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Shadow of the Colossus - recensione

La terza vita del capolavoro di Fumito Ueda.

Se avete deciso di leggere questa recensione fate parte di una delle due seguenti categorie: 1) I giocatori di vecchia data che hanno giocato Shadow of the Colossus nella sua incarnazione originale e voglio vedere se sia possibile vivere un'altra volta quelle emozioni, risalenti ormai a dodici anni fa; 2) Le nuove leve che hanno sentito parlare di questo titolo da qualche amico, dal fratello maggiore o magari dal padre, e vogliono capire il perché di tanta emozione. Se vi siete riconosciuti in queste descrizioni, continuate a leggere perché ne varrà la pena.

Quando l'edizione PS4 del capolavoro di Fumito Ueda venne annunciata, quasi subito un coro di disappunto si levò contro quella che sembrava l'ennesima trovata commerciale. In fondo Shadow of the Colossus era già uscito su PS3 in una collection che comprendeva anche l'immortale Ico. Quelle però erano versioni "remastered", questo è un remake vero e proprio... e c'è una bella differenza. Vuol dire che gli sviluppatori hanno rimesso mano praticamente a tutti gli asset del titolo originale, modificando le strutture poligonali, le texture, le animazioni e (quasi) tutto il resto. Il risultato? Eccellente!

Già dall'intro è possibile intuire l'eccellente lavoro fatto dal team dei BluePoint Games, che in passato ci aveva deliziato con il lavoro di restauro svolto sulla trilogia di Uncharted e Gravity Rush. Quelle che nell'opera originale erano strutture quasi informi, con texture slavate e contornate da una nebbiolina utile a non appesantire il motore di gioco, sono ora imponenti ed ardite costruzioni che si stagliano meravigliosamente su un cielo limpido che presto diventerà testimone delle vostre imprese. Per i pochi che ancora non la conoscono è bene fare un piccolo accenno alla trama, lasciando però i dettagli importanti alle vostre sessioni di gameplay.

Cover image for YouTube videoShadow of the Colossus – Paris Games Week 2017 Trailer | PS4

Impersonerete un giovane cavaliere chiamato genericamente Wander, che si potrebbe tradurre come "colui che viaggia". A cavallo del suo fido destriero Agro, il protagonista porta con sé una fanciulla avvolta in un manto e apparentemente addormentata. Purtroppo non è così, e il pallore della giovane Mono ci fa capire che è esanime. La sua vita è stata sacrificata a causa di un non ben specificato "destino maledetto", ma Wander è venuto a conoscenza della possibilità di riportarla in vita. Un'entità la cui voce echeggia nel tempio gli conferma questa possibilità, avvertendolo però del fatto che tale cammino potrebbe portare molto più dolore di quello che lui possa sopportare.

Affinché Mono torni in vita bisognerà far crollare i sedici idoli di pietra della sala del tempio in cui risiedono i Dormin, misteriose creature che propongono al protagonista una sorta di patto col diavolo. Ogni idolo è legato ad un colosso che vaga nelle terre circostanti. E dunque sedici combattimenti, sedici "boss battles" che segneranno non solo il destino di Wander e Mono, ma anche la vostra percezione delle emozioni legate ad un videogioco.

Sì, perché andare a caccia di "mostri" in Shadow of the Colossus è diverso dal farlo in un qualsiasi Zelda, The Witcher o, tanto per usare un esempio attuale, Monster Hunter. Quelle povere creature non hanno colpa, non devastano villaggi e non si cibano di carne umana. Sono dormienti, sarete voi a svegliarli e attivarli.

Ogni Colosso una tattica diversa. Non tutti subiranno passivamente le vostre scalate e i vostri fendenti, e farsi colpire spesso equivale a morte istantanea.

In primis dovrete imparare come orientarvi. Gli indizi che riceverete per trovare ogni Colosso non sono particolarmente dettagliati e forniscono solo un'ubicazione di massima sulla mappa. Per raggiungerla dovrete salire in groppa ad Agro e di tanto in tanto sguainare la vostra strada. Sarà essa ad indicarvi la direzione giusta e mentre la seguirete potrete perdervi in scenari davvero suggestivi. Ovviamente la spada non verrà utilizzata solo come bussola, e in combattimento vi servirà per sferrare i colpi che abbatteranno i vostri titanici avversari, mentre l'arco che avrete in dotazione tornerà utile più sporadicamente . La prima volta che vi troverete di fronte a un Colosso sarà una visione superba. Le sue dimensioni ragguardevoli e il suo peso faranno tremare la terra intorno a voi, peccato che il rumble del DualShock 4 non sia stato implementato al meglio, perché avrebbe sicuramente contribuito all'immersione.

Il primo Gigantone sarà sostanzialmente un grosso tutorial, che vi insegnerà cosa fare e come farlo. Imparerete in fretta e ben presto diventerete cacciatori seriali. Già dopo le prime due vittorie però inizierete a chiedevi il perché di quelle battaglie. Ok, per salvare Mono, ma perché sacrificare delle vite per salvare un'altra? Ha un senso tutto questo? Andrete avanti, non potrete farne a meno, ma quella domanda rimarrà fissa in un angolo della vostra mente.

Incontrerete "nemici" sempre più maestosi e sempre più difficili da battere. Dovrete capire come salire sui loro enormi e corazzati corpi per raggiungere i piccoli punti deboli che dovrete colpire finché la loro barra della vita scenderà a zero e si trasformeranno in ombre. Non sarà facile, cercheranno di scrollarsi di dosso quel fastidioso insetto che ha osato salire su di loro e voi dovrete tenere duro, aggrappandovi alla loro folta pelliccia e aspettando il momento buono per ricaricare l'indicatore del "grip", la presa. Se dovesse scendere a zero, rischiereste un bel volo.

Il fascio di luce proveniente dalla spada vi darà una direzione indicativa del prossimo obiettivo. A volte, però, trovarlo non sarà comunque facile.

Dal quarto boss in poi dovrete iniziare ad usare la materia grigia. Non basterà più trovare un appiglio e proseguire la scalata fino alla meta. Un Colosso volerà e dovrete capire come raggiungerlo. Un altro vive sott'acqua ed emette scariche elettriche, un altro ancora si arrampica come un geco e ha un fiato velenosissimo. Starà a voi scoprire come vincere... ma quella vocina continuerà a farvi compagnia. Uno, due, cinque, dieci, quindici. Quando sarete arrivati all'ultimo Colosso, il quadro sarà un po' più chiaro ed è proprio a quel punto che il genio emozionale di Fumito Ueda vi colpirà allo stomaco con la massima potenza, rimanendovi dentro per sempre.

A questo punto mettersi a parlare di questione tecniche è quasi blasfemo, ma per dovere di cronaca dobbiamo farlo. Come accennavamo all'inizio, Shadow of the Colossus per PS4 è un total-remake che su console standard fa una grandissima figura, alla pari di molti titoli moderni. I modelli poligonali non sono all'altezza di quelli visti in titoli come Horizon: Zero Dawn, ma la visione d'insieme è eccellente e più di un panorama vi lascerà a bocca aperta. Merito anche di un sistema d'illuminazione completamente rivisto ed estremamente suggestivo.

Le animazioni sono state raffinate e finalmente, dopo oltre 10 anni, il gioco sviluppato originariamente da Japan Studio ha trovato un hardware che gli permette di girare con pochissime incertezze. I possessori di una PS4 Pro potranno godere dei famigerati 60 frame al secondo scegliendo l'opzione "Performance", che scenderanno a 30 fps (ma con risoluzione 4K) in modalità "Cinematic". Tale opzione permette anche di avere immagini più definite anche su televisori Full HD.

Cover image for YouTube videoShadow of the Colossus PS4 Gameplay | PS Underground

Veniamo a due punti piuttosto spinosi, che chi ha giocato il titolo originale sta aspettando al varco. Punto primo: le telecamere. Non sono state cambiate più di tanto anche se si nota una maggiore stabilità quando ci si trova a galoppare con Agro, specialmente durante i combattimenti con alcuni boss che ne richiedono il supporto. Alcuni svarioni nelle fasi più frenetiche sono purtroppo inevitabili, ma sfidiamo qualsiasi altro team di sviluppo a fare di meglio con un protagonista che si trova aggrappato ad un palazzo ambulante di 16 piani in costante agitazione. Insomma, nel 90% del gioco non avrete più problemi di quelli già riscontrati negli ultimi 10 anni in giochi simili.

Punto secondo: il sistema di controllo. Chi ha giocato Shadow of the Colossus in passato può testimoniare che in alcuni casi riuscire a controllare Wander nel migliore dei modi era cosa non proprio facile. Per ovviare parzialmente a questo difetto, BluePoint Games ha inserito ben quattro set di controlli. Potrete scegliere quello originale o una sua versione leggermente diversa, mentre se preferite qualcosa di "leggermente" più moderno sarete accontentati.

Le virgolette sono d'obbligo perché se siete cresciuti con Assassin's Creed o Uncharted, faticherete comunque un po' ad abituarvi. In questo gioco l'arrampicata non è automatica e non potrete salire ovunque vi venga in mente. I punti in cui potrete arrampicarvi saranno comunque piuttosto evidenti, per farlo dovrete saltare e successivamente tenere premuto R2 (o R1) per rimanere aggrappati e muovervi poi a destra o sinistra. Lasciare il pulsante equivale a mollare la presa, con le conseguenze facilmente intuibili.

Anche in Shadow of the Colossus è presente l'ormai irrinunciabile Photo Mode, col quale potrete modificare qualsiasi scatto preso dal gioco.

La situazione si farà più complicata quando vi troverete sopra ad uno dei Colossi. I tasti da utilizzare rimangono gli stessi, ma dovrete tenere sempre d'occhio l'indicatore di "grip" in basso a destra sullo schermo. Quando si esaurirà, Wander si lascerà andare automaticamente e rischierà delle cadute che potrebbero portarlo anche alla morte, con successiva ripartenza dall'ultimo checkpoint. Il segreto consiste nell'approfittare dei pochi istanti in cui il Colosso rimarrà fermo per lasciare la presa e far ricaricare l'indicatore. Nulla di complicatissimo: avrete il tempo per abituarvi e usando il setting "moderno" non dovreste avere troppi problemi.

Il discorso longevità in questo caso va affrontato in maniera particolare. Non conoscendo nulla del gioco impiegherete circa 12 ore per abbattere tutti i Colossi, mentre se avete già completato l'avventura in una delle sue precedenti incarnazioni, questo valore è destinato a calare perché il discorso delle strategie da scoprire viene quasi totalmente eliminato. Al tutto vanno però aggiunte le attività secondarie che potrete intraprendere durante il vostro viaggio.

Shadow of the Colossus non è un vero open-world ma fa di tutto per farci credere il contrario. La mappa è esplorabile liberamente fin dall'inizio, ma non è enorme e non esistono vere e proprie missioni secondarie da portare a termine. In giro però troverete santuari in cui pregare per riprendere l'energia, frutta da cogliere per aumentare la barra d'energia e speciali lucertole da cacciare per ampliare invece quella del grip.

Sconfiggendo i Colossi in modalità Sfida a Tempo entro il limite prefissato, sbloccherete una serie di equipaggiamenti e armi alternative da usare nel gioco.

Esistono anche delle modalità accessorie con cui potrete intrattenervi per il puro gusto di farlo o per sbloccare qualche bonus. La prima è attivabile direttamente durante l'avventura. Vi basterà tornare nei luoghi in cui avete combattuto i colossi per affrontarli nuovamente, magari per allenarvi alla Sfida a Tempo che si sbloccherà una volta finito il gioco. In questa potrete affrontare ancora una volta ogni singolo boss sia in modalità normale e difficile. Se ci riuscirete entro il tempo limite otterrete alcuni accessori extra per Wander e Agro, da usare magari in una seconda run in modalità Hard.

Esistono altri piccoli segreti nascosti, cose che potrete fare mentre ve ne andate in giro per il mondo di Shadow of the Colossus. Spetterà a voi scegliere se farvi coinvolgere totalmente dalla magia di questo titolo o se affrontarlo come un semplice action game. In questo secondo caso potreste addirittura trovarlo un po' noioso e ripetitivo, ma sarebbe davvero un peccato non sforzarsi un po' per arrivare al vero cuore del gioco. Il vostro.

9 / 10

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.

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