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The Hex - recensione

Un'altra folle avventura dai creatori di Pony Island…

Il nome di Daniel Mullins e di Pony Island richiameranno un che di stravagante e particolare nella mente dei giocatori che si sono approcciati al suo puzzle game ben poco convenzionale. La metanarrativa autocitazionistica ed una formula di gioco originale e sorprendente, ricca di sprazzi di creatività, sono valsi una copiosa pioggia di elogi e commenti nel complesso positivi da parte della critica specializzata.

The Hex è il secondo, altrettanto folle e peculiare, progetto dei medesimi autori, Daniel Mullins Games.

Allo stesso modo di come risulta arduo descrivere ed analizzare un'opera come Pony Island in cui genio, follia e libertà confluiscono nella massima espressione della natura videoludica indipendente, ci riesce davvero difficile pensare che uno scritto possa rappresentare la formula più adatta a fornire un quadro soddisfacente di un progetto come The Hex. Noi chiaramente ci proveremo, ma il più grande (e forse scontato) consiglio è quello di provare di persona un'esperienza di questo tipo.

Se Pony Island trascinava il giocatore in una sorta di gioco nel gioco, The Hex va ben oltre proponendoci un'avventura bidimensionale in cui confluiscono più generi videoludici. Il pretesto narrativo, dalle tinte thriller, ci vede intenti a scoprire chi tra i sei bizzarri personaggi che popolano la locanda The Six Pint Inn stia pianificando di commettere un omicidio, annunciato da una soffiata anonima.

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Ciascuno di essi è il protagonista di un determinato videogame, e nella location in cui sono riuniti si cela l'oscuro segreto dietro i loro passati. Naturalmente spetterà a noi ripercorrerne le gesta videoludiche, in una formula che accosta ed alterna senza soluzione di continuità alcuni tra i generi videoludici di riferimento del medium.

Ci troveremo dapprima catapultati nell'universo videoludico della controparte felina dell'idraulico italiano più famoso al mondo, intenti a farci strada tra livelli a piattaforma quanto più classici e canonici possibili. Un salto, un doppio salto, la raccolta delle monete, e persino dei nemici dalle fattezze che richiamano apertamente i famosi Goomba, rendono subito chiaro al giocatore l'autocitazionismo ironico che caratterizza The Hex, il quale si rivela senza dubbio alcuno uno degli elementi di maggior pregio della produzione.

Nel vestire i panni di un bizzarro cuoco, ecco che il titolo ci trascina in un piacchiaduro 2D arcade dal respiro altrettanto classico, per portarci schizofrenicamente al cospetto di un minigioco legato alla dote culinaria del pugile videoludico. Si finisce, successivamente, nell'universo fantasy di una sacerdotessa, con tutti i crismi e i cliché dei classici JRPG, sino ad affrontare creature della terra e spadaccini senza capo in uno strategico a turni. Si passa persino per i livelli (seppur basilari) di uno shoot-em up con visuale isometrica.

Ad intervallare questa serie di minigiochi troviamo anche alcune sequenze di transizione nel complesso piuttosto semplicistiche che introducono una manciata di enigmi, la cui soluzione è direttamente legata all'accesso del videogame in questione. In questo istante il titolo muta completamente, assumendo a tutti gli effetti le sembianze di un'avventura di uno dei generi illustrati poc'anzi.

Da picchiaduro 2D a platform a JRPG, The Hex ci trascina in una serie di mini-videogiochi all'interno del videogioco.

Per quanto le singole esperienze siano brevi e basilari, riescono a restituire un discreto appagamento, complice la loro natura sarcastica ed una evidente ed apprezzabile conoscenza dei generi in questione, espressa dalle riproposizioni di pressoché tutte le principali features di essi.

Il livello di sfida è ben lungi dall'attestarsi su standard elevati, tuttavia talvolta sarà necessario ragionare e completare i livelli o le singole sfide non sarà mai così scontato. Un bilanciamento che abbiamo trovato azzeccato ed efficace, capace di sposarsi alla perfezione con i toni ed il respiro dell'intero quadro produttivo.

Bastano pochi minuti in game a comprendere la peculiarità, la follia, il coraggio e l'originalità che albergano nel titolo. Piccole chicche, artifici visivi e di game design che non vogliamo rivelarvi apertamente per non rovinarvi la sorpresa, saranno una costante per tutte le circa 6-7 ore dell'avventura.

The Hex è un videogioco che boicotta sarcasticamente il videogioco, e dunque sé stesso. Lo fa attraverso la schizofrenia di bug, glitch, cliché ed elementi distintivi del medium (e dei generi di riferimento) che diventano il fulcro senziente e vivo dell'esperienza di gioco, non soltanto a livello visivo ma anche e soprattutto ludico, portando all'intessitura di un game design che trasuda originalità ed acume, e che (va detto) è cosa rara e preziosa.

Le chicche e le particolarità non mancheranno pressoché mai, anche sotto il profilo ludico.

Lo fa anche attraverso una scrittura arguta, salace, capace di strappare in più di qualche occasione una risata, ed in grado di comunicare efficacemente con il giocatore più edotto, anche grazie al marcato ed efficace profilo citazionistico.

A chiudere il quadro di una produzione frizzante, eclettica e schizofrenica troviamo uno stile retro che calza alla perfezione. I modelli dei personaggi risultano chiaramente più dettagliati e definiti, anche in termini di risoluzione, mentre un quantitativo decisamente più grezzo di pixel dà forma agli elementi più marginali e di contorno dei livelli e degli ambienti di gioco.

Nel complesso il comparto artistico della produzione si attesta su buoni standard, con livelli ed ambienti di gioco sempre d'impatto ed una pixel art gradevole, il tutto accompagnato da una sequenza sonora composta da effetti e tracce 8 bit molto anni '90, coerenti ed in linea con lo stile globale.

Analizzare e descrivere un videogioco come The Hex è molto più difficile di quanto possa sembrare. Si tratta di un'opera particolare, non convenzionale, originale, coraggiosa, folle e geniale, che per questo potrebbe risultare non adatta a tutti. L'acume, l'ironia e l'autocitazionismo satirico su cui si fonda la produzione possono non essere colti od apprezzati all'unanimità, o dal giocatore mediamente curioso, meticoloso ed erudito.

Lo stile retro e la pixel art sono coerenti ed in perfetta sintonia con il respiro della produzione

Si tratta inoltre, a livello più squisitamente ludico, di un'esperienza profondamente arcade, quasi volatile per via della brevità ed esiguità dei vari sottogeneri che la compongono, e che potrebbe quindi scontentare il giocatore anche solo parzialmente legato ad un qualsivoglia senso di continuità sotto il profilo della progressione.

Tuttavia è un'opera preziosa, il cui estro è pura e limpida espressione della libertà e del potenziale del panorama videoludico indipendente. Una di quelle esperienza da provare e supportare, perché non c'è nulla che valga e meriti di più di un'idea originale, valida e coraggiosa.

8 / 10