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Interfacce utenti: una visione dal domani - articolo

Incontriamo il game designer che immagina le interfacce del futuro.

Come percepiremo il futuro? Lasciamo da parte, per un attimo, il suo aspetto: come lo controlleremo? Come lo sentiremo nel palmo della nostra mano, sulla punta delle nostre dita? Immaginiamo che tutti i pulsanti, i quadranti e le tastiere siano fatti esclusivamente di luce. Dimentichiamo gli orizzonti, pensiamo alle Interfacce Utente del futuro.

Penso di essere arrivato abbastanza vicino a questo futuro. Lo incontro la maggior parte delle mattine quando, scorrendo la mia bacheca di Instagram, mi imbatto in Michael Murdock. Conoscete Instagram: il mio è composto per lo più dalle briciole e dalle spume del cibo moderno, di pari passo con cagnolini dalla natura dolce e ridicola e le occasionali, brutali, intrusioni di Mrs_Angemi, una patologa del New Jersey a cui piace fare foto alle cose terribili, meravigliose e brillanti in cui incorre nel suo lavoro, in modo da informare i propri follower.

Michael Murdock è un po' diverso: la sua Circular Logic Board è un cubo color lime che sembra avere la consistenza delle gelatine, e che fa oscillare le puntine poste al suo interno avanti e dietro sui lati più rigidi. La sua Primary Cortex Buffer è qualcosa che potremmo tenere nel palmo della mano. Potremmo stringere la trackball luminescente alla base e guardare le pendenze cambiare sulla finestra panoramica posta al di sopra, come se stessimo scansionando pianeti alieni. Non sono sicuro di cosa potremmo fare con il suo Quantum Resonance Module, un globo che emana piccole frecce appuntite, ma so per certo che non vorreste sedervici sopra. La maggior parte dei giorni va così, comunque. Niente dolci o animali carini da parte di questo tizio: al loro posto Murdock mi regala qualcosa di magico che sembra utile ma che, allo stesso tempo, suggerisce che potrebbe trattarsi di qualcosa di completamente radioattivo.

Murdock è un uomo accurato e piuttosto raffinato che si definisce come un artista, designer e regista. Il suo lavoro giornaliero ruota attorno ai videogiochi in VR, "roba di ampia scala, legata alle arene, ai parchi tematici, al multiplayer. È pazzesco!". Tuttavia, ogni cosa che finisce sul suo account Instagram è un progetto secondario. “Potreste pensare a questi progetti come design futuristici delle interfacce “mi dice, ma rapidamente appare chiaro che si tratta di qualcosa di molto più complesso di così. Potremmo definirlo design delle interfacce retro-futuristico: le viti e i bulloni, leve e gadget di uno scintillante mondo al neon che, probabilmente, non diventerà mai realtà.

Dark Matter Pulse.

Le interfacce c'erano già prima dei giochi in VR, ai tempi in cui Murdock lavorava a Palo Alto per una startup e faceva il pendolare tutti i giorni dalla Bay Area dove viveva. Gli chiedo se questo significa che questa roba è l'equivalente dello “scarabocchiare”. "Sì", dice, e ammette che era uno scarabocchiare dovuto alla frustrazione, all'inizio.

"In poche parole. Ho iniziato a farli quando ero un contractor alla startup che si occupava di veri design di interfacce”, continua. "Durante il giorno, l'unica cosa nell'app che abbiamo spedito che ho creato in prima persona era un nuovo simbolo. Era una piccola cosa che saltava fuori e diceva "NUOVO!". Ne ho sviluppati, tipo, cinquanta diversi, loro ne hanno scelto uno ed è stato quello...". Si affievolisce per un secondo e poi inizia a ridere: "Beh, era dorato, diceva “NUOVO!” e saltava incredibilmente all'occhio, perciò procediamo con quello! Tutto qui, amico. Progettare cosette pulite, minimali, metterci tutte le tue energie e i tuoi sforzi ma sentire di non fare mai davvero dei progressi."

Quindi, dopo un'intera mattina dedicata a quelle attività, Murdock si sedeva sul treno con il suo portatile e iniziava a creare interfacce immaginarie. Utilizzava un software 3D chiamato Houdini che stava provando ad imparare ma era anche solo un modo per rilassarsi. Anche per un tipo mite come Murdock, tutto questo sembra effettivamente una piccola vendetta verso un lavoro del tutto insoddisfacente. "Era fantastico", dice descrivendo la sua passione per le interfacce. "Era tipo: non le renderò utilizzabili, non renderò l'esperienza utente funzionale e comprensibile al 100%, mi limiterò a giocare con le forme e i colori e basta”.

Dico a Murdock che quando guardo le sue interfacce non posso fare a meno di mimare istintivamente i gesti di Minority Report con le mani. Queste cose sono fatte esclusivamente di qualche residuato di discoteca ma sono così intensamente, innatamente tridimensionali e così realistiche che ti viene voglia di prenderle, osservarle, girarle, ruotarle su loro stesse. Quello che le rende così affascinanti per me è proprio la parte che riguarda la “esperienza utente”. Ti sembra che si debba far pratica per mesi ed allenarsi prima di poterle utilizzare al meglio. Posso quasi immaginare il tonfo sulla scrivania del manuale che bisognerebbe studiare prima di poterci mettere le mani sopra.

"Il mio processo per iniziare ognuno di questi progetti è trovare questo fantascientifico 'technobabble generator' online", risponde Murdock. "Si inizia con una frase del tipo 'Dobbiamo bilanciare i generatori di onde non complesse di punto zero', tutte quelle frasi che sembrano uscite da una puntata di Star Trek. Perciò procedo e clicco su 'ricarica' una manciata di volte, finchè non trovo qualcosa che accenda il mio interesse. 'Ehi, questa sembra un'interfaccia fighissima, fammi creare qualcosa di simile a questa!'”

Donut Thrust Array.

Parlando di Star Trek e Minority Report, Murdock si è ispirato fortemente alle interfacce viste in serie TV e film di fantascienza ma non di un periodo storico specifico. "Adoro Alien e le interfacce dei film di Alien”, dice. "Tutta la mia roba si rifà all'estetica dell'immaginario degli anni '70, '80 e '90. Quello che adoro è che i registi mostravano le interfacce nei film ma ancora non sapevano davvero cosa i computer potessero fare o come utilizzarli. Se guardiamo a film più moderni come, ad esempio, Iron Man è tipo, beh, solo tecnologia avanzata, solo un iPad olografico che fluttua: scorri tra le opzioni, zoomi con le dita. Minority Report fu uno degli ultimi grandi film di fantascienza in cui ebbero la necessità di inventare le interfacce completamente. Adoro quella fase quando 'Oh, la sceneggiatura ha bisogno di qualcuno che usi un computer e nessuno sa cosa questo computer possa fare! Allora ci inventeremo qualcosa da zero e probabilmente fluttuerà!'”

Forse è questo che rende i lavori di Murdock così incredibilmente affascinanti. Un'interfaccia alla volta, ogni trackball, ogni schema fluttuante, ogni inenarrabile aggeggio mi rende sempre più insoddisfatto della grigia tecnologia dei giorni nostri. Non so voi ma anni fa non pensavo che nel 2018 avremmo ancora avuto necessità di cliccare su così tanti pulsanti e finestre. Non sarebbe fantastico se le interfacce che progettiamo fossero meno rivolte alle funzionalità e più barocche, di tanto in tanto?

"Sì, aziende come Microsoft, Apple e Amazon spingono tutto al minimal più assoluto", dice Murdock. "L'interfaccia deve svanire e lasciare spazio ai contenuti. Eppure recentemente c'è stato un sondaggio tra gli utenti che ha dimostrato come molti fossero contrari al design Metro di Microsoft. Hanno appiattito ogni cosa con quel design, hanno rimosso anche le ombreggiature. Hanno scoperto, inoltre, che gli utenti hanno avuto difficoltà a navigare nei menu perchè prima i pulsanti di cui avevi bisogno per esplorare le varie parti erano evidenziati proprio da quelle ombreggiature che li facevano sembrare dei piccoli gioielli, come nei siti dei primi anni 2000. Adesso ogni cosa è piatta ed è effettivamente più difficile per le persone utilizzare i software perchè sono stati rimossi tutti i suggerimenti grafici.

"Quindi sì, mi piacerebbe tantissimo che avessimo più creatività e impatto visivo nelle nostre interfacce. Le nostre interfacce non sono molto cinestetiche". Ride, forse un po' malinconicamente. "Non sono granchè da usare."

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A proposito dell'autore
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Christian Donlan

Features Editor

Christian Donlan is a features editor for Eurogamer. He is the author of The Unmapped Mind, published as The Inward Empire in the US.
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