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Kona VR - recensione

La stessa avventura, ma in realtà virtuale.

Di Kona avevamo già parlato più di un anno fa e, ad essere precisi, non avevamo speso chissà quali elogi per descrivere l'avventura confezionata da Parabole. Poco più che discreta sotto il profilo narrativo, dove ad intriganti premesse non corrispondeva un epilogo altrettanto emozionante, il gameplay si sforzava di reinventare parzialmente il genere delle avventure grafiche in prima persona, note anche come walking simulator, inspessendo l'esperienza con elementi action e survival.

Vestendo i panni dell'investigatore privato Carl Faubert, per farla breve, dovevate scoprire chi minacciava il vostro nuovo datore di lavoro, il ricco e facoltoso W. Hamilton, industriale che pur di rimettere in moto l'economia, ha evidentemente pestato qualche piede di troppo nella solitamente pacifica comunità di Atamipek Lake.

L'indagine porterà il nostro in una fredda ed inospitale cittadina canadese, perennemente immersa nella neve e graffiata da un vento gelido, il classico luogo bello da vedere solo in cartolina. Tra efferati omicidi e strane sparizioni, il buon Carl si troverà invischiato in una vicenda che puzza di paranormale, elemento che dona all'itera avventura una sinistra, quanto riuscita, sfumatura horror.

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Si respira, sebbene solo alla lontana, l'atmosfera deprimente ed opprimente di Silent Hill, anche e soprattutto perché la città che potrete liberamente esplorare scarseggia di colori, offuscata com'è dalla nebbia , sommersa, come già detto, da metri di neve.

Tra documenti, foto e oggetti da raccogliere nelle ambientazioni, ricostruirete una storia inizialmente affascinante, purtroppo rovinata da un finale frettoloso, che svela con poca grazia il mistero celato caparbiamente sin dal prologo. Una sbavatura che fortunatamente penalizza solo in parte quello che resta l'aspetto migliore della produzione.

Come lascia intuire il prolungamento al titolo del gioco, siamo di fronte ad una feature accessoria, assolutamente facoltativa, scaricabile separatamente se si è già in possesso dell'originale, che adatta l'intera esperienza alla realtà virtuale. Non ci sono nuovi contenuti insomma, solo la possibilità di rivivere le gesta di Carl Faubert in primissima persona, indossando un HTC Vive, nel caso decidiate di sfruttare il vostro potentissimo PC, o un PlayStation VR, affidandovi invece all'ammiraglia di casa Sony.

A distinguere Kona dalla maggior parte dei walking simulator ci pensano alcune fasi in cui dovrete sfoderare la pistola e lottare per la vostra sopravvivenza.

Kona VR, per la maggior parte del tempo, vi chiederà semplicemente di esplorare ampie porzioni di mappa a caccia di particolari oggetti ed indizi, utili sia per spianarvi la strada, sia per fare luce sui vari misteri che avvolgono la città di Atamipek Lake. Equipaggiati di visore, potrete liberamente scegliere la modalità di spostamento in base al vostro desiderio di realismo e compatibilmente alla resistenza alla motion sickness.

Potrete controllare l'avatar direttamente con lo stick analogico del Dualshock 4, oppure optare per il teletrasporto istantaneo, meno impattante in termini di disagi che potrebbe causarvi la realtà virtuale, quando non preferire la progressione attraverso postazioni prefissate, modalità che garantirà anche una più facile risoluzione dei vari enigmi, visto che spesso e volentieri sarete guidati attraverso i vari punti d'interesse.

Su PlayStation 4 è naturalmente previsto il supporto ai Move. L'immersione ne beneficia, ma in certi casi si lamenta una maggior imprecisione nei controlli. Nulla di così invalidante, beninteso, ma nelle fasi più concitate potreste avere qualche difficoltà di troppo.

A rafforzare il vago (vaghissimo) richiamo a Silent Hill, contribuisce anche l'arrivo a Atamipek Lake in macchina, con immediato incidente stradale.

Sì, perché Kona VR, alle fasi esplorative, aggiunge anche sezioni più movimentate. Tanto per cominciare dovrete preoccuparvi dell'incolumità dell'avatar, stando ben attenti che non muoia assiderato o che le ferite subite finiscano per limitarne eccessivamente i movimenti. Di tanto in tanto, difatti, farete dei brutti incontri, momenti carichi di tensione in cui spesso non ci saranno molte alternative ad una rocambolesca fuga.

In queste circostanze dovrete tenere sotto controllo il livello di stress di Carl, parametro che potrete diminuire ingerendo alcol o fumando una sigaretta, fattore che potrebbe drammaticamente limitare le vostre abilità atletiche.

Purtroppo, proprio questo fattore tradisce l'evidenza che la realtà virtuale non sia altro che un orpello grafico aggiunto in corso d'opera, tutt'altro che tenuto in considerazione in fase di progettazione dell'avventura. Utilizzando il teletrasporto istantaneo come modalità di deambulazione, difatti, si raggira in buona parte ogni malus introdotto dal livello di stress, limitando il pathos e la tensione che certi momenti dovrebbero invece infondere copiosamente.

Il paranormale non tarderà a palesarsi. In VR ogni strana apparizione vi causerà un piccolo attacco di cuore.

Non è tutto qui, purtroppo. Il già discreto comparto grafico, soprattutto sul modello classico di PlayStation 4, ha subito un ulteriore ridimensionamento. Poco male se l'immagine apparirà più impastata che mai, se l'aliasing si impadronirà spesso e volentieri delle ambientazioni ritratte: va molto peggio quando l'eccessiva sfocatura dell'immagine renderà pressoché illeggibile buona parte dei documenti che recupererete per strada.

Si tratta di piccole sbavature che si aggiungono ad un'opera già di per sé lontana dall'eccellenza. Anche il gameplay, purtroppo, finisce per deludere sulla lunga distanza, proprio a partire dalle millantate ambizioni da open world, soffocate da un puzzle solving assolutamente lineare, che costringe l'utente ad instradarsi nell'unico sentiero realmente presente.

Anche in realtà virtuale, insomma, Kona fatica, nonostante le intriganti premesse. Parte bene, si perde sul lungo periodo, sia dal punto di vista narrativo, con una conclusione poco esaltante, sia da quello ludico, non appena ci si accorge che persiono le meccaniche survival sono eccessivamente piegate dalla risoluzione dei soli enigmi che portano alla conclusione.

Consultare le mappe e leggere il diario di Carl, a causa della forte sfocatura dell'immagine, sarà estremamente difficoltoso.

La realtà virtuale, in questo senso, non è un valore aggiunto sufficientemente potente da spingere nuovi acquirenti a prendere in considerazione la creatura di Parabole, se è già stata scartata in passato. Esplorare Atamipek Lake sarà sicuramente più affascinante che in passato, ma i compromessi grafici sono numerosi e spesso influenzano negativamente l'esperienza. Siamo di fronte ad un'avventura dalle tinte horror discreta, godibile anche con HTC Vive o PlayStation VR, ma di cui faticherete a ricordarvi anche solo tra qualche mese.

6 / 10