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La magia di un nuovo gioco - editoriale

Un viaggio incredibile ci attende.

Ci può essere qualcosa di più inebriante, ludicamente parlando, delle prime ore di un videogioco? Di quei momenti in cui hai di fronte a te un nuovo viaggio tutto da scoprire, un mondo completamente nuovo da vivere ed esplorare e che un po' ti spaventa anche? Vi diamo noi la risposta: molto probabilmente no.

Quel brivido tipico dei viaggi, quando di fronte a noi ci sono infinite possibilità (si fa per dire, ma la sensazione è quella), infinite strade e, nell'aria, si annusa il profumo della curiosità, del rischio e della paura di rovinare un momento magico. Vale nella vita quanto nei videogiochi e, onestamente, nulla può essere equiparato, per emozioni e sensazioni, a quando si mette piede per la prima volta in un nuovo mondo virtuale, nemmeno le sessioni più avanzante, che, obiettivamente, sono quelle complessivamente meglio realizzate. Saranno ugualmente (se non più) belle, ma non avranno la stessa magia.

La prima volta che incontriamo un drago in Skyrim, con il fantastico tema in sottofondo ad annunciarlo, è semplicemente epica.

Una caratteristica che coinvolge soprattutto i giochi di ruolo: pensate alle prime ore di stupore in un The Elder Scrolls: Skyrim, quando per la prima volta il tema battagliero del gioco ha iniziato a suonare per annunciare la presenza di un drago, oppure a quando in The Witcher 3 vi siete ritrovati alle porte della maestosa Novigrad.

Si inizia a giocare piano piano, esplorando ogni centimetro possibile, ogni anfratto. Perché ci si potrebbe perdere qualcosa, anche un minimo dettaglio, che potrebbe spezzare quell'incantesimo. Come se la fretta fosse una sorta di tradimento nei confronti di quelle sensazioni che, in quel momento, sono fortissime e ci stanno inebriando. Un'infatuazione che dura per le prime ore di gioco e che, per forza di cose, un po' svanisce man mano che giochiamo.

In alcuni casi, però, gli sviluppatori hanno saputo imbottigliare queste emozioni e farne un'esperienza completa. Il piacere e il rischio dell'esplorazione e della scoperta, senza sapere cosa potremmo trovare, è alla base della trilogia di Dark Souls, i cui semi erano già stati piantati con Demon's Souls su PlayStation 3. In questo caso la sensazione di piacevole spaesamento dura per decine di ore e ogni nemico che si para davanti al giocatore è un nuovo pezzo dell'enigma tutto da scoprire. Bivi, edifici, oggetti, armi. La produzione di From Software ha avuto successo anche, e soprattutto, perché ha saputo raccontare queste emozioni, trasmettendole in ogni momento dell'avventura e ha permesso a un'intera comunità di scoprire insieme un gioco come non succedeva da anni.

L'ultimo capitolo di The Legend of Zelda ha saputo cogliere benissimo il piacere dell'esplorazione e della scoperta.

Di esempi, però, ne potremmo fare altri, partendo da quello che è stato recentemente premiato come "gioco dell'anno" ai The Games Awards: The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Anche in questo caso il "tocco magico" dell'esperienza è dato proprio dalle possibilità che vengono concesse da un mondo completamente nuovo e non guidato, in cui si viene buttati in mezzo sin dal primo minuto. Un piccolo puntino luminoso su una lontana collina non è semplicemente un elemento di contorno della mappa, ma diventa un viaggio, una missione, un risultato da raggiungere. Scoprendo di volta in volta, magari, un frammento di gioco che non pensavamo esserci. La magia dell'ultimo capitolo della saga di Nintendo è proprio questa.

Potremmo fare anche altri esempi in cui questo misto di paura, eccitazione e timore reverenziale verso un futuro ignoto rappresenta un'esperienza completa anziché coinvolgere soltanto le prime ore di gioco. The Vanishing of Ethan Carter di The Astronauts butta il giocatore nella mischia e non gli dice né che fare né dove andare. Fra stranezze, particolarità e sogni assurdi, l'esperienza è godibile specialmente per il modo in cui viene raccontata e vissuta. Lo stesso si potrebbe dire, poi, di alcune produzioni di Thatgamecompany, come Flower e, ancora di più, Journey.

Talvolta la bellezza di un'introduzione può essere un'arma a doppio taglio: in God of War 3, infatti, sovrasta qualsiasi cosa che venga dopo di un ampio margine.

Non mancano anche casi in cui, al contrario, i momenti introduttivi di un gioco sono così potenti che il resto è quasi una delusione. In God of War 3 l'avventura inizia subito con Kratos che, tornato indietro nel tempo, combatte sul dorso dei Titani mentre si fa strada verso Zeus. Una sessione visivamente incredibile e davvero maestosa, in ogni senso possibile, per un gioco d'azione. Peccato che duri tutto sommato poco e che il resto dell'avventura non riesca mai (nonostante una buonissima qualità generale) ad arrivare a quell'apice così incredibile, ma che, per fini narrativi, è stato rilegato a poche decine di minuti iniziali.

È talvolta incredibile pensare alla quantità di emozioni che un mondo virtuale possa suscitare in noi. Assaporarne ogni momento ci sembra, quindi, un obbligo nei confronti di quelle sensazioni lasciando che penetrino in noi e formino un ricordo vivido, in cui indugiare anche quando il pad è fermo sul tavolo e la console è spenta. Nella mente e nel cuore, però, sempre quelle emozioni così forti.

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A proposito dell'autore
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Massimiliano Di Marco

Contributor

Aspetta la pensione per recuperare la libreria di giochi di Steam. Critica qualsiasi cosa si muova, soprattutto se videoludica, e gode alla vista di Super Mario e Batman.
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