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Mettersi in contatto con il passato in Assassin's Creed Origins - editoriale

In volo sopra Giza.

Nota: Una volta al mese invitiamo il meraviglioso redattore di Heterotopias, Gareth Damian Martin, al fine di mostrarci cosa voglia dire scrivere di videogiochi con un alto livello di qualità, prima di scacciarlo perché fa fare una pessima figura al resto della redazione. Nel caso in cui vogliate leggere degli esempi di critica più articolati, qui potete trovare il terzo numero di Heterotopias.

Quando parliamo di storia il più delle volte stiamo parlando di architettura. Dalle città in cui viviamo e lavoriamo a quelle verso cui viaggiamo come una forma di fuga dalla vita di tutti i giorni, incontriamo costantemente la storia attraverso la sua presenza architettonica. Le strutture in rovina o restaurate di cattedrali, castelli, templi, tombe, sono preservate come interfacce della storia, modi per interagire con l'inaccessibile e lontano passato. Anche le strutture più scarne come i ricci cechi e i bunker in cemento delle spiagge della Normandia assumono un incredibile potere e valore architettonico attraverso la loro vicinanza a eventi culturalmente significativi. Come individui cerchiamo costantemente questi luoghi, fissando le loro inesorabili strutture da delle strade affollate e sperando in una qualche forma di contatto. Potremmo anche toccarli, far scorrere pigramente le nostre mani su di essi come migliaia e migliaia di persone hanno fatto. Per molti di noi questi incontri costituiranno le memorie architettoniche più forti della nostra vita.

Dovete perdonarmi se quando si parla di Assassin's Creed Origins e della sua architettura torno alle origini stesse della serie. Sin dall'inizio del franchise, l'architettura è stata una parte centrale di Assassin's Creed. Quando il primo gioco venne lanciato, dieci anni fa, integrò l'architettura nel proprio gameplay in un modo che ha pochissimi precedenti. Non c'erano ancora stati i Mirror's Edge e gli Infamous e Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo di Ubisoft era ai tempi il più evidente esempio per libertà di movimento. Assassin's Creed aveva un aspetto e dei movimenti senza precedenti con le sue città create intorno a un'idea centrale: l'impressionante sistema di arrampicata del gioco.

Attraverso questo sistema, in cui le movenze del protagonista, Altair, erano mappate realisticamente a ogni appiglio e sporgenza, le città della Terra Santa presenti nel gioco diventavano dei parco giochi in cui ogni mattone, supporto, finestra o trave ricopriva un ruolo vitale. Per quanto la serie abbia smussato le rigidità di quel primo capitolo semplificando e velocizzando l'arrampicata e rendendo sempre più semplice muoversi attraverso i tetti di quei tempi passati, c'è ancora qualcosa di affascinante nella difficoltà e nella goffaggine di questo primo capitolo. Richiedeva al giocatore concentrazione e impegno con il percorso ai lati delle strutture spesso indiretto e complesso, mentre un attraversamento della città non gestito con le giuste tempistiche avrebbe lasciato il giocatore appeso a una trave in bella vista, facilmente individuabile dai nemici all'inseguimento.

La necessità di mantenere alta l'attenzione sul prossimo appiglio o baratro al fine di padroneggiare il sistema di arrampicata, indirizzava forzatamente l'attenzione del giocatore verso le ruvide pietre o i mattoni di Acri, Damasco e Gerusalemme. Ognuna di queste città, modellata con una cura con cui pochissimi giochi del 2007 potevano competere, diventava il pezzo forte del gioco. C'era qualcosa nell'atto di toccare, arrampicarsi e poi sormontare queste strutture che dava la sensazione di rappresentare un potente modo per connettersi con le architetture storiche. Non posso neanche lontanamente ipotizzare la mole di ore che spesi muovendomi da tetti a cupole a guglie, guardando la città più e più volte da migliaia di angolazioni. Il fatto che la mia esperienza del gioco non fosse altro che un'estensione dell'interesse e dell'esperienza reale con l'architettura storica, sembrava qualcosa di ovvio. Avere in dono la libertà di appendermi a ogni appiglio, attraversare tutte le facciate e godermi il panorama da ogni tetto sembrava un dono pressoché impossibile da avere. Le guardie, la narrazione, perfino Altair per me non diventarono che una distrazione da evitare nel mio peregrinare all'interno di questi spazi.

Ciò che mi colpì ai tempi fu la realizzazione che se gli edifici storici che vidi nelle città in giro per l'Europa hanno funzionato come una sorta di interfaccia per incontri immaginari o reali con il passato (che si trattasse di fissare con il naso all'insù le gorgone di Notre Dame a Parigi o esplorare la cittadella medievale di Namur in Belgio), allora Assassin's Creed era la realizzazione definitiva di quell'interfaccia, un'occasione per mappare virtualmente, esplorare e ottenere una visione senza precedenti di queste strutture. Se come visitatore in carne e ossa di uno di questi luoghi ti puoi immaginare mentre esplori le zone più rialzate, i ponti e i balconi, in Assassin's Creed potevi semplicemente farlo lasciando che il tuo interesse ti portasse da dettaglio architettonico a dettaglio architettonico. Perfino gli architetti di questi edifici non avrebbero mai immaginato che un'esperienza così totale dei loro progetti sarebbe mai stata possibile. Il fatto che una feature così incredibile fosse possibile era sufficientemente potente da farmi dimenticare le strutture di gioco che serviva. Il primo Assassin's Creed era un titolo sorprendentemente limitato, tratteggiato da missioni corte e con parecchio del suo spazio lasciato incredibilmente inutilizzato. Il suo gigantesco hub era talmente privo di contenuti che molti giocatori ci hanno semplicemente cavalcato attraverso ignorando i stupefacenti paesaggi e i panorami nascosti che si dispiegavano in maniera così poco attraente di fronte a chiunque fosse disposto ad esplorare.

Un decennio dopo questi presunti "errori" sono stati complessivamente corretti. Assassin's Creed Origins, un soft reboot di una serie che può contare più di 18 giochi, dà quasi l'impressione di essere pieno zeppo di contenuti fino alla nausea. Tutto dall'HUD stracolmo di elementi e l'eccesso di menù incastrati tra loro, fino alla quasi illeggibile mappa con gli indicatori delle missioni, i punti interrogativi e le fonti di risorse, delinea un gioco progettato per riempire di cose da fare ogni angolo dell'Egitto tolemaico. Potrebbe sembrare in un certo senso qualcosa di ovvio considerando come la serie abbia ormai coltivato una certa reputazione per il proprio sovraccarico sensoriale ma quando viene accostato al suo parente di una decina di anni fa, risulta improvvisamente strano.

Come siamo giunti dal vagare all'interno di un reame vuoto a questo? Siamo lasciati ad affogare nei numeri, passando da quelli che studiano l'esperienza, le risorse e la potenza di attacco a quelli che saltano in maniera ancora più entusiastica dello zampillio di sangue che scaturisce dai corpi di guardie che uccidiamo, senza neanche sapere il perché. Avvolto in tutto ciò faccio fatica a sfiorare quel potere che una volta sentivo, la bellissima stranezza di un gioco così innamorato della storia da mettere a disposizione la propria struttura per permettere al giocatore di esplorare in ogni modo immaginabile.

Eppure quella abilità di toccare ogni superficie degli edifici attraverso una mano virtuale si trova ancora lì al suo posto. Al di sotto di quei numeri Assassin's Creed Origins è costruito su un mondo ossessionato dagli aspetti architettonici e squisitamente dettagliato. Anche se il suo tentativo di mostrare il protagonista Bayek come una combinazione di un giovane uomo scanzonato e un killer mentalmente segnato si rivela esattamente incongruo come sembra, questa piattezza narrativa si posiziona al di sopra di una ricchezza e profondità di dettagli che meriterebbe indubbiamente di meglio. Dietro la monotonia di combattimento e caccia giace la più dettagliata simulazione dell'Egitto tolemaico mai creata in ambito scientifico, artistico o in tutta l'archeologia. Il suo focus potrebbe non essere l'accuratezza ma la grandezza complessiva e il senso di tempo e spazio che evoca non può essere ignorato. E, desideroso di liberarmi dal tedio delle missioni di gioco, mi sono ritrovato a disattivare l'HUD e a vagare per il mondo come se stessi giocando ancora una volta all'interno del reame vuoto del primo Assassin's Creed. È stato così che mi sono reso conto della connessione, del vero significato della parola "Origins" incollata in maniera così goffa al titolo del gioco.

C'è una connessione condivisa tra gli spazi in game del primo gioco e quelli di Origins che va al di là della serie: il lavoro del pittore David Roberts. Artista scozzese che ha lavorato alla fine del diciannovesimo secolo, Roberts viene descritto come un esponente dell'Orientalismo britannico, un movimento pittorico spesso discusso per la romanticizzazione e la visione occidentalizzante del cosiddetto "Vicino Oriente". Roberts, a differenza di molti dei suoi colleghi, era tuttavia conosciuto in occidente per i suoi studi riguardanti l'architettura molto prima di viaggiare verso la Terra Santa e l'Egitto. Era conosciuto per la sua precisione, il suo senso della scala architettonica e, diversamente da molti altri orientalisti, si era imbarcato in diversi viaggi all'interno dei luoghi che rappresentava, dipingendo spesso in loco. Per questo motivo le sue opere mostrano una visione senza precedenti dell'architettura e dei paesaggi del Medio Oriente e non solo. L'art director di lungo corso di Assassin's Creed, Raphael Lacoste, non ha mai nascosto la notevole influenza che gli iconici studi di Roberts sulla Terra Santa ebbero sul primo gioco, e con Origins che volgeva lo sguardo verso l'Egitto la serie poteva ancora una volta ritornare al lavoro di questo magistrale pittore.

Questo è ciò che ho trovato nel mio vagare senza HUD: immagini ed edifici che, proprio come il reame vuoto del primo gioco, evocavano splendidamente il lavoro di Roberts. Paragonate semplicemente la ricerca di un antico portico egizio realizzata da Roberts con l'immagine di un tempio di Origins presente in questa pagina. Il colore, l'illuminazione e la gestione delle dimensioni ci sono tutte. E più vagavo all'interno di Origins, più vedevo la stessa percezione di spazio e tempo che avevo osservato dieci anni prima nel primo Assassin's Creed. Origins è anche un miglioramento di quelle bellissime città dei primi giochi che erano sì piene di dettaglio ma che allo stesso tempo erano afflitte dai loro cittadini impacciati e ottusi. A confronto Assassin's Creed Origins dà la sensazione di essere vivo con i suoi strati composti da fauna, dal lavoro della gente, dalle attività e dalla vita quotidiana che riempiono il suo mondo con varietà e complessità. Finalmente le eccezionali architetture sembrano essere pareggiate dalla vita che le circonda. Eppure nella prima ora di Origins mi sentivo frustrato dal modo in cui tutto questo era oscurato, ignorato e messo in secondo piano dalle strutture alla base del gioco. Anche con l'HUD disattivato giocare nei panni di Bayek sembrava ancorarmi alle mancanze della serie. Ma poi scoprii Senu.

Senu è forse la più importante introduzione nella storia della serie. Un'aquila che il giocatore può controllare in qualsiasi momento, il suo debutto si presenta come un deludente e prevedibile modo per adattare a un setting storico un drone militare dei nostri tempi. Utilizzato per marcare obiettivi e bersagli potrebbe sembrare solo l'ennesima idea eccessiva e poco sensata ma con l'HUD disattivato Senu diventa splendidamente inutile. Con nessun bersaglio da marcare e nessun strano overlay high-tech, volare come Senu si allontana una volta per tutte dalla violenza, dalla poco entusiasmante storia e dagli infiniti numeri. Non ci sono nemici, barriere e incredibilmente nessun limite di distanza da Bayek. La prima volta che scoprii questa cosa continuai a volare in maniera irregolare per un'ora, andando da Alessandria a Giza osservando questo mondo ancora una volta con una prospettiva nuova.

Da questa prospettiva rialzata i ritmi dei sistemi di gioco assumono un nuovo significato. Puoi osservare la sinuosa forma dei coccodrilli inseguire pescatori completamente ignari, librarti tra stormi di uccelli canori che riposano in cima alle cupole e individuare uomini a cavallo che attraversano la città mentre seguono un percorso che pare particolarmente importante. Il mondo sembra, per così dire, vuoto. Non vuoto perché privo di vita, o attività o dettagli ma vuoto perché privo delle strutture che ne dettano il senso. Da questa prospettiva elevata, al di sopra degli schiamazzi e della routine, sei libero di immaginare una storia per ogni singolo dettaglio, una vita per ogni cittadino, un significato per questo mondo.

In questa particolare forma Assassin's Creed Origins si avvicina a un'altra rappresentazione architettonica della storia, quella del diorama. Ho iniziato l'articolo parlando di come l'architettura del passato delle città condizioni la nostra visione della storia ma c'è anche un'altra influenza. Se camminare attraverso una cattedrale o un palazzo lasciando scorrere la vostra mano sulle pietre può evocare una connessione con le persone che in passato hanno fatto lo stesso, c'è qualcosa da dire anche sulla prospettiva più elevata. Quello è lo stesso punto di vista che viene mostrato nei diagrammi architettonici e nei musei, all'interno dei quali città in miniatura vengono inserite all'interno di teche in plexiglas.

Proprio come accade a diversi bambini, trovavo questi diorami estremamente affascinanti, con quelle persone bloccate in storie realizzate con estrema cura come se lavorassero intorno a giganteschi mucchi di opere murarie e pietra. Queste minuscole versioni di mondi antichi sembravano così potenti perché garantivano sufficiente spazio per vagare. Potevi rimanere a fissarne uno per un'ora senza alcun problema, cercando di capire i percorsi e i passaggi, scoprendo statuine e schemi che suggerivano storie che aspettavano solo di essere raccontate. Per quanto finti a livelli estremi, questi diorami mi sembravano in molti casi dei modi molto efficaci di esplorare liberamente la storia, senza le rigorose regole dello studio o della ricerca.

Librandomi in volo al di sopra di Assassin's Creed Origins ho sentito la stessa sensazione riemergere in una forma nuova e incredibile. Esattamente come la progressione che c'è dal fissare un'architettura reale all'arrampicarsi sulla sua copia virtuale, questa è stata una progressione da un diorama di una natura morta di stampo storico a uno di un mondo vivo. Preservato in uno strano luogo virtuale all'interno di un'immagine distorta di un antico passato si trova un diorama infinito, un luogo in cui vagare e in qualche modo connettersi a una sensazione di storia. Non corrisponderà completamente ai fatti storici o non sarà fisicamente accurata ma, mentre volavo sul deserto diretto verso Giza e ho visto Menfi spuntare da un Nilo illuminato dalla luce della luna, in una visuale che nessun abitante dell'Antico Egitto avrebbe mai potuto avere, ho avvertito un tipo di meraviglia che forse non appartiene a un blockbuster che si concentra sull'infinita e sanguinosa missione di una schiera di uomini violenti. E poi, tutto è svanito.

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Assassin's Creed: Origins

PS4, Xbox One, PC

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Gareth Damian Martin

Contributor

Gareth Damian Martin is a writer, artist and designer. He is the editor and creator of the videogames and architecture zine Heterotopias.

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