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20 anni di Sonic Adventure - articolo

Cos'è cambiato dal lancio su Sega Dreamcast?

Nel 1998 sbarcò in Giappone il Sega Dreamcast, una cometa che molti di noi ricordano con affetto. Complessa, interessante e piena di esclusive ancora oggi invidiabili. Nonostante il fallimento commerciale, resta indiscutibile il suo valore tecnico, e come nel caso di Mario 64 in casa Nintendo, si tentò di far compiere un balzo dimensionale anche alla mascotte blu.

Sonic, nel mondo 3D, si concedeva già da tempo delle strane visite. Per esempio, negli stage legati ai Caos Emerald in Sonic & Knuckles, o nel mondo 2.5D di Flickies' Island. Giunse dunque il momento della resa dei conti, il momento di trasportare il riccio più rapido del mondo in un regno poligonale. Questa volta "di fatto", non più una toccata e fuga. Come gestire fisicamente un concept del genere? Come riproporre la proverbiale velocità del protagonista e le route multiple garantite dai predecessori su Mega Drive?

La schermata iniziale della Director's Cut, con cui il gioco è approdato su Nintendo Game Cube.

Incredibile a dirsi, si riuscì nell'impresa. Non senza un po' di nostalgia, questo sesto capitolo fu - diciamo - buono. Chi segue la serie è pratico del rollercoaster di qualità a cui ci sottopone ogni nuova uscita: picchi di solidità come Generation e Colors devono confrontarsi con cadute libere come Sonic 2006 e Boom; titoli inventivi come Heroes si contrappongono a scelte stilistiche quantomeno discutibili come Shadow the Hedgehog.

Adventure sta, qualitativamente, nel mezzo, complice l'età pionieristica in cui è uscito, che ci permette di chiudere un occhio o due. Lanciato con errori di programmazione, fu corretto con l'edizione International, rifinito poi nella versione DX (2003). Questa, originariamente per Game Cube, aggiungeva missioni e minigiochi già visti su Game Gear, inclusi Tails Adventure e Sonic The Hedgehog 2. Nel 2010 è approdato - più pulito ancora, ma ormai datato - su Playstation Network, Xbox Live e Steam.

La fisica di gioco compiva alcune stranezze: ci si imbatteva di frequente in qualche glitch e molte scelte erano immature, poco amalgamate al gameplay generale. A tal proposito citiamo i livelli dedicati a Big The Cat, sfortunata new entry. L'altro lato della medaglia è che, tutto questo, era causato da un vero senso di rapidità che permeava il gioco. Sonic all'epoca sfrecciava davvero come un fulmine, rompeva il "contachilometri", e ciò rendeva davvero difficile gestire tutte le collisioni. Una sensazione di agilità che oggi, ritornando al passato e considerando gli sviluppi tecnologici odierni, si è ovviamente persa e potremo ritrovare soltanto in alcuni seguiti come Unleashed (tolte le sezioni da mannaro) e Colors.

Un'orca insegue Sonic per buona tratta dell'Emerald Coast: un momento spettacolare che dimostrava le possibilità grafiche del Sega Dreamcast.

Il nostro amato protagonista poteva saltare e lanciarsi orizzontalmente e verticalmente in ogni anfratto studiato dai programmatori; era responsivo ai comandi e grazie alla fisica senza briglie poteva aggirarsi nei livelli con una libertà davvero rara, per un platform 3D. Ciò garantiva, nonostante la linearità di alcune sezioni, di riproporre il multistrato di tragitti visto nei capitoli bidimensionali.

C'era una buona dose di esplorazione cittadina, quasi da rpg. Ma trovare il prossimo stage a Station Square e proseguire con la trama era un vero mal di testa, e dover riaffrontare gli stessi livelli con più personaggi, se da un lato era una qualità, dall'altro era un tedio. Una sofferenza da patire per sbloccare uno dei livelli più belli ed emozionanti della saga: la battaglia contro Perfect Chaos.

C'erano delle buone idee, alcune sviluppate ulteriormente negli anni seguenti. Tails aveva livelli shoot'em'up (Sky Chase); Knuckles orientati alla ricerca di oggetti nascosti; Big un legnoso minigioco legato alla pesca. Nasceva il Chao Garden, una modalità gestionale che avrà più fortuna con Sonic Adventure 2. Si offriva tanto insomma, ma non sempre nel modo migliore. Oggi il risultato può lasciare un po' interdetti, ma gli stage principali restano delle giostre in cui si può accedere liberamente: con un approccio da speed gamer, tentando di superare i Time Attack oppure ancora studiandone i percorsi laterali alla ricerca degli emblemi.

Ogni personaggio avrà le sue boss battle con Chaos, in stadi differenti della sua evoluzione. La trama non lineare dava suspense agli incontri.

Concentriamoci ulteriormente sul bene, non solo perché si avvicina Natale, ma perché a conti fatti Adventure è stato davvero importante e resta uno dei capitoli più amati. Il mecha-design dei robot di Eggman, e di conseguenza l'architettura dei livelli ambientati nella sua base volante, regge ancora - e non solo esteticamente - la sfida del tempo. Chaos, villain misterioso, dava perfettamente l'idea del cambio di setting: più realistico e contemporaneo, e per alcuni aspetti anche più dark. Il plot diventa più complesso, e qualche risultato pregevole si è visto: basti pensare alla triste backstory di Gamma, oppure alla trama pivotale della nota echidna rossa che - testuali parole della colonna sonora - ama flettere i suoi muscoli.

Sonic da questo momento ha un aspetto più adulto, "edgy" al punto da farsi meme, che neanche Boom (che ha reso Knuckles un culturista) ha avuto il coraggio di toccare poi tanto. Che dire, a quanto pare ci stanno pensando alcuni cineasti! Ma chiacchiere a parte... A livello di resa carismatica, sempre Adventure 2, il successore "bigger and better" e che nasce da queste premesse, funziona proprio grazie a questo primo passetto di corsa, che definirà pregi e difetti dei seguiti più fortunati.

Adventure rende con grande maestria la rivalità - tutta meccanica - tra Tails ed Eggman.

I capitoli per Game Boy Advance, forti di quest'aura, risultano piacevolissimi nel trasportare il Sonic Moderno in livelli di stampo classico; Battle tentava ancora una volta la via della trama matura; Rush (per Nintendo DS) non abbandona ancora quest'estetica. Sul franchise 3D, che poi è quello creato da Adventure, il continuo tentativo di ridefinire la saga ha generato problemi non da poco.

Non a caso Lost World è un platform eccezionale, ma un Sonic curioso; Forces, un po' un potpourri, con tutte le buone intenzioni pecca di questa dispersività di focus. Come Generation ha ampiamente dimostrato, tornare agli Adventure non significa fare un passo indietro in termini di coraggio e originalità, ma capire quali sono gli elementi necessari a far funzionare il mondo del riccio e quali quelli da sistemare.

Quel che avviene, di epocale almeno, per quanto riguarda i fan, è la trasformazione delle colonne sonore. Sia chiaro, Sonic CD ha dei temi spettacolari e Greenhill ha fatto la storia videoludica, ma i Crush 40 (storica band legata alla saga), questa volta definiscono il mood dell'intero re-brand con un tocco decisamente personale. "Open Your Heart" è uno dei pezzi più noti, ma tutti i titoli di coda (uno per personaggio), spiccano per auto-ironia e ritmo.

Ogni personaggio ha il suo gameplay unico e un sub-plot legato agli Smeraldi del Caos. Big è certamente il meno amato, ma ha uno dei temi più divertenti.

Da questo momento in poi ogni Sonic ha il suo tema centrale, con testi galvanizzanti e stupendamente sopra le righe. Incoraggiano il giocatore, prendono in giro i personaggi, definiscono perfettamente l'atmosfera urbana. Da "Live and Learn" alla travolgente "Knight of the Wind", inutile nascondersi, in molti condividono un punto debole per il rock melodico e un po' adolescenziale che ha accompagnato il riccio per un decennio. Oggi molta di questa colonna sonora la ritroviamo in Super Smash Bros, e a quanto pare un nuovo pezzo è in arrivo per Team Sonic Racing, nel 2019.

Che dire, auguri SAnic! Difficile vedere festeggiamenti: nel 2017 con Mania, Forces e alcuni cameo, il Team Sonic ha detto la sua. Cosa dobbiamo aspettarci per il 2019? Un film, a voler essere ottimisti, e un nuovo racing game che dovrà contendere con Crash e che sembra un passo indietro rispetto a Riders ed All-Star. Tempi bui per il riccio, o siamo in ripresa? Diteci la vostra!

Avatar di Antonino Fiore
Antonino Fiore: Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.
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