giocatore singolo. Le proprietà intellettuali di id Software, come Quake e Doom, sono l'esempio di un prodotto che sposa benissimo - e con ottimi risultati - la campagna a giocatore singolo, ma porta avanti modalità multigiocatore che loro stessi, molti anni fa, hanno fatto nascere.

Ci sono tante altre produzioni per cui Bethesda si è fatta conoscere: The Elder Scrolls, The Evil Within, Wolfenstein, Dishonored, Fallout. Giochi che puntano esclusivamente sul giocatore singolo e su esperienze più "classiche". Bethesda non è ovviamente estranea a contenuti aggiuntivi realizzati per tenere viva più a lungo la produzione (DLC, edizioni Game of the Year e remaster), ma senz'altro è molto lontana da una proposta "game as a service" a cui si stanno avvicinando altri produttori come Electronic Arts e Activision. Un sistema che ha recentemente approvato anche un ex designer di Visceral Games, Zach Wilson, dicendo che "mi aspetto che i publisher quotati in borsa seguano i nuovi trend del mercato per massimizzare i loro profitti".

Aggiungo un'ulteriore azienda alla lista, perché merita una menzione speciale e un discorso a parte, poiché riesce a trainare su di sé l'attenzione come pochissime altre realtà riescono in questa industria. Rockstar Games viene spesso eretta a difesa delle grandi campagne a giocatore singolo, ma con GTA V sembra aver "scoperto" le beltà della modalità online. Al punto che di recente Imran Sarwar, director of design, ha spiegato a GamesIndustry che la casa di sviluppo si è "dimenticata" delle espansioni per il giocatore singolo: "[...] la componente online aveva molto potenziale, ma lavorare per riuscire a esprimerlo ha richiesto molte risorse". Che quindi non poteva essere reindirizzate anche alle promesse espansioni per la campagna, definita come "tre giochi in uno" e quindi già sufficientemente corposa.

Bethesda è il produttore che nel suo catalogo ha una proporzione maggiore per le esperienze a giocatore singolo.

Red Dead Redemption 2 sarà una prova importante: che tipo di esperienza intende partorire Rockstar Games? La campagna a giocatore singolo è una certezza, ma sarà interessante valutare quale sarà il suo approccio alla componente online. Noi riteniamo che la "scoperta" di GTA V sia senz'altro un'indicazione molto importante della direzione in cui vuole spingersi la compagnia, sebbene non riteniamo sarà mai così folle da lesinare le risorse su un'avventura offline di grande impatto.

Il mercato è in continuo mutamento. Bisogna adattarsi o perire e alcune aziende si stanno spingendo online per tenere vive le proprie casse. Dire però che le esperienze a giocatore singolo stiano morendo è semplicemente sbagliato poiché due dei maggiori produttori di terze parti, ossia Ubisoft e Bethesda, hanno un importante parco titoli dedicato alle esperienze a giocatore singolo. E volendo disturbare anche le prime parti, Nintendo è estremamente dedita a questo segmento di giocatori (The Legend of Zelda, Super Mario, Fire Emblem, Xenoblade Chronicles) e anche Sony e Microsoft hanno diverse frecce single-player al proprio arco, nonostante non siano estranee a nuove modalità di monetizzazione (anche Forza Motorsport 7 ha fatto discutere).

Il giocatore singolo non è più una sicurezza per le entrate economiche di alcune società a causa del costante aumento dei costi di produzione. Definirlo "morto", però, è una grande esagerazione. Per fortuna.