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Tutto il fascino dei castelli nei videogiochi - articolo

Hanno accompagnato la nascita del medium, ma che fine hanno fatto?

C'è stata una fase della mia infanzia in cui vivevo per i castelli. I miei testi sacri erano i racconti di Re Artù e Robin Hood, le mie scatole per i giocattoli erano piene di cavalieri Lego e non c'era una foto in cui non assumessi una posa eroica fingendo di impugnare arco e frecce. Certo, il mio giovane cuore batteva anche per altre passioni tipiche di tutti bambini come le astronavi e i treni, ma per quanto riguarda i castelli ero davvero in fissa.

E non posso fare a meno di pensare che nella loro fase giovanile, che si aggira tra gli anni '80 e '90, i videogiochi abbiano condiviso una parte della mia infantile infatuazione. A quei tempi, in cui la creatività si esprimeva in grafiche brillanti, cartoonose e semplici, sembrava che i giochi fossero pieni di castelli. Il mio primo ricordo videoludico infatti è legato alla visita fatta a mio padre che stava disimballando tutto eccitato il suo nuovo NES e l'originale Mario. In effetti all'inizio, ero molto più preso con Duck Hunt, ma con il tempo è stato Mario a lasciare il segno. Dopo decenni di familiarità con il titolo, è facile dimenticare quanto sia effettivamente surreale ed astratto questo gioco fatto di mattoni, funghi, tubi e tartarughe. In tutto questo miscuglio di elementi diversi, c'è una struttura riconoscibile che rimane costante, stabile e certa alla fine di ogni livello: un piccolo ed iconico castello di mattoni.

A volte dovevamo entrarci, per poi scoprire che la nostra Principessa era (ovviamente) sempre in un altro castello: ma andava bene così, perché a quei tempi i videogiochi avevano sempre un altro castello da offrire. Ovunque ci girassimo sembravano esserci bastioni da scalare, dungeon da saccheggiare e principesse da salvare. Dopo Mario sono passato a Zelda, con Link to the Past che offriva il primo dei molti meravigliosi Castelli di Hyrule. C'erano poi gli eccessi gotici di Castlevania e, successivamente, i tanti sfarzosi castelli dei JRPG, in cui sembrava che ogni città fosse stretta a sud da strutture difensive incredibilmente fortificate.

I castelli di Mario hanno poi proseguito il loro percorso raggiungendo un picco con i castelli e le fortezze di Super Mario World, prima che tutti i piccoli castelli così difficili da gestire si trasformassero finalmente in un unico, enorme castello 3D con Mario 64.

I castelli dei videogiochi non sono in effetti come i castelli reali. Dai libri alla scuola abbiamo capito piuttosto bene come funzionassero i castelli nella realtà. La mia testolina era piena di elenchi di parti del castello dai nomi evocativi: barbacane e bastioni, piombatoie e feritoie, torrioni e segrete. Tutti elementi che non costituiscono i castelli dei videogiochi, pur essendoci delle eccezioni ovviamente. I giochi di strategia hanno dato l'opportunità di costruire castelli sin dai tempi di Rampart e Stronghold e in particolare hanno permesso di simulare castelli medievali semi-realistici.

Passando poi oltre il genere strategico e arrivando a tempi più recenti, Nido del Corvo in The Witcher 3 rappresenta sicuramente un esempio fantastico, ma soprattutto raro, del poco apprezzato genere di castello detto "motta castrale".

In generale però, sembra che i castelli dei videogiochi si distanzino leggermente da quella che è la loro fonte d'ispirazione storica, andando a creare due tipologie specifiche di strutture che io chiamo castelli "trono" e castelli "ossa". I castelli "trono" sono il cardine dei GDR, sedi del governo e punti chiave degli insediamenti. La nobile sede di re saggi e subdoli cancellieri. Luoghi spesso relativamente sicuri dove ci dirigiamo per procedere nella storia e per scoprire la nostra prossima destinazione.

Non sorprende che questa tipologia di castelli sia spesso la più sontuosa, con murature in pietra nascoste dietro opulente decorazioni araldiche.

Ci sono poi i castelli "ossa", pericolose e sinistre fortezze gotiche piene di trappole, dove è più probabile incontrare un vampiro o un esercito di scheletri viventi pronti alla battaglia piuttosto che un funzionario amministrativo.

Il castello di Dracula è l'archetipo più evidente, rappresentato al meglio dalla serie di Castlevania o da giochi più recenti come Dark Souls che segue la stessa scia. Ma dai primi tempi di Dragon's Lair fino ad arrivare alle tante fortezze piene di lava di Bowser, questo tipo di castelli rappresenta il lato oscuro di molti dei titoli più iconici della storia dei videogiochi.

Ci sono diversi motivi per sfruttare l'ambientazione dei castelli nei videogiochi. Il primo è che offrono ottimi spunti dal punto di vista del level-design. In effetti, la muratura in pietra permette di utilizzare delle comode texture ripetitive. Sono inoltre delle strutture relativamente grandi, ma con dei limiti spaziali ben precisi e, allo stesso tempo, riescono ad offrire una sfida sensata grazie alle varie trappole ed ai pericoli inseriti nell'ambiente di gioco. Dopo tutto, gran parte dell'architettura dei veri castelli, almeno quelli che sono stati concepiti effettivamente come fortificazioni, sono stati volutamente realizzati per essere difficili da attraversare e pericolosi per i nemici. Come ogni bambino ossessionato dai castelli sicuramente sa, la direzione della scala a chiocciola rende difficile brandire una spada salendo. E che dire invece del corpo di guardia del castello, in cui i nemici potevano essere intrappolati tra i cancelli per vedersi piombare addosso dall'alto frecce e olio bollente? Questi rappresentano tutti capisaldi dei giochi che sono incentrati sui castelli.

Oltre a questo però, i castelli sono anche parte integrante dell'eredità del genere su cui i primi videogiochi si sono basati e rappresentano un pilastro del fantasy moderno, naturalmente. Un'eredità che non proviene però del tutto dai testi fondamentali di Tolkien (potrei parlarvi a lungo del perché il Fosso di Helm non conti). Dovremmo invece ringraziare Dungeons and Dragons per aver posto così tante basi, che ora ci permettono di immaginare gli spazi e i mostri del mondo fantasy.

Ma prima del fantasy moderno c'era la fiaba, con le sue porte aperte verso fatati regni nascosti e tutti gli universi fantastici che ne scaturivano. I giochi sono mondi alternativi, spazi immaginari in cui il giocatore viene trasportato. È facile accorgersi di come queste idee siano strettamente collegate ai magici mondi delle fiabe, soprattutto se facciamo riferimento ai primi videogiochi, rivolti principalmente ai bambini.

Lo schermo è il nostro portale, la nostra porta d'accesso al regno incantato. Non sorprende che i primi mondi inventati fossero pieni di castelli, draghi e principesse da salvare. Le persone spesso scherzano sui funghi velenosi e funghetti vari presenti in Mario, parlando di trip e droghe allucinogene, ma più che a questo penso si riferiscano ai cerchi fatati in cui ballano piccoli omini: posti pericolosi in cui il velo tra i due mondi è sottile e l'altro mondo si intravede dal fondo del nostro giardino (forse un motivo in più per cui amiamo i giardini di Shigeru Miyamoto). Dai suoi tubi curvi ai suoi dipinti incantati, Mario è sempre stato un portale che conduce ad un mondo fantastico e Lewis Carroll, inizialmente, ha probabilmente rappresentato la più grande fonte d'ispirazione.

Dalle fiabe nascono le fantastiche e svettanti guglie luminose dei castelli delle nostre principesse.

C'è una linea diretta tra queste storie e le composizioni dei castelli del mondo reale di Re Ludovico II di Baviera del XIX secolo e di Walt Disney nel XX secolo, per poi passare a Hyrule, al Regno dei Funghi e, con l'inizio degli anni '90, a tutti i JRPG che ci vengono in mente.

Le fiabe sono notoriamente più oscure e inquietanti di quanto le ricordiamo. Le torrette bianche sono spesso controbilanciate da altre nere torri diroccate in cui si trovano streghe, maghi e draghi. I castelli "ossa" così come i castelli "trono" affondano le loro radici nelle fiabe, anche se traggono la loro origine dal loro fratello minore più lunatico: il Gotico.

Dal Castello di Otranto in poi, i castelli hanno sempre avuto un ruolo centrale nel Gotico. La loro architettura decadente ed esagerata si erge come metafora per gli antichi segreti e la perdita di sanità mentale che caratterizza il genere. Dracula è successivo rispetto alla nascita del Gotico, ma il suo castello rappresenta il culmine di quella tradizione, cristallizzata nella sua forma più archetipica, pronta per essere reinterpretata sotto ogni aspetto dalla cultura pop.

Come sapranno tutti i lettori di fiabe e racconti fantasy, diventa sempre più difficile muoversi tra i mondi man mano che si cresce. L'Isola che non c'è e Narnia diventano fuori portata e la loro memoria svanisce nei sogni d'infanzia. I castelli sono ancora presenti nei videogiochi, forse anche di più, data la quantità sempre maggiore di giochi in circolazione. Eppure sembra, almeno per quanto mi riguarda, che il periodo di massimo splendore dei castelli nei videogiochi appartenga ormai al passato. I giochi sono cresciuti, o almeno così pare. Le principesse e i castelli adesso suonano quasi come qualcosa di antiquato, in un panorama ormai dominato da space marine, pistole e violenza e in cui l'oscurità è all'ordine del giorno. Penso che il decadimento sia iniziato intorno alla metà degli anni '90. Da lì, una certa disperazione si è iniziata ad insinuare tra i designer che hanno cominciato a cercare nuovi modi mai visti prima per realizzare castelli. Basta dare un'occhiata ai Final Fantasy dal 6 al 9: il primo è un castello da JRPG che si erge dalle sabbie, il secondo ha le sembianze del quartier generale di un'enorme corporazione, il terzo è alla deriva nel tempo e infine l'ultimo è anch'esso un castello JRPG, ma in realtà tutta la struttura è un MOSTRO!

Non penso che ci sia motivo per essere tristi. Sarebbe facile essere nostalgici di quella semplicità rappresentata dalle principesse nei loro bianchi castelli, da streghe e maghi in fortezze oscure, sentendo che qualcosa è andato perduto. Forse è così, ma la verità è che non mi ero accorto che stesse accadendo. E per tutto quello che si è perso, in realtà si è guadagnata moltissima esperienza, ricchezza e profondità in più. È questo il bello di crescere.

In ogni caso, i castelli non sono mai davvero scomparsi. Sono ancora lì, che si tratti di giochi nuovi o che si parli delle vecchie glorie. Le nostre principesse si trovano sempre in un altro castello e lo faranno per sempre. Che si torni con le nostre menti ai bambini che eravamo un tempo o che si vivano di nuovo quelle esperienze accanto ai bambini di oggi, possiamo ancora permetterci di sognare torri e bastioni, cavalieri dalle scintillanti armature e stendardi araldici che svolazzano al vento o immaginare scheletri guerrieri e spaventosi draghi. Come disse una volta un uomo saggio: che senso ha essere adulti se qualche volta non puoi tornare bambino? Queste cose non hanno mai smesso di essere meravigliose, abbiamo solo dimenticato di continuare a renderle vive dentro di noi.

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Philip Boyes

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